Grande nudo di Gianni Tetti | Recensione di Sandy

“Siamo tutti superstiti. Siamo quello che è rimasto.”

IL ROMANZO

Prezzo: € 17,00

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Un romanzo corale, esploso, torrenziale, i cui protagonisti mostrano il cuore feroce di un’umanità alla deriva. Il libro più oscuro, spietato e conturbante di Gianni Tetti.

Il destino dell’uomo è segnato. Anche la terra sembra saperlo. Si apre, poi mastica e inghiotte, affamata. Tempi di guerra, di carestie e vendetta.
Non c’è scampo agli attentati che si susseguono in città né rimedio ai fondamentalismi verso i diversi, non c’è salvezza dalle nubi tossiche né speranza nella misericordia umana.

C’è solo una possibilità. È scritta nel vento. E porta un nome: Maria. La riscossa degli ultimi parte da una Sardegna infetta, un’isola/mondo in cui i cani governano e un pescatore affetto dal morbo guida un’orda stracciata verso la terra promessa.

Leggere Grande Nudo è come guardarsi in uno specchio deformante, capace di restituirci l’immagine di una nudità primordiale, che stordisce. L’ultimo romanzo della “Trilogia del Vento” del sardo Gianni Tetti. La narrazione di un’umanità senza scampo, preda di se stessa.

Let’s talk about “Grande Nudo”

“Siamo tutti superstiti. Siamo quello che è rimasto.”

Grande Nudo è un romanzo a tema apocalittico scritto da Gianni Tetti, ultimo capitolo della “trilogia del vento”, composta da tre romanzi auto-conclusivi.

Il romanzo ha un’ambientazione precisa, ovvero la Sardegna, dove ciò che resta dell’umanità lotta contro il dilagare della violenza e degli infetti, cavie da laboratorio infettate tramite esperimenti nucleari promossi dal governo.
Nel libro, infatti, “il progresso per amore del progresso” ha portato una catastrofe che si ripercuote su tutti, infetti e non, che vivono fra i ruderi di una società distrutta da se stessa, che seppur consapevole del rischio derivante dal “progresso” non ha esitato ad osare.
Come spesso accade, quando si scherza con la natura si finisce male, anche perchè la natura non ha mai avuto senso dell’umorismo, no, la natura è spietata, fredda e permalosa.

“Se qualcuno è convinto che da una crisi nasca un mondo migliore, sbaglia. È peggio di quello che c’era prima. Perché siamo gli stessi, solo più soli, più impauriti.”

Uno dei grandi protagonisti del romanzo è la violenza fine a se stessa, scaturita dall’assenza di controllo e di leggi, come ci si aspetta in ogni romanzo di questo genere, in cui si trovano sempre personaggi cattivi e personaggi buoni con un passato da dimenticare.
Maria sembra essere l’unica a voler cambiare le cose in un mondo governato dai cani e lentamente conquistato dagli infetti. Gli unici risparmiati dagli infetti sono i bambini che sembrano quasi diventare un barlume di speranza per le persone.

“Sottoterra, il canto del terremoto è un rombo assordante. L’ululato profondo dell’inferno.”

Devo ammettere che con la sua scrittura Tetti resta molto criptico su alcuni degli aspetti fondamentali del romanzo che restano dunque insoluti, ma dal contesto traspare comunque un messaggio nascosto fra le righe. La narrazione infatti sembra quasi slanciarsi sulla violenza e la devastazione, come se si sentisse il bisogno di rimpiazzare con l’inchiostro una guerra che non c’è o che si svolge molto lontano da noi.
All’interno del testo infatti c’è una ricerca profonda dell’essere umano nella violenza che è capace di generare sul suo stesso mondo e sui suoi simili, mostrando chiaramente che una volta lasciate le briglie della società l’essere umano non è capace di rapportarsi con gli altri se non tramite un atto di violenza e bestialità. Questa bestialità però è stata portata alla luce dall’infezione propagatasi fra le cavie degli esperimenti nucleari, che si sono ritrovate infettate in maniera indelebile dagli orrori di un governo che non si cura dei cittadini, ma solo dei suoi profitti.

“È tutta la vita che non sai cosa dirmi, tutta la vita che pensi ad altro, ma quando pensi di iniziare a vivere?”

La situazione mi ha ricordato molto la serie tv di Black Mirror, anch’essa composta da tanti episodi auto-conclusivi, in cui la società assoggettata alla tecnologia non è più libera di utilizzarla a proprio vantaggio, ma ne diventa schiava e finisce per soffrire e commettere terribili azioni in nome del progresso.

Solo nelle ultime venti pagine del libro, però, c’è un messaggio di speranza che trasuda dalle pagine come a voler far intendere che anche sull’orlo del baratro, quando si è già con un piede nel vuoto, non tutto è perduto, ma si può ancora trovare una soluzione per non precipitare verso la fine.

Il romanzo si presenta come un fascio di rovi, se non si presta la dovuta attenzione, si potrebbe finire per farsi male. È un libro che si divora lentamente, ma proprio come quando si guarda dentro l’abisso, è questo che guarda a sua volta dentro di noi. Tetti logora dall’interno, lasciando una ferita aperta difficilmente cicatrizzabile. Il suo “Grande Nudo” è tagliente. Non si risparmia colpi e non si cura di far apparire le cose per ciò che non sono, è un romanzo dove la speranza è lasciata solo alla fine, come un appiglio al quale aggrapparsi. La luce in fondo al tunnel diventa un caldo miraggio, dove per l’uomo è possibile ricominciare, muovere nuovi passi verso il presente, ma è davvero così?

Note sull’autore – Gianni Tetti:

Gianni Tetti è nato a Sassari. Si occupa di cinema e letteratura. Ha scritto e diretto il documentario Un passo dietro l’altro, è sceneggiatore di SaGràscia e ha collaborato alla sceneggiatura di Perfidia (due film diretti da Bonifacio Angius). Suoi racconti sono stati pubblicati su numerose riviste (Frigidaire, Il Male, Atti impuri) e in diverse antologie. Per Neo Edizioni ha pubblicato I cani là fuori (2009) e Mette pioggia (2014).

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