Music Monday: Il talento di Katia di Sara Catacci (Dalia Edizioni)

Il protagonista del music monday di oggi è  “Il talento di Katiadi Sara Catacci, pubblicato da Dalia Edizioni e segnalato nella XXXIV edizione del Premio Italo Calvino, il premio letterario per gli scrittori esordienti.

Instagram: @brivididicarta | @lastambergadinchiostro

Buongiorno, lettori! Com’è andata la prima settimana dal rientro al lavoro? Devo essere onesta, mi è sembrata una sessione di cardio fitness senza riscaldamento, sono arrivata al week-end distrutta. Oggi sono pronta a ricominciare una nuova settimana con la giusta carica e quindi eccomi qui a parlarvi di un libro capace di rompere ogni barriera: Il talento di Katia di Sara Catacci.

Quando prendi tra le mani un romanzo come “Il talento di Katia” vieni quasi persuaso dalla sua copertina, dalla malleabilità del suo involucro, che sia un libro leggero, “facile”, che ti potrà impegnare il tanto che basta a passare il tempo. Quando però lo apri e inizi a leggere capisci che, come accade spesso, l’apparenza inganna: la leggerezza si tramuta in spessore, la facilità lascia spazio agli interrogativi importanti, il tempo da riempire diventa invece un momento prezioso per riflettere. Raccontare la vita da un punto di vista differente mi fa pensare anche ai Tre Allegri Ragazzi Morti, gruppo che ho imparato ad apprezzare per la scrittura e il sound che riescono ad evocare immagini così suggestive da appiccicartisi addosso.

La ricerca disperata di un talento è uno scudo dietro il quale ripararsi nel momento in cui si cerca qualsiasi che possa distinguerci dagli altri, che faccia risaltare rispetto alla massa, perdendo di vista quali sono le vere caratteristiche che ci rendono unici. Certo, in alcuni casi il talento non ha neppure bisogno di essere cercato perché esplode così forte da risuonare incontrastato, un po’ come succede nel brano “La sindrome di Bangs” dei Tre Allegri Ragazzi Morti, dove il cantante è così bravo sul palco da essere definito divino solo quando si trova su di esso, mentre al di fuori è una persona come tutte le altre. È ironico citare il palcoscenico, vedendo un’esibizione a teatro Katia ha un’epifania che la convince del fatto che quello sia l’unico modo per risplendere veramente, avere un momento in cui i riflettori sono puntati tutti solo ed unicamente su una persona che incanta con il suo talento tutto il pubblico.

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Ovviamente il talento da solo non basta, ci vuole dedizione per coltivare le proprie passioni, anche quando sembra un viaggio difficile, impegnativo e logorante, tanto logorante da far sembrare scalare il Monte Everest una passeggiata. A volte purtroppo nonostante tutto questo impegno non si riesce a migliore abbastanza da sentirsi soddisfatti dal proprio talento, ma bisogna imparare a non lasciarsi andare, a ricominciare daccapo e accettare sia i propri difetti che i propri pregi, magari riuscendo a trasformare questi difetti nei propri punti di forza, mostrandoli senza vergogna.

Il caso di Katia però è particolare, infatti sta affrontando un percorso più complesso rispetto agli altri, oltre al suo talento è impegnata a districare il folle labirinto che è la sua identità, un’enigma di cui non riesce a trovare la soluzione, almeno non una soluzione semplice. In questo caso la sua ricerca del talento non è soltanto un modo per farsi apprezzare dagli altri ma è anche una ricerca di sè stessa, in bilico su un’altalena che non sa se pendere da una parte o dall’altra. 

Se da una parte dell’altalena c’è Katia che cerca di mantenere l’equilibrio, dall’altro c’è Bruno, che senza rendersene troppo conto invece lo fa crollare, mettendo su questa delicata bilancia un peso che una persona non è sempre pronta a portare con sé. Infatti vediamo come attorno a Katia la vita va in pezzi come uno specchio, da una parte ci sono i suoi genitori sempre più distanti sia da lei che fra loro, dall’altra c’è una bambina che deve fare i conti con quello che le manca per decifrare l’altra parte di se stessa, Bruno.

«Io sono sempre lì come un riflesso, come il sorriso di nonna Lucia sul vetro della sua stanza che dà sul mare, mentre le pettino i capelli».

Come accade anche stavolta in una canzone dei Tre Allegri Ragazzi Morti, Katia e Bruno vivono su due mondi diversi, uno va veloce e l’altro va lento, quasi sospeso, ma vivono entrambi lo stesso tempo, sono due facce della stessa medaglia inconsapevoli dell’esistenza certa l’uno dell’altra, ma allo stesso tempo sono le due metà di un individuo che esiste per davvero, dividono lo stesso corpo, ma hanno pensieri diversi, vivono la stessa vita ma la vedono sempre con occhi diversi. Ma alla fine dei conti ciò che importa è che in ogni caso tutti e due formano uno e senza una delle due parti l’altro non potrebbe esistere.

Sara Catacci racconta la Sindrome da Insensibilità agli Androgeni o nota anche come Sindrome di Morris mettendo in risalto l’esperienza di Katia, ciò che sta disperatamente cercando di comprendere, ma che per mancanza di un dialogo con i suoi genitori non riesce mai ad afferrare completamente, cercare se stessi in questo caso diventa davvero una caccia al tesoro dentro un labirinto senza fine e questa volta è difficile trovare il filo di Arianna che ti conduca all’uscita.

Non serve un talento per accettare sé stessi, ma serve talento per trovarsi.

Alla prossima!

 

 

 

 

 

disclaimer: si ringrazia l’ufficio stampa di Dalia Edizioni per la copia omaggio.

 

 

 

 

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