A tu per tu con Roberta Zanzonico

Roberta Zanzonico è nata a Velletri nel 1986 ed è una psichiatria originaria di Rocca Di Papa (Roma). Consegue la specializzazione in Psichiatria a Boston, dopo un periodo di ricerca al Massachusetts General Hospital/ Harvard Medical School. Completa una fellowship in teoria psicoanalitica nel 2017. Dal 2020, è Clinical Instructor presso la UCLA. Nel 2019, pubblica il suo primo romanzo con Edizioni Ensemble: “Blu Stanzessere”. Per Edizioni Ensemble, pubblica due racconti: Agnese e l’Azione (2020) e El Niño (2021). Vive tra Roma e Los Angeles.

 

 

Editore: Morellini Editore
Data di uscita: 4 novembre 2022
Pagine: 143
Prezzo: 14.90

Chiara è una donna anziana che da ormai dieci anni vive nel passato poiché afflitta da una malattia che non le permette più di formare nuovi ricordi. Una condizione singolare, con un risvolto inatteso: permette, a chi parla con la signora Chiara, di tornare indietro a un momento nel tempo in cui la vita era sembrata gentile. La donna non ricorda, per esempio, che Gioacchino, l’unico figlio del signor Morbidelli, è guercio poiché ha perso il senno e in un episodio psicotico si è strappato via un occhio. Giacché la signora Chiara ignora il presente, continua a chiedere al padre di quel figlio bello di pochi anni prima. Mentre la gente del paese sogghigna alla vista del signor Morbidelli, la donna è l’unica a riservargli la stessa cortesia di una volta. Sarà così che l’uomo si troverà a cercare la smemorata nella speranza di rivivere attraverso lei i giorni andati. A uno a uno, gli abitanti del paesino si siederanno al tavolo della signora Chiara per ricevere la stessa consolazione: tornare indietro a quando si era (o si pensava di essere) felici.

 

 

Benvenuta Roberta nella nostra Stamberga, è un vero piacere fare la sua conoscenza e approfondire il suo bellissimo romanzo.

 

  • Come è nata l’idea di La bellezza rimasta?

Molti spunti provengono dalla mia mia formazione come medico psichiatra e dal privilegio proprio della professione: ascoltare le storie di tante vite. La sindrome di cui soffre la protagonista è qualcosa che ho incontrato nella mia esperienza clinica. Così come ho avuto un paziente schizofrenico che si è auto-mutilato durante un episodio psicotico. Ma oltre ai casi clinici più eclatanti, ho anche visto persone sole cercare rifugio nella nostalgia per non affrontare il presente. L’idea iniziale però nasce molti anni fa, prima che diventassi una psichiatra. Quando avevo diciannove anni, mi innamorai e poco dopo vidi quella breve relazione finire. Un giorno entrai in un bar, ancora scossa dalla fine recente di quell’amore, e un ragazzo al bacone mi chiese “sola oggi?” (implicando che non ero con il giovane uomo con cui mi aveva visto fino a pochi giorni prima). Per un momento, ho pensato che avrei potuto mentire e rispondere che non ero sola, che lui mi aspettava fuori, che non era cambiato nulla, che quell’amore non era finito, che io ero rimasta ferma ai giorni felici. Non riuscii a dire nulla, ma fu in quel momento che ebbi quest’idea che poi ho ripreso nel romanzo, ossia che se c’è anche solo una persona che crede ancora in una realtà (seppure perduta), allora quella realtà può esistere nuovamente anche per qualcun’altro.

 

 

  • C’è un episodio che le si è delineato prima degli altri?

Il romanzo comincia con la protagonista, una donna anziana, che si specchia e si sente ancora bella e, per poco, nutre la speranza che ci sia ancora un futuro per lei. La prima immagine che ho buttato su carta è di questa donna che si spoglia davanti a uno specchio, e in quel momento decide di lasciare il marito assente alle spalle e andarsene verso un futuro migliore del suo presente. Questo sarà il tema che pervaderà tutto il romanzo: la fuga dal presente.

 

 

  • Quale dei suoi personaggi è il suo preferito? Ha qualcosa in comune con lei/lui?

Sono affezionata a tutti i personaggi, ma tra tutti mi sento particolarmente legata ad Antonio, il marito della protagonista. Un uomo burbero e di poche parole, capace di seguire le sue passioni ma anche di fugarle. Si troverà in un matrimonio in cui non crede solo per fuggire dalla sofferenza di un amore passato. Passerà gli ultimi anni della sua vita seduto in silenzio su una poltrona di pelle, rimuginerà sulle scelte prese e capirà di non aver vissuto veramente. Sentirà di aver fallito e non riuscirà a sopportarlo. Anche lui, come gli altri personaggi, cercherà la fuga. Antonio però è l’unico personaggio che non ha più speranza e che non riesce a rifugiarsi in un’illusione. Io e Antonio condividiamo alcuni tratti, sicuramente la passione che mettiamo nel lavoro e nei nostri progetti, l’impazienza, e la difficoltà nel saper dosare i nostri entusiasmi.

 

 

  • Può descriversi la signora Chiara con tre aggettivi?

Mite, incolore, superficiale

 

 

  • Come mai ha scelto di scrivere un romanzo basato sui ricordi e sul passato dei protagonisti?

Io ho vissuto dieci anni all’estero e ho passato molto tempo a ripensare a cosa avevo lasciato indietro. Tornare con la mente al passato e provare nostalgia è una sensazione che conosco bene. Come medico psichiatra, parlo ogni giorno di passato, e di come questo viene ricordato. L’unione della mia esperienza personale e professionale ha fatto sì che la nostalgia e la memoria divenissero temi cari.

 

 

  • Se dovesse associare una canzone al suo romanzo quale sceglierebbe?

“Insieme a te non ci sto più”. La protagonista va via, lascia il marito burbero alle spalle. Aveva cercato in lui quel che non aveva avuto dalla vita, “Le tenerezze che non ho, la comprensione che non so, trovare in questo mondo stupido”. Capisce che è ancora viva e ha ancora tempo e vuole di più di quanto lui non possa offrirle. Accetta la sofferenza di quell’addio, perché “si muore un po’ per poter vivere”. Vedremo poi come questo entusiasmo duri poco, ma è stata la prima scena che ho scritto e quella a cui sono più affezionata.

 

 

  • Ha incontrato difficoltà nella stesura del romanzo?

Avevo pensato per così tanto tempo all’idea dietro il libro, che quando ho iniziato a scrivere avevo già così tante immagini in mente che per un po’ il romanzo si è scritto da solo. Forse la cosa che ho avuto più difficoltà a mettere su carta è stato il finale. Ne ho scritti diversi, nessuno mi soddisfaceva. Ci ho pensato per molto tempo e poi un giorno ha preso forma, e ora mi piace molto.

 

 

  • Quali sono i suoi tre romanzi preferiti?

Non so se riesco a sceglierne solo tre. Sicuramente, qualsiasi cosa abbia scritto Gabriel Garcia Marquez, forse tra tutti “L’amore ai tempi del colera”. Ines dell’anima mia di Isabel Allende, Soffocare di Chuck Palahniuk, e tanti racconti di Niccolò Ammaniti.

 

 

  • Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Continuare a fare quello che mi piace: prendermi cura dei miei pazienti e scrivere.

 

 

La ringrazio per il tempo che ci ha dedicato, è stato un vero piacere conoscerla!

 

 

 

 

 

 

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