INK’S CORNER: Quello che voleva essere di Carol Swain (Tunué )

Instagram: @brivididicarta | @lastambergadinchiostro

Arriva oggi nelle nostre librerie un nuovo graphic novel per Tunué, si tratta di “Quello che voleva essere” di Carol Swain, nuovo tassello della collana Prospero’s books, con la traduzione di Omar Martini.

Data di uscita: 7 Marzo

Acquistalo subito: Quello che voleva essere

Editore: Tunué
Collana: Prospero’s books

Traduzione: Omar Martini
Prezzo: € 19,00
Pagine: 171

Helen si è appena trasferita dalla città nella campagna gallese. Un suo vicino di casa le ha detto che un esemplare raro di uccello – Emrys – si è suicidato. La bambina non ha una grande esperienza della natura, ma è sicura che gli uccelli non si tolgano la vita volontariamente. Determinata a indagare, Helen si rivolge agli animali, che, a differenza degli umani, hanno molto di cui parlare. «Non aveva piume e non sapeva volare» le dicono i cani, mentre la protagonista comincia a svelare non solo il mistero della fine, ma anche quello dell’esistenza di Emrys. In “Quello che voleva essere” il mondo interiore di Helen si rivela lentamente attraverso un misto di dettagli naturalistici e avvenimenti fantasmagorici. Piccole osservazioni, leggerezza e riflessione spingono il racconto verso una conclusione che è anche un inizio. In questo graphic novel Carol Swain ci restituisce una visione filosofica matura, intessuta con maestria da un’artista nel pieno controllo dei suoi mezzi. Sicuramente la più compiuta fra le sue opere.

Sono sempre stata pignola quando si tratta di scegliere graphic novel. Appena entro in libreria riempio il cestello ma alla fine della fiera esco soltanto con un paio, i volumi che oltre alle meravigliose illustrazioni mi hanno colpito per la storia. E vi dirò, quando ho letto la trama di “Quello che voleva essere” ho capito subito che poteva essere il genere di storia che mi avrebbe catapultata lontano, tra le lande gallesi, alla scoperta di un racconto unico e così è stato.

Carol Swain ha uno stile particolare. Non si può restare indifferenti dinnanzi al suo tratto, deciso ma che sembra poco più che una bozza in alcuni casi, sembra semplice ma nasconde un grande studio dietro i tratteggi e le linee dei volti, così come i luoghi e gli oggetti, delineati con grande maestria e con uno stile carico di emozioni e di voglia di raccontare. Ho avuto l’impressione che il tempo si fermasse, che la giovane protagonista non fosse altro che un pretesto per raccontare una storia ben più profonda, quella che vede un uomo togliersi la vita perchè arrivato al limite di una situazione delicata e difficile, in cui non poteva essere libero e volare, diventare quello che voleva essere e di conseguenza ha scelto l’unica via di fuga possibile: la morte.

Helen è una bambina perspicace, lo dimostra il fatto che nonostante si sia trasferita da poco nel Galles con la sua famiglia abbia continuato a coltivare la sua passione, quella di studiare i volatili, in particolar modo il loro comportamento ed è durante una ricerca sul campo che scopre la triste storia di Emrys, che all’inizio sembrava anch’egli un uccello da poter osservare, visto il modo in cui ne parlavano, definendolo esemplare “raro”, ma è lungo il percorso, nel viaggio alla scoperta di chi era Emrys in realtà che Helen impara qualcosa di importante, la vita non è per niente facile, non quando i pregiudizi si fanno largo nelle bocche delle persone mettendo con le spalle al muro un uomo e la sua scelta di essere se stesso, imprigionato in un corpo che non sentiva più suo.

Tutto questo ci viene raccontato attraverso gli occhi di Helen e dei suoi appunti, sempre più arricchiti da dettagli e dai dialoghi a volte effimeri mentre altre volte lasciano trapelare più di quello che sembra, come un fiume in piena si viene travolti dalla storia e dai personaggi che vivono in un’universo tutto loro mentre poco a poco ci si avvia verso la fine, il percorso di un uomo che ora non c’è più e che ha “sconvolto” la vita di diverse persone per il suo modo di vivere e non tanto per la sua morte, quella era inevitabile, anche se non giusta, in quanto la terra va lavorata, l’unica vera preoccupazione per gli abitanti del paesino.

Questa è quindi una storia che inevitabilmente finisce per fare breccia nel cuore del lettore, un piccolo uragano che scombussola l’animo e al tempo stesso lo arricchisce, un po’ come se oltre al racconto l’autrice avesse voluto colpire anche la mente, invogliare chi legge a riflettere e prendere coscienza sul fatto che non tutti nascono con il corpo che vorrebbero avere e vivere nell’involucro di qualcun altro è come passare la vita in prigione soprattutto se tutte le persone che ci circondano diventano i nostri secondini pronti a bastonarci solo perchè siamo in prigione contro la nostra volontà.

Attraverso situazioni surreali che si sparpagliano lungo i prati gallesi Helen ripercorre a ritroso la fine di un uomo cercandone l’inizio ed è in questo forte contrasto che Carol Swain trasmette un senso di solidità con la sua storia, intessuta di immaginazione e realtà, che si scontrano per creare qualcosa che si trova al limite fra il mondo dei sogni e quello reale.

Quello che voleva essere è un viaggio onirico alla scoperta della vera identità di un animale che si sentiva incatenato a terra dalle sue stesse ali immobili.

“Comunque non voglio parlare male dei morti. Non si possono difendere.”

 

 

 

disclaimer: si ringrazia l’ufficio stampa di Tunué per la copia omaggio.

 

May the Force be with you!
Precedente Let's talk about: La tesi dell'ippocampo di Luca Starita (bookabook) Successivo Close-Up #13: Il meticcio di Federica Fantozzi (Marsilio)

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.