A tu per tu con Stefano Saccinto

 

Stefano Saccinto nasce nel 1981 a Canosa, in un paese di collina in Puglia. A nove anni, affascinato dal mondo dei libri e della scrittura, riceve di regalo per Natale una macchina da scrivere dai suoi genitori. Per lui diventa lo strumento magico attraverso cui poter richiamare vite e mondi distanti nel tempo e nello spazio per estendere la sua esperienza di vita o per immobilizzare nel tempo i ricordi più profondi. A sedici anni scrive il suo primo romanzo, fino ai ventiquattro ne scrive altri otto, uno per ogni anno. Nella sua mente si consolida l’idea di diventare uno scrittore per vivere. Nel frattempo si laurea, sposa Francesca, conosciuta ai tempi del liceo, e nasce sua figlia Giada. Inizia in periodo difficile in cui gli impegni da cameriere, un lavoro precario ma che lo impegna per molte ore al giorno, e le preoccupazioni per le condizioni economiche e per la ricerca di un lavoro migliore, lo allontanano dalla scrittura. In questo periodo scrive poco e non porta a fine nessuno dei progetti iniziati. Insoddisfatto sia dai nuovi scritti sia dai vecchi, decide di iniziare a formarsi per poterlo editare al meglio. Nel 2010 pubblica Un’estate qui, un esperimento di scrittura che considera il suo libro scritto meglio anche se in realtà è solo il diario di un ventenne annoiato e disincantato. Inizia un periodo di studi e revisioni continue da cui riemerge nel 2017 con la nuova versione del suo primo libro: Al di là dello zenith a cui segue la raccolta di racconti Cose da bambini. Si unisce al gruppo di scrittori self StreetLibers.

 

 

Editore: Self Publishing
Pagine: 177
Prezzo: 0.99 €
Acquistalo subitoAl di là dello zenith

Sico non si è mai sentito così vivo come la notte in cui è morto.
È successo in condizioni particolari, in una notte magica e dopo aver presentito la morte arrivare. In un certo modo Sico è riuscito a ingannarla, passando dall’altra parte del buio senza chiudere la porta tra le due dimensioni, tra la realtà e l’oscurità. Sono due ragazze a spiegarglielo. Ragazze che diventano donne e poi anziane e poi tornano adolescenti. Due ragazze piuttosto strane che Sico ha incontrato dopo essere morto, aver attraversato il buio e gli scenari deliranti del suo inconscio. Le ragazze sono venute fuori da due pugni di rampicanti risaliti dal terreno di una valle buia e desolata sotto una collina spettrale. Una ha la pelle bianca come il latte, l’altra nera come inchiostro. E sono nude, quasi completamente. Hanno solo una veste di filamenti che non le copre granché. Bianca, la ragazza dalla pelle nera e nera l’altra. Sono due opposti esatti e il motivo è abbastanza ovvio: una è la Dolce Illusione, l’altra la Pura Verità. Sono spiriti della morte, guide al di là della vita che accolgono Sico e gli spiegano quello che è successo. La porta va richiusa, ma non subito. Va fatto l’indomani mattina, alla fine esatta delle nove ore della notte. Nel frattempo, per ognuna delle nove ore, arriverà un’anima, morta quella notte stessa. Sico dovrà tornare ai minuti finali della vita di quell’anima e tentare di salvarla. Dovrà salvarne più di quante possa perderne perché il loro è un destino comune. E dovrà farlo nel tempo stabilito perché rischia di non chiudere in tempo la porta dopo l’ultima anima e quindi di restare morto. Stavolta per sempre. Sico ha solo sedici anni e da un po’ di tempo non ha più tanta voglia di vivere. Ha perso quello che ha avuto di più bello. Per questo non ha nessuna intenzione di scegliere tra pure verità e dolci illusioni, tra vita e morte e tra bene e male. Ma poco per volta comincia a esserne costretto. A scegliere, a lottare, a tornare alla vita e a morire ancora e a spingere lo sguardo fin dove nessun vivente ha mai pensato che si potesse spingere: al di là dello zenith.

 

 

  • Come è nata l’idea di Al di là dello zenith?

L’idea di Al di là dello zenith è nata una notte di luglio del 1998, quando avevo sedici anni, in cui faceva un freddo irreale e io dovevo tornare a casa in moto da solo.

  • C’è un episodio che ti si è delineato prima degli altri?

L’episodio è stato proprio quel ritorno a casa, le strade vuote alle undici di sera, ancora bagnate dalla tremenda pioggia che era scesa per tutto il giorno, il buio per le molte centraline elettriche saltate, mi sentivo un personaggio di un libro o di un film a cui stava per accadere qualcosa di brutto e di assurdo.

 

  • Quale dei tuoi personaggi ti sta più a cuore?

 Tutti i personaggi mi stanno a cuore. I personaggi più emblematici sono le due ragazze, la Pura Verità e la Dolce Illusione, forse più che starmi a cuore in particolar modo, le vedo solo come i personaggi meglio riusciti.

 

  • Quali delle anime che hai creato preferisci?

 Federica, la seconda anima, e il rapporto con lei. Il conflitto che si genera tra Sico e la ragazza è l’emblema del conflitto tra Sico e l’amore. Per troppa irruenza Sico afferra il polso di Lei/Federica e le due ragazze lo respingono. Per lui è come se fosse stato l’amore stesso a respingerlo e quindi se ne tiene da parte. È il suo modo, sbagliato, di reagire, ma è ciò che lo caratterizza. Sico decide di non interagire più con Federica, di fare ‘come lei gli ha chiesto’. Per questo ‘resta a guardare’, ma non passivamente. Sico si sente inadeguato, sia come eroe sia come essere umano, non sa più cos’è l’amore e non sa più vivere. Lo stupro di Federica rappresenta il suo primo ‘risveglio’. Sico emerge dall’ombra, anche se è troppo tardi e finalmente fa qualcosa, fa anche troppo, uccide, o almeno tenta di uccidere, lo stupratore. Il ritorno nell’aldilà è straziante, Federica lo tempesta di pugni e graffi, piange, poi gli si accascia contro, lui le chiede perché non ha reagito prima e insieme scoprono di non sapersi amare, di essere simili più di quanto credessero. Per il resto ogni anima ha un suo grande valore per me, anche le anime che Sico non salva.

 

  • Riferendoci alla domanda precedente, quale di esse salveresti per prima?

Senza dubbio Andrea e infatti è il primo ad essere salvato, nonostante l’improbabilità della situazione. Andrea rappresenta ciò che Sico ha perduto e che vive ancora in lui da qualche parte. È l’unica parte della sua anima che di sicuro merita di essere salvata.

 

  • Descrivici Sico con tre aggettivi

 Cinico, fragile, innamorato.

 

  • Cosa faresti se ti ritrovassi nei panni del protagonista?

 Mi pianterei a braccia aperte a centro strada con la prima anima, inviterei Federica a ballare, andrei a salvare Valentino continuando a prenderlo a calci in culo nell’aldiqua e cose simili. Cercherei di rendere le cose più facili. Ma da questa parte della storia siamo tutti buoni.   

 

  • Se avessi la possibilità di conoscere dal vivo uno dei tuo personaggi chi sceglieresti? Perché?

Forse Bernardo. Per la sua saggezza e le cose che può raccontare, storie di viaggi e di amori di altri tempi e di luoghi sconosciuti. Bernardo è la mia anima ideale, quella che muore con la soddisfazione di aver vissuto davvero e di aver visto al di là dello zenith.

 

  • Come è nata l’idea del tuo mondo fantastico dalle tinte noir?

Le atmosfere sono venute fuori spontaneamente man mano che scrivevo il racconto, gli scenari si aprivano alla mente come sogni che avevo davvero fatto. Un testo sulla morte, sull’aldilà, ambientato in una notte di freddo intenso nonostante sia estate e che prende le mosse da Colleterno, un paese con un cimitero in cima a una collina, che tra l’altro ho sognato molte volte, non può che avere tinte spettrali. Ma credo che ci sia una controparte molto luminosa, è il contrasto necessario che nasce dal libro: vita e morte, scelta e dubbio, notte e giorno eccetera.

 

  • Ti sei ispirato ad un autore o ad un romanzo in particolare?

La prima fonte d’ispirazione è stata il film Il Corvo basato sul fumetto di O’Barr e diverse atmosfere della serie a fumetti di Dylan Dog. Con il tempo il libro si è arricchito di altre fonti, gli scenari onirici di Kadath di Lovecraft, l’idea della valle viene da La casa sull’abisso di Hodgson, alcuni passaggi mistici dal Sandman di Neil Gaiman e le voci dei morti si ispirano molto a quelle dell’Antologia di Spoon River di Lee Masters. Piccole impressioni sono tratte anche dal Libro tibetano dei morti e dalla Divina Commedia.

 

  • Possiamo dire che la tua storia è un po’ come un viaggio, secondo te è più importante la meta o il viaggio in sé?

Il viaggio è l’avventura, ma la meta è il sogno. L’avventura che porta al sogno genera un compimento ideale, possiamo dire che la meta senza viaggio è pura astrazione che ci spinge verso qualcosa, di un viaggio senza meta rimane comunque il viaggio e quindi sono inestricabili.

 

  • Hai qualche consiglio per chi possiede la passione della scrittura e vorrebbe buttarsi in questo mondo?

Consiglio di avere molta pazienza. La fantasia, l’atto creativo, le emozioni delle ispirazioni e i viaggi mentali rappresentano solo una prima bellissima fase della scrittura. Poi arriva la delusione dopo le riletture di pezzi che si credevano perfetti e che invece non lo sono, la lenta scoperta che i nostri libri non sono nient’altro che bozze e la disperazione per non sapere come fare a correggerli, a trasformarli in libri veri e propri. Non sapere cosa li rende noiosi o eccessivi, cosa scartare o magari arricchire, avere il dubbio continuo che la nostra storia possa essere una colossale stupidaggine senza che ce ne rendiamo conto, può portare a vere e proprie depressioni. Bisogna prendere coscienza di tutto, mettersi a studiare e riprendere piano piano i testi dall’inizio, con calma, cercando di migliorarli, magari schematizzando mentalmente le varie parti. Il dubbio deve trasformarsi lentamente in certezza e alla fine bisogna portare il testo nella forma in cui l’avevamo immaginato fin dall’inizio. Tanta pazienza davvero. Non stancarsi mai di ricominciare dall’inizio.  

 

  • Quali sono le difficoltà più grandi che hai incontrato?

La delusione della scoperta che ciò che avevo in mente era totalmente diverso da quello che c’era tra le pagine e il panico per non sapere come fare a far coincidere le due cose. Contrastare la delusione e gli impegni di lavoro o della vita con la volontà di scrivere, nonostante le cose sarebbe state più semplici se avessi lasciato perdere tutto. Ricominciare a scrivere dopo aver smesso di fumare. Accettare i rifiuti, accettare le critiche, accettare la possibilità di non essere capace e di aver scritto soltanto grandi cazzate. Accettare l’idea che tutto quello che ho scritto possa finire nel vento.

 

  • Ti sei mai trovato davanti alla pagina bianca senza sapere cosa scrivere?

Di solito mi rendo conto subito di quando sto soltanto cazzeggiando e allora lascio perdere subito.

 

  • Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Correggere tutti i miei vecchi libri e completare i progetti lasciati a metà quando ho deciso che volevo dedicare gli sforzi a recuperare i testi vecchi invece di continuare a scrivere.

 

In bocca al lupo!

 

 

May the Force be with you!
Precedente Chi cerca trova – Day #28: In guardia sul pennino! Successivo Coffee Break: Le novità di Star Comics, Bacchilega ed Erickson

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.