Close-Up: Pizzi neri e merletti grigi di Elisa Averna

Iniziamo la settimana con la mia chiacchierata con Elisa Averna sul suo “Pizzi neri e merletti grigri”. Siete pronti?

Data di uscita: 21 Ottobre 2020

Acquistalo subito: Pizzi neri e merletti grigi

Editore: Nulla Die
Genere: Fantascienza
Pagine: 165
Prezzo: € 16,00

In una giornata di maggio del 1866 cinque minuti rivoluzionano la vita di Teresa Baldeschi, giovane ricamatrice di abiti da lutto. Teresa, preso posto sul treno che avrebbe dovuto condurla presso una vedova sua cliente, si addormenta e al suo risveglio trova attorno a sé una situazione totalmente nuova. Non è nel treno in cui è salita, ma in un treno del tutto diverso. Apprende dai passeggeri di essere nel 2023. Sconvolta, scende alla prima stazione, per poi risvegliarsi nuovamente nel suo tempo. Teresa nel raccontare la sua straordinaria esperienza non viene creduta dalla famiglia che la fa internare nel manicomio Santa Margherita di Perugia, dove la donna riesce a sopravvivere per vent’anni. Consapevole di non essere pazza e di aver viaggiato nel tempo, Teresa scrive le sue memorie nella speranza di un riscatto. “Pizzi neri e merletti grigi” più che un libro di fantascienza è un viaggio nella presunta follia umana e in ciò che l’uomo non è in grado di spiegare.

Elisa Averna, laureata in Lettere e Filosofia con indirizzo demo-etno-antropologico e specializzata in Conservazione dei Beni Culturali, si occupa di progettazione museologica. Ha pubblicato opere di saggistica e le seguenti opere di narrativa: Prisma (2019), Chiodi di ghiaccio (2020), Pizzi neri e merletti grigi (2020). Sono in corso di pubblicazione L’Aquila d’Oro – Sulle tracce del Quarto Reich (2021) e H.H Figlia della strada (2021).

Avevo già avuto il piacere di rivolgere qualche domanda ad Elisa Averna, ma questa volta ho voluto andare più nello specifico perché la storia di Teresa Baldeschi è surreale e non solo per il suo viaggio del tempo. È la reazione a catena che crea quel piccolo evento ad essere determinante in un libro come questo, a mostrarci una visione unica e al tempo stesso dolorosa in un contesto storico affascinante come quello dell’Ottocento  dove “cosa sarebbe successo se…? ” diventa un interrogativo preoccupante in una società non disposta ad ascoltare e che teme tutto ciò che non rientra nei canoni stabiliti.

 

  • “Pizzi neri e merletti grigi”, una testimonianza dell’impossibile, come nasce l’idea per questo romanzo?

Innanzitutto grazie, Sandy, per l’ospitalità nel blog che curi con tanta passione insieme ai tuoi colleghi Deborah e Carlo.

Per rispondere alla tua domanda, ti dico subito che l’idea creativa di base, giacché io sono affascinata dal tema del “viaggio nel tempo”, è nata dal chiedermi che cosa sarebbe potuto accadere se una donna del passato per vie inspiegabili fosse precipitata anche solo per qualche minuto nel nostro tempo. Da qui ha preso avvio la storia e tutte le dinamiche di “valenza psico-sociale”. Cosa non darei per viaggiare nel tempo, soprattutto nel passato! Almeno mi sono tolta lo sfizio attraverso un mio personaggio. Grazie a Teresa ho viaggiato nella sua epoca, l’Italia della seconda metà dell’Ottocento e, nel contempo, ho fatto piombare lei, poverina (viste le conseguenze che ha avuto ciò sulla sua vita) nella nostra. Volevo scrivere una storia dove il tema del “viaggio del tempo” fosse unito a un altro tema a me molto caro, ossia quello della follia-dolore, sempre legato ai momenti storici e sociali.  Il tema della follia mi affascina, anche perché ho un concetto di “normalità” dai confini flebili. Ho avuto modo di approfondire l’argomento della diversità mentale e della storia delle istituzioni manicomiali leggendo buona saggistica, a cominciare dal capolavoro di Foucault “Storia della follia”.

 

  • Il viaggio del tempo è stato affrontato in molti modi sia nel mondo della letteratura che in quello dell’intrattenimento, ma nel tuo romanzo diventa qualcosa di puramente casuale ma allo stesso tempo un evento caratterizzante nella vita di Teresa Baldeschi: da dove nasce questo tipo di viaggio del tempo? Hai fatto molte ricerche? Se sì, quali di queste si sono rivelate fondamentali nella stesura del tuo romanzo?

Sì, il viaggio nel tempo è un tema molto trattato in letteratura e nella filmografia. La mia intenzione era creare un viaggio nel tempo che mi desse il destro per parlare del tema della follia. La cronaca è ben nutrita di racconti di mitomani che affermano di essere viaggiatori del tempo, ma anche di fatti inspiegabili. Il viaggio del tempo che ho proposto è nato dalla mia immaginazione e lascia una domanda aperta: tutto ciò che la scienza non è ancora in grado di spiegare va necessariamente etichettato come follia, suggestione, paranormale ecc.?

 

  • Teresa Baldeschi, una donna frammentata. Le sue memorie raccontano di un percorso durissimo e al tempo stesso inevitabile per la sua epoca, c’è qualcosa che hai tenuto per te di Teresa? Qualcosa che avresti voluto aggiungere, ma che invece è rimasto con te? Sì, parlo anche di quella lettera durissima che ha scritto a sua sorella, per esempio…

Che bella domanda! Esatto, Teresa è una donna frammentata, devastata dalla solitudine, abbandonata al suo dolore, una donna sottomessa, suo malgrado, a una società patriarcale, ma è anche una donna consapevole della sua verità, che vuole, attraverso le sue memorie, riscattarsi dai torti subiti. Non ho tenuto per me nulla di Teresa. Nel corso della storia, Teresa talvolta afferma di non volere entrare troppo nei dettagli della vita in manicomio per pudore di una realtà degradante per la dignità umana e per non turbare gli animi dei più sensibili.  Teresa non ama neanche parlare del padre perché lo ritiene degno di attenzione. In realtà, i suoi silenzi tagliano le ossa forse anche più delle sue parole.

 

    • Come mai hai scelto proprio una ricamatrice come protagonista?

Prima di iniziare a scrivere il romanzo ho visto nella mia mente, come accade a molti autori, delle immagini ben precise. Una delle prime era quella di una giovane donna intenta a ricamare davanti al camino, una scena domestica ordinaria a cui volevo dare una svolta straordinaria. I pizzi e i merletti sono difatti ciò che porteranno in qualche modo Teresa a viaggiare nel tempo.

Il cucito e il ricamo erano uno dei passatempi più comuni tra le donne dell’epoca. La condizione delle donne nell’Ottocento, come sappiamo tutti, non offriva grandi possibilità di affermazione fuori dal nucleo familiare.  Le donne della borghesia ribelli del sistema pagavano a duro prezzo il loro anticonformismo. La via all’emancipazione era  ancora lontana. Volevo che Teresa trovasse nella sua passione per il ricamo una via di fuga da casa accettabile, perlomeno non aspramente criticata dal contesto familiare e sociale. Teresa ha il suo giro di clienti, si fa apprezzare per la particolarità dei suoi pizzi e merletti e quindi riesce a ritagliarsi un piccolo spazio di autonomia. Detto ciò, i pizzi e i merletti di Teresa hanno anche una valenza simbolica per i colori che assumono nelle varie fasi della sua vita.

 

  • Serafina e Il professor Mureau sono due personaggi differenti tra di loro. Da una parte abbiamo la parte razionale e dall’altra una traccia evidente del Santa Margherita. Ci racconti qualcosa di più su di loro?

Il professor Mureau è un personaggio di fantasia, forgiato sull’impronta dei primi sostenitori di Freud, pronti a studiare le malattie mentali come fenomeni psichici e non come meri fenomeni organici legati alle strutture anatomiche del cervello. Il suo personaggio è dunque funzionale alla trama, laddove avevo necessità di muovere la storia ricorrendo alla tecnica dell’ipnosi, a cui si sottopone Teresa. Ma Mureau è anche un uomo aperto a tutto, uno studioso curioso, privo di preconcetti, pronto all’ascolto e capace di leggere il cuore delle sue pazienti. Con Teresa instaura una relazione quasi filiale, di protezione. Diviene per Teresa, sotto questo aspetto, il padre che Teresa non ha mai avuto. La dipendenza dottore-paziente, tanto paventata anche dallo stesso Freud, tra il professor Mureau e Teresa non si realizza e il rapporto prende una via diversa. 

Serafina ha in comune con Teresa l’essere una “diversa” e una profonda sofferenza dovuta a un’esperienza terribile vissuta nella sua infanzia. Le due donne si legano da una profonda amicizia. Si sostengono nei momenti più difficili durante il periodo di segregazione in manicomio. Anche Serafina, come Teresa, non riesce a perdonare, le piacerebbe, ma preferisce delegare il perdono a Dio. Ciò che impedisce alle due donne di perdonare è l’entità del torto subito e il fatto che chi ha compiuto loro del male non ha dimostrato alcun pentimento.   È chiara e rigida la sua posizione al riguardo. Teresa nel suo memoriale scrive: “Ho intitolato questo capitolo L’arte del perdono, ma non voglio che vi illudiate e che mi facciate migliore di quella che io non sia. L’arte del perdono non riguarda persone come me e Serafina. Persone come noi possono solo cercare di dimenticare e andare avanti. Quindi no, non perdonai mio padre. Non lo feci quando era ancora vivo e non l’ho fatto neanche dopo morto. […] Mio padre non mi chiese perdono e quindi non lo perdonai. Ma per onestà vi dico che, se anche lui me lo avesse chiesto, io non lo avrei perdonato.”

 

  • Pizzi neri e merletti grigi è come il grido di chi vuole dimostrare che le sue parole sono vere quando tutti affermano il contrario: com’è stato raccontare la reclusione di Teresa e il dopo?

Credo che non ci sia nulla che ci possa far sentire più soli al mondo del non essere creduti. Raccontare una storia di solitudine è stato difficile sul piano emotivo, come è stato difficile descrivere molte scene all’interno del manicomio, perché necessariamente, mentre lo facevo, visualizzavo le stesse nella mia mente.

Raccontare invece il riscatto di Teresa è stato un alleggerimento del mio animo da autrice.

 

  • Credi che sia solo per una promessa che abbia tentato di avere un dialogo con la sua famiglia o ne sentiva il bisogno?

Teresa ha la necessità di incontrare il padre sia per mantenere fede alla promessa fatta al professor Mureau, sia per provare a mettere suo padre dinnanzi alla sua coscienza, nel desiderio che l’uomo potesse comprendere gli effetti della sua condotta e soprattutto per una rivalsa personale.  Con le sorelle Teresa dimostra una certa indulgenza, perché, anche se in maniera diversa da lei, erano comunque sottomesse ai voleri paterni e, a loro modo, le hanno dimostrato pentimento.

Grazie ancora, Sandy, per lo spazio che mia hai dedicato con le tue domande puntuali e un saluto ai tuoi lettori.

Ringrazio Elisa per la sua disponibilità e vi consiglio di dare un’occasione ai suoi romanzi, non ve ne pentirete!

 

 

May the Force be with you!
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