#BtiliReadingChallenge: A casa quando è buio di James Purdy

Instagram: @brivididicarta | @lastambergadinchiostro

Il mio secondo tassello per la #BtiliReadingChallenge è la raccolta di racconti di James Purdy, “A casa quando è buio“, in uscita oggi per Racconti Edizioni, con la traduzione di Floriana Bossi e la postfazione di Giordano Tedoldi.

Data di uscita: 28 Febbraio

Acquistalo subito: A casa quando è buio

Editore: Racconti Edizioni
Genere: Racconti
Traduzione: Floriana Bossi
Postfazione: Giordano Tedoldi
Pagine: 128

Prezzo: € 16,00

Chissà che non siano le stesse ordalie dell’autore, quelle di un disperato che barricato dentro una cabina telefonica cerca qualcuno a caso a cui poter raccontare una storia, la sua, fatta di una moglie stanca di topi, pappa d’avena e appartamenti fatiscenti. James Purdy del resto ha faticato a incontrare il gusto del grande pubblico e il suo seguito è sempre stato costituito da un manipolo di devoti ben nascosti. Fuori da tutti i giri e alieno alle mode letterarie, come scrive Giordano Tedoldi nella postfazione a questo libro, Purdy non ha fatto parte nemmeno di una controcultura; piuttosto è sempre e” stato contro la cultura stessa. I racconti contenuti in “A casa quando è buio” sembrano confermare questa sua tensione verso un’aporia finale, una continua evocazione di spettri e assenze attraverso la parola e il simbolo. La scrittura di Purdy è cava, i suoi sono sempre incontri mancati e su di essi aleggia incombente un senso di minaccia. Dialoghi platonici irti di “non sequitur” che indagano il baratro, il cuore oscuro dell’uomo, la sua vulnerabilità, e i desideri che si agitano sotto maniere e abiti inappuntabili. Non sappiamo se sia Mr Diehl, oscenamente bagnato come un tritone, a impartire una lezione alla povera Polly, ma leggendo la storia di questo alterco a bordo piscina la nostra quiete è incrinata. Quando due amici discettano a pranzo di un collega culturista il realismo borghese è solo apparente e il quotidiano sconfina nell’onirico. Un attraversamento che diventa definitivo nell’ultima storia di questa raccolta, un sermone all’umanità firmato da Lui in persona.

C’è una prima volta per tutto e una storia che si crea una volta compiuto il temibile passo. Questa ad esempio è la mia, di me che scopro un nuovo autore che mi porterò nel cuore, uno che è riuscito a conquistarmi con la sua prosa asciutta, James Purdy. Non sapevo quali ostacoli avrei incontrato lungo il camino nel momento in cui ho deciso di intraprendere questo viaggio, ma ora che sono arrivata alla fine del percorso è come se mi mancasse qualcosa, quel bagaglio che mi trascinavo lungo la strada mentre scoprivo un microcosmo che esplodeva in tutta la sua intensità.

Qualcuno lo ha definito un fiume sotterraneo che attraversava l’America e da quel poco che ho potuto leggere mi è sembrato di poterne seguire il corso, quasi come se avessi saputo che c’era senza bisogno di guardarlo con i miei occhi. Potevo seguirlo mentre sfiorava ogni singola esistenza da egli descritta per portare a galla ciò che si nasconde dentro l’animo umano, attraverso dialoghi che potrebbero sembrare che lascino il tempo che trovano, ma che se analizzati attentamente si ripresentano sotto una nuova chiave di lettura, dimostrando il fatto che Purdy non aveva di certo bisogno di legarsi a preconcetti già stabiliti per raccontare storie che lasciano il segno.

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Ed è questo il punto, con il suo modo di raccontare spontaneo, diretto, sembra volersi liberare dei sassolini nella scarpa che si trasformano nell’antologia in un filo invisibile che lega i racconti, una nota malinconica che accentua la condizione di ogni singolo personaggio, lo portano a confrontarsi con quello che trattiene dentro, la sensazione di avere un nodo alla gola impossibile da sciogliere, a volte si tratta di uno strato di fragilità, altre volte è un vuoto incolmabile mentre altre ancora quella tinta oscura segnata dalla mancanza di luce oppure un desiderio puro, la voglia di migrare verso Sud, lontano dal nido per ritrovare ciò che si è perduto.

Tra tutti i racconti ho apprezzato in particolar modo quello che da il titolo all’opera, “A casa quando è buio”, la storia di nonno e nipote, il desiderio quasi primordiale di quest’ultimo di spiccare il volo e lasciare il nido per andare a Sud per ritrovare ciò che ha perso, ma è nella conversazione dei due che si percepisce l’immensità delle parole. Un desiderio puro che per quanto “folle” diventa l’appiglio al quale aggrapparsi per poter credere ancora, prima che il dolore, la malinconia e tutto ciò che caratterizza l’uomo riaffiori portando quel bambino a crescere.e a perdere l’immensa bellezza del cielo stellato che evoca i sogni.

Dieci racconti mi hanno permesso di scoprire un autore sottovalutato al suo tempo, uno di quelli che passava in sordina, ma che invece si rivela essere una voce potente della letteratura americana, un diamante grezzo che la società si è rifiutata di apprezzare, forse perchè si era spaventati dal suo modo di vedere il mondo e in particolare l’uomo. Con questa visione cruda e spietata della vita James Purdy ci accompagna in un percorso fatto di consapevolezza acquisita e sfiducia nei confronti di quello che è “essere umani”, una condizione che dal suo punto di vista è a volte struggente e costellata di dolore e perdite.

“Stavolta il dolore nel profondo della sua carne rifiutava di essere ucciso, e fu questa pena fisica che la riportò a Lafe. Lo vide per pochi secondi illuminati quasi come se non l’avesse mai visto prima, come se esistesse per lei la prima  volta. Non riusciva a capire esattamente come facessero i morti a sapere o come Lafe la stesse guardando da qualche altro mondo, eppure proprio allora sentì che finalmente un po’ di comprensione era nata tra loro.”
– Prendi il cappello

 

 

 

disclaimer: si ringrazia l’ufficio stampa di Racconti Edizioni per la copia omaggio.

 

 

May the Force be with you!
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