BLOGTOUR: Le cose che credevamo di sapere di Mahsuda Snaith – 5 motivi per leggere il romanzo

Benvenuti alla quintata tappa del blogtour dedicata al romanzo “Le cose che credevamo di sapere” di Mahsuda Snaith, uscito il 1 giugno per Corbaccio.
Grazie a Carlo di The Room Tales per i banner dei blogtour.

IL ROMANZO

Prezzo: € 16,90

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Un romanzo d’esordio fresco e intenso, delicato e commovente, che insegna a ricominciare dalle proprie radici.

Ravine Roy ha diciott’anni e festeggia il suo compleanno a letto, dove si trova ormai da dieci anni. E non ha in programma di alzarsi nel futuro immediato. D’altronde non ha alcun desiderio di affrontare il Grande Mondo di Fuori. “Non vorresti almeno provarci?” domanda sua madre. Ma Ravine non vuole. Non può. Soffre di una sindrome che le causa dei dolori cronici che le impediscono di muoversi. Da quel giorno di dieci anni fa. Quel giorno in cui tutto è cambiato. Il giorno in cui è scomparsa la sua amica del cuore. E attraverso il lento confrontarsi di Ravine con i ricordi e le rimozioni il lettore scoprirà le vicende del passato mentre, nel presente, l’energica mamma, Amma, metterà in atto tutti i suoi trucchi per far reagire la figlia e contemporaneamente nasconderà un segreto o due sotto i profumi irresistibili della cucina bengalese.

Let’s talk about “The Things We Thought We Knew”

Sono qui per darvi cinque buone ragioni per leggere questo romanzo. Snaith Mahsuda ha tutte le carte in regola per spiccare il volo, il suo libro ne è la prova.

Snaith Mahsuda è appassionata di scrittura e questo emerge dalla sua prosa delicata, le parole scivolano fluide nella mente senza troppe complicazioni. Sa come toccare le corde giuste servendosi dei suoi personaggi e della storia appositamente pensata per loro. “Le cose che credevamo di sapere” è il suo romanzo di esordio, una rielaborazione delle sue bozze da ragazzina. Col tempo la sua dedizione per la scrittura le è servita per migliorarsi, non a caso ha vinto nel 2014 il SI Leeds Literary Prize, il Bristol Short Story Prize ed è stata finalista al Myslexia Novel Writing Competition nel 2013. Un ottimo motivo per lasciarsi catturare dalla sua abilità da cantastorie. Sa come evocare immagini servendosi di nient’altro che parole semplici, che messe al posto giusto smuovono qualcosa dentro l’animo.

Il suo romanzo affronta un tema importante, quello del dolore, non visto solo dal punto di vista fisico ma soprattutto psicologico. Ravine è paralizzata dalla sua condizione, non riesce a vivere come dovrebbe e il flusso dei suoi pensieri ne sono la prova. Tra le righe scopriamo un personaggio fragile che, per quanto malinconico, non smette di pensare al passato, a ciò che era un tempo prima di finire in quel modo.

“La vita non è una lotta. La vita non è sofferenza. La vita è vita.”

Ma c’è di più. Questo romanzo celebra anche l’amicizia, quel legame che, se duraturo nel tempo, può essere di supporto nella vita di tutti i giorni.

I personaggi sono abilmente tratteggiati ed è impossibile non innamorarsi di loro. Attraverso la storia di Ravine è possibile conoscere quella della sua amica Marianne, che procede in parallelo alla sua.

Come se non bastasse i differenti periodi di tempo, passato e presente, permettono di cogliere le sfumature derivate dalla crescita della protagonista.

In certi passaggi, quando è la sua infanzia a prevalere, si respira spensieratezza e innocenza, mentre quando si torna al presente, si cominciano ad intravedere le sfumature ben marcate dell’età adulta.

 

È straordinario come la Snaith abbia dato voce ad una personalità così fragile per raccontare una storia più complessa di quello che sembra.

Ravine è ancora traumatizza per gli eventi accaduti dieci anni prima, quel momento ha aperto una ferita nel suo cuore che non riesce a rimarginare. È qualcosa che non riesce a spiegarsi anche mentre racconta.

La sua migliore amica è scomparsa come un granello di sabbia che scivola via col vento. Comincia perciò a scrivere un diario dove immortalare i ricordi di lei da giovane per mantenere viva la memoria e nel farlo dà spessore alla sua migliore amica, raccontando a sua volta la storia e permettendo a noi lettori di conoscerla meglio. 

 

I ricordi sono vita e spesso riescono a intrappolare l’essenza delle persone. Per Ravine i ricordi sono racchiusi nel suo diario e costituiscono l’essenza della sua situazione.

Al contrario di molti, la protagonista non vuole essere salvata da un principe azzurro o da un’amica pronta a porgerle la mano. Persa tra le pieghe della sua condizione vede la sua vita scivolarle via e viverla attraverso gli occhi degli altri.

Per essere un debutto, Snaith Mahsuda, dimostra grande abilità nel narrare. Il suo romanzo perciò si rivela essere intrigante e stimolante alla lettura, non ho dubbi quindi che continueremo a sentir parlare di lei.

Siamo giunti alla fine.
Non vi resta che procurarvi una copia de “Le cose che credevamo di sapere”.
Vi lascio il calendario con le prossime tappe del blogtour!
Non lasciatevene scappare neanche una!

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