Un libro per due: L’uomo che voleva uccidermi di Shūichi Yoshida

Instagram: @brivididicarta | @lastambergadinchiostro

È sabato e questo significa che io e Sara di Bookspedia condividiamo “Un libro per due”. Il protagonista di oggi è il romanzo di Shūichi Yoshida, “L’uomo che voleva uccidermi”, pubblicato da Feltrinelli, con la traduzione di Gala Maria Follaco.

Pagine 336

Acquistalo subito: L’uomo che voleva uccidermi

Editore: Feltrinelli
Collana: Universale economica. Noir
Traduzione: Gala Maria Follaco
Genere: Noir

Prezzo: € 9,90

In una fredda sera di dicembre, Ishibashi Yoshino saluta le amiche per andare a incontrare il suo ragazzo in un parco di Hakata, nella città di Fukuoka. Il mattino successivo, il cadavere della giovane viene rinvenuto nei pressi del valico di Mitsuse, un luogo impervio e inquietante: è stata strangolata. Chi ha ucciso Yoshino? Chi è l’uomo che doveva incontrare al parco? Perché la cronologia delle chiamate e dei messaggi del suo telefono cellulare racconta una storia diversa da quella che conoscono gli amici e i familiari? La morte violenta di una giovane innesca un intreccio di narrazioni accomunate dal senso di solitudine, dalla difficoltà di vivere in una società sempre più complessa, dalla desolazione dei paesaggi urbani, dall’incapacità di amare.

In questo sabato fatto di contrasti, dove l’inverno sembra giocare con la primavera, vi parlo di una lettura interessante proveniente dal Giappone, una delle tante rivelazioni di quest’anno per me: L’uomo che voleva uccidermi di Shūichi Yoshida. Devo ammettere che il suo modo di raccontare mi ha colpita, il suo stile infatti è molto scorrevole ed incisivo, riesce a penetrare fino in fondo all’animo dei suoi personaggi.

Per chi mi segue ormai avrà capito che quando scelgo una lettura cerco sempre qualcosa di particolare, che si muove in direzione opposta alle solite letture, per questo motivo un romanzo del genere mi è sembrato la scelta migliore per portare avanti la mia passione per la letteratura giapponese. A parte Haruki Murakami e Banana Yoshimoto non sono così ferrata in materia, Shūichi Yoshida quindi si aggiunge all’elenco di autori che conosco e di cui non vedo l’ora di leggere nuovi romanzi.

A volte pensando al Giappone ci sembra quasi di vedere un altro pianeta, un’immagine ben precisa e  così diversa dalla nostra idea di società che spesso ci viene da pensare come sia  possibile che un posto simile esista. Da quello che ci viene mostrato il Giappone è un paese ricco di cultura e tradizione antichissime, alcune uniche nel loro genere e probabilmente un po’ anacronistiche rispetto ai nostri tempi, ma è senza dubbio questo mix di antico e moderno a costituire l’anima di questa nazione, un conflitto interiore dal quale scaturisce una sorta di equilibrio precario ma allo stesso tempo coerente. 

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Shūichi Yoshida invece ci mostra un altro lato del Giappone, uno in cui la tecnologia gioca un ruolo fondamentale e si trasforma in un nascondiglio perfetto nel quale mascherare se stessi, diventando qualcos’altro pur di avere una scintilla emotiva alla quale aggrapparsi. Da dietro uno schermo la vita può assumere diverse forme, alcune piatte, come tutte quelle volte in cui non facciamo altro che  passare la giornata a scrollare la pagina iniziale di un sito o di un social network, ricaricando la pagina sperando di trovare qualcosa che accenda il nostro entusiasmo, altre invece diventa qualcosa di più poliedrico, un solido in continua mutazione a seconda del nostro bisogno.

Ishibashi Yoshino sui siti d’incontri muta in continuazione bugia dopo bugia tant’è che la finzione incontra la realtà anch’essa circondata da menzogne, fili sottili che continua ad intrecciare mentendo persino alle sue amiche. È il primo volto che diventa familiare dopo aver avuto un assaggio della sua famiglia, il suo punto di vista cresce e cambia, a seconda di chi si trova davanti, mostrando un personaggio fatto di luci ma soprattutto ombre ben marcate ed è proprio tra le tenebre che smarrisce se stessa, viene inghiottita e ritrovata morta poco dopo.

Da quel momento proprio come se fosse sotto la lente di un microscopio il romanzo si espande, ingrandisce altri volti presenti nella narrazione, mostrando poco a poco pagine popolate di solitudine, esistenze vuote, dalle quali emerge il malessere che come un filo si estende lungo tutto il libro. L’autore ha una visione critica e di conseguenza cruda del suo Giappone, non addolcisce la pillola, ma ci costringe a buttarla giù senza neanche bere l’acqua, portando alla nostra attenzione anche la parte superficiale delle persone che pur di dimenticare tutto il resto alimentano i loro vizi.

“L’uomo che voleva uccidermi” è un noir strepitoso, una lettura fuori dal comune dove aleggia il mistero, ma è soltanto un pretesto per raccontare ciò che non va in una società che sembra perfetta solo quando viene vista da occhi estranei. 

“Era sufficiente che non dicesse nulla, e avrebbe potuto riscrivere la propria storia come meglio credeva. Lì a Fukuoka, Sari aveva scoperto la gioia di inventarsi una versione ideale di sè”.

 

 

 

 

 

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