Giulia Tofana. Gli amori, i veleni di Adriana Assini | Recensione di Sandy

Giulia Tofana. Gli amori, i veleni di Adriana Assini

“Giulia, meretrice della bellezza prorompente […] schietta per natura, ruffiana per necessità, pur di entrare nelle grazie del messo gli regalò un paio di pomi appena colti nell’orto e intanto, con quattro moine, lo convinse a rivelarle il contenuto del biglietto, dato che né lei né l’altra avevano mai imparato l’alfabeto.”

Un ringraziamento alla casa editrice per avermi gentilmente spedito la copia.

Dettagli:

Il Libro – Trama:

Nella Roma barocca di Urbano VIII trionfa l’arte e imperano le feste, ma anche il Tribunale dell’Inquisizione lavora senza soste. Le leggi le fanno ancora gli uomini e le donne le subiscono, assieme ai matrimoni imposti e ai maltrattamenti non puniti, prepotenze a cui nessuno, nemmeno il Santo Padre, intende porre rimedio.

La musica cambia, però, quando nella città sul Tevere approda una bella forestiera, Giulia Tofana, giovane plebea di dubbia morale e cuore schietto.

Innamorata persa di un barone e amante di un bel frate, non ne sa di scienza né di lettere, ma a forza di trafficare con l’arsenico e l’antimonio, ha messo a punto la formula di un veleno che non lascia tracce, non desta sospetti. Un veleno perfetto, dunque, che però non è per tutti: paladina di giustizia, Giulia lo vende soltanto alle donne. Per liberarsi di mariti grevi e maneschi, che non hanno scelto.

Let’s talk about “Giulia Tofana. Gli amori, i veleni”:

IL PERSONAGGIO

Giulia Tofana è un personaggio realmente esistito, vissuta a Palermo nei primi anni del 1600 e giustiziata nel 1659, sempre nella stessa città, per aver avvelenato diverse persone, tra cui il marito Francesco. La Tofana era una cortigiana alla corte di Filippo IV di Spagna, una fattucchiera che, nel 1640, elaborò la ricetta di una pozione: l’acqua tofana. Giulia scoprì che facendo bollire l’As2O3, anidride arseniosa, limatura di piombo e antimonio in una pentola sigillata, fosse possibile produrre un liquido trasparente inodore, insapore e incolore, altamente letale. Bastava versare un po’ di quel liquido in bevande e nessuno si sarebbe mai accorto del male che lo aveva colpito o chi fosse il responsabile.

Si vocifera che avesse avvelenato circa seicento persone, di sesso maschile. Infatti, da quello che si racconta, la Tofana vendeva il veleno a donne maltrattate o intrappolate in matrimoni, insoddisfatte, che volevano liberarsi del coniuge. Dato il successo del suo veleno iniziò anche sua figlia nella sua produzione, ma vennero scoperte e nel 1659, entrambe furono impiccate.Tuttoggi si conoscono vagamente le dosi e gli ingredienti della preparazioni originali, quello che certamente si conosce è che, insieme al veleno, Giulia fornisse le istruzioni del dosaggio per evitare avvelenamenti non voluti.

GIULIA TOFANA SECONDO ADRIANA ASSINI

Figghia di cento patri, tanti i clienti di sua madre, Giulia era cresciuta sfrontata, opportunista, ribelle. Rosa più bella di tutto il roseto, a tredici anni appena già praticava il mestiere più antico del mondo, usando coi suoi amanti ora il bastone, ora la carota, a seconda dell’umore e delle circostanze”.

Giulia Tofana, serial killer sui generis, è un personaggio realmente esistito, la cui storia è del tutto sfocata. Non avevo mai sentito parlare della fattucchiera fino a quando non ho letto questo libro, è stato interessante ricercare informazoni a riguardo e scoprire che sulla cortigiana le informazioni sono davvero poche. Adriana Assini fa di quel poco noto un punto di forza, ammalgamando brillantemente realtà e fantasia, racconta le gesta di questa figura nascosta nell’ombra, ripercorrendo la sua storia.

“Emozioni forti le sue, che la lasciavano stordita, senza fiato”.

La vita della Tofana è divisa tra amore e la produzione del veleno, l’acqua tofana, un liquido letale di sua invenzione. Giulia appare come una donna forte e senza peli sulla lingua, che vive in bilico sul filo di un rasoio, scappando sempre dal suo passato e da ciò che è stata, per Manfredi. Il bel barone le ha fatto perdere la testa come nessun uomo aveva fatto, pur di averlo sarebbe disposta a fare di tutto, anche a sposarlo, in segreto, solo per amore.

Girolama, la sua migliore amica, cerca in tutti i modi di tenerla con i piedi per terra, ammonendola a non esporsi troppo per non perdere il lume della ragione per un uomo, che rischia soltanto di rovinare entrambe. Il veleno che lei produce è un rimedio usato da moltissime donne per sottrarsi agli abusi dei loro consorti, se lei non presta attenzione rischia di rovinarsi la vita.

“Per sapere quale direzione premere, seguo l’istinto e il mio destino lo leggo nelle stelle”.

La fattucchiera è una donna testarda e nonostante non sia colta, ha sempre preso le sue decisioni basandosi sulle sue convinzioni tuttavia lo stesso destino nel quale ripone fiducia finisce per pugnarla alle spalle. Gaspara, la moglie di don Mimì fa il suo ingresso in scena per procurarsi l’acqua miracolosa della cortigiana.

“Ci oltraggiano, ma non ci domandano perdono. Ci uccidono e se la cavano con un’ammenda”.

Per gli uomini come don Mimì non c’è cura migliore di una morte sofferta, per questo Giulia è felice di aiutare le donne in difficoltà a porre fine ai loro tormenti.

“L’amore senza ombre non vi appartiene”.

Il suo sogno è quello di poter essere all’altezza del suo Manfredi, per questo mette da parte i danari provenienti dalla sua attività come prostituta e dalla vendite del suo veleno, per comprarsi un titolo nobiliare.

“Se di me vuoi fare semplicemente la tua amante, allora non hai neppure bisogno di perdonarmi”.

Quando confessa al suo amore chi è e cosa fa per vivere, Giulia sente per la prima volta di aver perso, si sente vulnerabile e ferita dalla reazione di Manfredi. Meditando sul suo amore, il destino le gioca il secondo brutto scherzo. Il frate Nicodemo bussa alla sua porta confessandole di averla presa a cuore. La vuole tutta per sè, corpo e mente. Per questo le propone di venire via con lui.

“Sto imparando sulla mia pelle che il dolore non è mai come ce lo immaginiamo”.

Il suo piano rischia di andare in fumo quando è lo stesso barone a confessarle che la sua matrigna, Gaspara, ha ucciso il padre. Per Giulia sarà solo l’inizio del declino. Cerca in tutti i modi di capire quanto lui sappia e tenta di depistarlo affinché non capisca che dietro ci sia lei, la donna di cui è innamorato.
Il dolore ha reso vulnerbile l’uomo che ama, che alla fine cede e decide di sposarla in segreto per non rovinarsi la sua reputazione. La meretrice dovrebbe sentirsi felice, ma qualcosa nel suo cuore la turba.

Ciliegina sulla torta, la notizia del suo amore impegnata con un’altra donna la trafigge come una spada. È stata tutto frutto della sua mente? Lui giura di amarla ma lei sa che di illusioni non può vivere e perciò, prima che lui parta, decide di dirgli addio.

“Dammi un bacio. Ma che sia lungo e senza alcun pudore. Dammelo come se me ne volessi dare altri mille, e invece fosse l’ultimo”.

Da quel momento comincia un nuovo capitolo della vita di Giulia, la quale decide di voler andare oltre il sentimento che la lega a Manfredi per partire con Nicodemo e diventare sua moglie. Nonostante il suo cuore sia in frantumi, la Tofana si dimostra in tutti i modi di essere forte e procede a testa alta.

“Rimasta sola, Giulia non pianse. Pensò soltanto a risanare il suo cuore in frantumi […]. Intimorita e sola come un uccello separato dal suo stormo, si rifugiò in un altro mondo, sospesa tra sogno e memoria, verità e fantasia”.

Nonostante sappia di non poter dimenticare Manfredi si sforza di farsi piacere una vita con un uomo del tutto sconosciuto, il unico scopo sembra quello di farla soffrire. Quando ne ha occasione il frate le ricorda del suo amore perduto, del fatto che non potranno mai stare insieme e, nonostante Giulia soffra, trova il modo di rispondergli a tono per far valere la sua voce. Non c’è modo di stabilire un vero e proprio rapporto con lui, dato che preferisce ferire piuttosto che agire.

 

“Ritrovando Giulia, ritroverò me stesso”.
“Pensò a Nicodemo, che troppo spesso le avvelenava le giornate, ma che ancora le piaceva”.

Il frate più la punzecchiava e tanto più piaceva alla cortigiana. Mandredi, venuto a sapere della partenza di Giulia decide di partire alla volta di Roma. Nel frattempo la vita nella grande città procede frenetica, nonostante sia più misera della sua Palermo.
Nicodemo non riusciva a scampare al fascino di Giulia.

“Sei tu che mi danni. Sei tu che mi salvi”

Il rapporto tra i due funziona solo perchè ognuno conosce le debolezze dell’altro, per questo riprende a lavorare alla sua produzione di veleno e questa volta non per semplice denaro. Vivere in una patria dove le donne sono trattate come oggetti, domate come bestie e abusate per i piaceri della carne, la Tofana diventa una giustiziera a tutti gli effetti. Da quando erano partiti il pensiero di Manfredi era andato scemando.

“Finora aveva sempre vinto, attraversando la vita senza curarsi delle leggi, sfidando il buio dell’animo e la mano del boia. […] Cresciuta nel fango era attratta dal lusso, come le falene dalla luce”.

Nonostante stesse rischiando di essere scoperta la meretrice si dimostra calma mentre Nicodemo si agita sempre di più per l’arrivo di Manfredi, che tenta in tutti i modi di evitare affinché non incontri Giulia, almeno fino a quando non si ritrova di fronte al siciliano che lo riconosce. Spaventato, tenta di deviare l’attenzione su altro, promettendo al barone di fargli avere notizie più avanti, ma questo non accade ed è allora che lo stesso giovane si mette in marcia e cerca di raggiungere la sua amata. Il destino ancora una volta gioca un tiro mancino a tutti, Girolama viene arrestata insieme ad Olimpia per la produzione di veleno e poco dopo anche Tofana. Le tre vennero massacrate come bestie selvagge. Quando Nicodemo e Manfredi visitano Giulia si rendono conto delle atrocità che ha dovuto patire. 

“Per le mogli diventò un incubo anche di giorno”.

Giulia e le sue complici riuscirono a scampare alla pena capitale del tribunale di essere murate vive nei sotterranei di Palazzo Pucci.
Manfredi, dopo essere riuscita ad aiutare l’amante, vuole a tutti i costi incontrarla.

“Che c’è di sagliato nel volere sia il sole che la luna?”

Per quanto il barone ci provi, non riesce a provare odio per Giulia, il suo unico amore, che più volte ha rischiato di affondarlo. La Tofana era una donna difficile da dimenticare, l’uomo lo sa bene e per questo, dopo aver letto le parole che lei gli ha scritto, non può far altro che lasciarsi andare al fremito di quel sentimento che non si è mai spento.

“Lascia che te lo dica: dobbiamo separarci,
anche se in amore una cosa sola siamo;
così che le macchie su di me rimangano,
e senza coinvolgerti le porterò da sola.
Non sempre in pubblico mi mosterò tua amica,
per non investirti delle mie tante colpe;
né tu mi onorerai di pubblici riguardi,
per non esporre la tua reputazione.
No, non lo fare: tanto io t’amo che,
essendo tu me stessa, mio è il tuo buon nome”.

La storia di Giulia racchiude mille sfumature di storie mai raccontate, di amori per il quale la pena vivere e come se non fosse abbastanza, Adriana Assini si serve del personaggio per sottolineare il ruolo della donna in un epoca maschilista, che non si faceva problemi a schiacciare il sesso femminile perchè ritenuto inferiore.
Il linguaggio ricercato non ha appesantito la lettura del romanzo, che si è rivelato piacevole. Pur essendo il primo libro che leggo dell’autrice ne sono rimasta affascinata, ogni capitolo di Giulia Tofana era colmo di dettagli sugli usi e costumi dell’epoca. Si capisce che c’è stata un’accurata ricerca alla base del romanzo. Il personaggio così tanto discusso non è altro che una donna comune, non malvagia, come ci si aspetterebbe che fosse, ma una donna in preda alle delusioni e imprevisti della vita, bastonata anche da essa. Ciò nonostante la forza con la quale Giulia si rialza sempre ad ogni caduta è invidiabile. Come sempre Scrittura & Scritture offre il meglio ai suoi lettori, ero rapita dalla collana “Catrame”, ma devo dire che anche “Voci” comincia davvero ad incuriosirmi. Non vedo l’ora di leggere Un caffè con Robespierre. Un ringraziamento speciale alla casa editrice per avermi spedito la copia del romanzo.

 

 

 

 

 

 

Note sull’autrice – Adriana Assini:

Vive e lavora a Roma. Sulla scia di passioni perdute, gesta dimenticate, vite fuori dal comune, guarda al passato per capire meglio il presente e con quel che vede ci costruisce un romanzo, una piccola finestra aperta sul mondo di ieri. Dipinge. Soltanto acquarelli. E anche quando scrive si ha l’impressione che dalla sua penna, oltre alle parole, escano le ocre rosse, gli azzurri oltremare, i luccicanti vermigli in cui intenge i suoi pennelli. Con Scrittura & Scritture, ha pubblicato diversi libri, tutti a sfondo storico, tra cui Le rose di Cordova (2007) , La Riva Verde (2014) e Un caffè con Robespierre (2016).
www.adrianaassini.it

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