Close-Up #23: Giuliano e Lorenzo di Adriana Assini (Scrittura & Scritture)

Indovinate un po’ chi sta per tornare? Proprio lei, la voce che continua ad incantarmi, Adriana Assini. Con Giuliano e Lorenzo. La primavera dei Medici ci catapulta nel Rinascimento italiano.

Data di uscita: 13 giugno

Acquistalo subito: Giuliano e Lorenzo

Editore: Scrittura & Scritture 
Collana: Voci
Genere: Romanzo storico
Pagine: 192
Prezzo: € 14,00

Giuliano è il sole; Lorenzo è cielo, mare e terra. Sono giovani, colti, carismatici e ammirati entrambi quando diventano i principi di Firenze. All’altezza del nome che portano, trattano con successo sia gli affari privati che la cura della cosa pubblica, circondandosi di menti eccelse e rinomati artisti, tra i quali spicca il Botticelli. Ma presto, accanto a tanta luce, crescono le ombre. Spensierato e seducente, Giuliano resta in secondo piano nel governo ma primeggia nelle faccende care a Venere, finendo per invischiarsi in una pericolosa storia d’amore con una donna maritata, Simonetta Cattaneo Vespucci, la più bella tra le belle. Lorenzo, invece, pur rivelandosi un politico abile e prudente, compie alcuni passi falsi nell’insidiosa palude del potere, procurandosi temibili rivali tra i banchieri, segretamente spalleggiati dal papato e da alcuni signori d’altri Stati. Giorno dopo giorno, attorno agli invidiati fratelli Medici prendono forma e corpo oscure trame. A distanza di anni dal tramonto dei due astri, nella città dell’Arno ormai in declino sarà Cosma, un giovane cultore d’arte, a ripercorrere per la sua amata Beatrice splendori e tenebre di quella irripetibile stagione.

La campana mezzana dell’Ognissanti aveva scandito tre rintocchi sordi. Segno che a tirare le cuoia era stato un uomo, giacché alle donne ne spettavano due soltanto. Il borgo costeggiato dall’Arno si animò, ma nel riserbo: dalle decine di botteghe, dove da secoli si tingeva e si tirava la lana, s’affacciarono sia i capi che i garzoni, volendo rendere fugace omaggio al trapassato, che abitava in via Nuova, lì a due passi.

L’esiguo corteo funebre avanzava senz’ordine e senza lacrime. Eppure, su quel comprensibile tacere pareva aleggiare una domanda: dov’era quel venerdì di maggio tutta la gente che a Firenze aveva voce in capitolo? Quali rimarchevoli faccende le avevano impedito di dare un ultimo saluto al defunto, che a quella città aveva dato gran lustro?

Nei pressi di un crocicchio, un signorotto su un corsiero, scortato da un famiglio, s’arrestò per dare la precedenza alla processione. Quando, nel togliersi la berretta di feltro, lo sconosciuto sbuffò d’impazienza, ecco che uno, in fondo alla fila, l’apostrofò con tono energico: «La fretta è di sovente vana, ma in certi casi diventa ad- dirittura sconveniente… Rallentate l’andatura, messere, ché solo la morte non aspetta». Chi parlava era Maso, nomato il Bardo, dal soprannome dato a un suo trisavolo che componeva versi.

Pentito del gesto indelicato, ser Giotto di Bicci Torregiani, detto il Saraceno per aver vissuto sulle rive del Bosforo, tentò di porvi testé rimedio chiedendo lumi sul morto.

«Una premessa è d’obbligo,» replicò l’interpellato «che l’assenza di ottimati, enfasi e orpelli non vi tragga in inganno». Tutto si sta- va, infatti, svolgendo secondo le volontà del deceduto, che aveva chiesto d’essere tumulato con la sobrietà con cui aveva campato più o meno nell’ultimo decennio. S’interruppe apposta, spassandosela nel tenere il suo interlocutore sulla corda, poscia gettò un sassolino nello stagno: «E dire che non stiamo discorrendo di un popolano qualunque.»

«Di chi si tratta, quindi?». «Alessandro Filipepi, che Iddio lo benedica!». Non cogliendo alcuna reazione sulla faccia ossuta dell’uomo, si sbrigò a precisare: «Il Botticelli». Ancora niente. Allora arricciò il naso: possibile che qualcuno ignorasse l’esistenza del divino pittore? «Lui è tornato alla madre terra, ma le sue opere risplenderanno nei secoli…». Come non provare un briciolo di diffidenza verso il commerciante dalla testa canuta e gli abiti sgargianti?

«Perdonate la mancanza. Il nome m’è familiare, però è trascorso così tanto tempo…». Pur essendo nato in loco, s’era trasferito presto a Trebisonda, giusto all’indomani della dipartita di Piero de’ Medici, detto il Gottoso. In quella terra remota affacciata sul Mar Nero, aveva accumulato un bel gruzzolo trafficando in tessuti, ma adesso era tornato in patria assieme a sua moglie per finirvi i suoi giorni.

Adriana Assini, romana, è apprezzata romanziera e acquerellista, appassionata di storia e di scrittura. Scrittrice prolifica e con successo nei suoi numerosi romanzi riesce a contemperare la verità storica con le suggestioni della finzione letteraria, aprendo piccole finestre sul passato per farne vividi testimoni dell’epoca narrata, lasciando emergere mentalità e problematiche ancora attuali. Per Scrittura & Scritture ha pubblicato: Agnese, una Visconti (2018) già due ristampe. Giulia Tofana. Gli amori, i veleni (2017) oggetto di un master e una tesi di laurea incentrato sulla figura della storica avvelenatrice. Un caffè con Robespierre (2016) tre ristampe – Premio “L’Unicorno – Rovigo” per il miglior romanzo storico, e Premio “L’Iguana”, promosso dall’Istituto Studi Filosofici di Napoli e Associazione Eleonora Pimentel; Le rose di Cordova, incentrato su la figura di Giovanna di Castiglia, definita ingiustamente dalla Storia come La Pazza. Tradotto anche in spagnolo, che dal 2007 a oggi ha visto succedersi tre edizioni e cinque ristampe.

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