Due chiacchiere con…. Andrea Musso, illustratore della serie del gatto killer

Non mi capita tutti i giorni di fare due chiacchiere con un illustratore. Approfittando dell’uscita di “Che fine hai fatto, gatto killer?” ho rivolto qualche domanda ad Andrea Musso, l’illustratore che in Italia ha dato vita tra le altre cose anche Tuffy, uno dei simpatici personaggio della serie di Anne Fine. 

Un po’ di tempo fa vi ho parlato del libro, ma per chi avesse perso l’articolo può trovarlo seguendo questo link e se invece volete scoprire tutti i romanzi della serie del gatto killer vi invito a visitare il sito di Edizioni Sonda. Ora bando alle ciance, conosciamo un po’ Andrea e il suo lavoro.

Buona lettura!

Andrea Musso illustra come freelance per la pubblicità e l’editoria manifestando una spiccata predilezione per i soggetti animali, e non solo nel disegno (il gatto Calogero, disegnato sulla sua spalla, è il suo ed è stato salvato dalla spazzatura).
Diplomato all’Istituto Europeo di Design, ha fatto l’insegnante e illustrato libri anche per il Giappone e gli Usa, passa dalle favole ai fumetti su Quattro Zampe e su www.andreamusso.it

Com’è nata la tua passione per il disegno?

Credo che essere allergico ai pollini sia stato fondamentale per sviluppare una passione, invece di giocare nei prati a calcio con gli altri inventavo storie di macchine che esploravano il fondo del mare alla ricerca di tesori. Copiavo tantissimi disegni da due libri-raccolta giganti che avevo in casa, Penuts e Mafalda, oltre a leggere per ore Topolino o la raccolta Tex di mio zio.

Quali sono le tue fonti di ispirazione?

Quando sono cresciuto continuavo a leggere Topolino ma riconoscevo il tratto di “quelli bravi”, come Cavazzano, anche se all’epoca il disegnatore non era citato chiaramente come oggi. Al liceo artistico ho aggiunto la passione per Poe, e altre letture letterarie, a novità come Dylan Dog. Andrea Pazienza era un mito, l’arte classica mi affascinava come il disegno dal vero, l’amore per la natura e gli animali ha fatto il resto. Avere un gatto sempre attorno aiuta molto.

Perché hai scelto di lavorare proprio con i libri per bambini?

In realtà avevo un rifiuto per il genere, quando studiavo all’università, ma la mia prof (ndr. Giulia Orecchia) mi spinse a usare la mano sinistra per cambiare stile e ha stimolato la mia voglia di raccontare storie. Aveva ragione lei e mi è rimasta questa passione, è emozionante plasmare l’immaginazione di tanti lettori e “sedersi accanto” a brillanti scrittori per completare la loro visione. Poi ci sono tanti altri aspetti del lavoro, dalla pubblicità alle confezioni dei prodotti, così non mi annoio mai.

Di solito i disegni raccontano chi li fa, cosa vorresti che raccontassero di te le tue creazioni?

Cerco di rendermi trasparente, di assorbire la storia e renderla per quello che è rispettando la visione dello scrittore e aggiungendo qualcosa di non didascalico rispetto al testo. È il modo di lavorare collaborativo di un artista che non è, come un pittore, libero e solo ma entra a far parte di un processo creativo più ampio che ha sempre al centro il lettore. Spero che raccontino cura, divertimento, attenzione e gioia. Io ci vedo mille dettagli della vita che mi circonda che entrano nelle storie come oggetti, persone e ovviamente simpatici musi di gatti che conosco.

Qual è il tuo modus operandi, quali strumenti usi e com’è organizzato il tuo flusso di lavoro?

Prima faccio il “lettore” e vedo nella mia testa un vero film del libro, le immagini scorrono così per me quando leggo ogni racconto o romanzo. Per iniziare devo solo scrivere quali sono le scene più interessanti per disegnarle poi nel modo in cui le ho viste, controllando solo che non siano ripetitive e alternino i personaggi. A quel punto con semplici bozze a matita, approvate dall’editore insieme a qualche correzione, passo due settimane in isolamento fra inchiostro e carta per ottenere trenta tavole in bianco e nero, che poi coloro ad acquerello per dare un senso “caldo” alle immagini. Molto old style rispetto a quando uso solo il computer.

Com’è stato lavorare sui testi di Anne Fine, è stato difficile dare vita ai suoi personaggi?

Direi che è stato un privilegio. Quando ho letto il primo racconto ho trovato quella vena ironica e noir che solo gli inglesi sanno portare nel genere per bambini e ragazzi, mi sono molto divertito e poi ho pensato “io i gatti li conosco molto bene”. La grande libertà che mi ha dato l’editore è stata stimolante, ho scelto uno stile che già usavo inserendo anche dettagli un po’ retrò (di cui forse mi accorgo solo io) per abbigliamento, auto, oggetti. È come fare un film e devi decidere tante cose, il casting per la mamma è stato lungo ma alla fine abbiamo trovato “l’attrice giusta”. Ho incontrato Anne Fine a Mantova l’anno scorso e dal vivo è ancora più divertente e “crudele”, insieme ai bambini abbiamo riso molto durate l’incontro-intervista. Mi ha rivelato che adora il sapore delle mie illustrazioni.

So che tieni laboratori di disegno per bambini, com’è lavorare con loro e soprattutto come si svolge il progetto? 

Non so fare tante cose quindi mi concentro su quello che mi riesce bene. Sarei in imbarazzo a raccontare il libro e dire cose su quello che non ho ideato io, non so gestire bene questi strani “adulti bassi” che leggono i libri e quindi fuggo dal problema facendoli disegnare. A quel punto loro sono affascinati da quello che esce dalle mie mani e il gioco è fatto, gli rivelo dei piccoli segreti del mestiere e mostro loro gli originali del libro fatti con gli stessi colori e pennelli che possono usare. Gli fornisco le basi per trasformare le loro fantasie in storie disegnate, indico la strada con un dito e loro corrono felici in quella direzione dove accade la magia. Il progetto è cresciuto in questi anni semplicemente ascoltando e osservando, sono loro che hanno insegnato a me.

 

 

 

disclaimer: si ringrazia l’ufficio stampa di Sonda Edizioni e Andrea Musso per la disponibilità.

 

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