Let’s talk about: Il Gigante di Ferro di Brad Bird (1999)

Grazie a @carlo.salvato per la bellissima illustrazione!

Si torna a parlare di film con l’unico e inimitabile lungometraggio di animazione, Il gigante di ferro, a cui sono particolarmente legata perché rappresenta un pezzo della mia infanzia.   

Se mi seguite su Instagram saprete ormai che da un po’ di tempo a questa parte sto rivedendo molti film di animazione classici, quelli che mi hanno accompagnato durante la mia infanzia e che rivedrei sempre.

La storia di oggi è incentrata su Hogarth, un bambino che si ritrova alle prese con un enorme robot alieno precipitato sulla terra. Dopo questo incidente il governo manda uno dei suoi uomini ad investigare sulla possibilità di un’invasione aliena, ma il bambino cerca disperatamente di nascondere la presenza del robot agli occhi del funzionario governativo Kent Mansley e assieme ad un rigattiere-artista, Dean, inizia a conoscere questo robot, insegnandogli il valore della vita e della gentilezza.
Ovviamente la pace per loro dura poco, infatti Mansley non tarda a scoprire cosa nasconde il piccolo Hogarth e minaccia di distruggere il suo nuovo amico ad ogni costo.

Ciò su cui vorrei riflettere nel mio articolo è il perchè questo film è diventato un classico senza tempo, uno di quei cartoni animati che restano impressi nella memoria di chi lo guarda, facendo riflettere adulti e bambini sulla complessità dell’animo umano e delle emozioni che lo muovono.

In questo caso il primo insegnamento che il protagonista impartisce al gigante di ferro è che si può scegliere cosa diventare nella vita, scegliere se distruggere le persone o proteggerle, scegliere fra essere Superman o Atomo, la minaccia metallica.
Il solo pensiero di poter provare a riprogrammare un cuore elettronico, come quello del gigante, con le parole è qualcosa di rassicurante, un tentativo di dimostrare che persino il metallo può avere un cuore e scegliere di creare invece che distruggere.
Lo stesso Hogarth capisce che se viene insegnato l’odio a qualcuno che non lo conosce si rischia di tramutarlo in un mostro senza emozioni, quindi cerca in tutti i modi di proteggere il gigante dallo sfrenato odio che Mansley prova nei suoi confronti.

Kent Mansley è un uomo vile e stressato dai suoi continui fallimenti, un funzionario del governo che deve sempre subire le angherie dei suoi superiori senza poter aprire bocca nonostante sia convinto di avere sempre ragione. Un uomo come lui farebbe di tutto pur di proteggersi da un’invasione aliena e da un attacco dei russi, in fondo durante la guerra fredda i nemici dell’america erano proprio i comunisti con il loro stile di vita sovietico. Mansley odia tutto ciò che è diverso da lui, vuole distruggere ad ogni costo tutto ciò che minaccia la sua vita e il suo paese.

Una delle cose più prodigiose del film credo che sia proprio il cambiamento del robot che si trasforma e muta se stesso diventando Superman e spogliandosi delle vesti di Atomo.

Se penso ai motivi per cui questo film è riuscito a fare breccia nei cuori di tutti non posso far altro che pensare alla sua forza nel narrare una storia importante, un’amicizia che va oltre lo spazio infinito e abbatte tutti i pregiudizi. In fondo chi non penserebbe che un robot di 30 metri non voglia ucciderlo in maniera barbara? Se vedessi una cosa simile per strada penserei subito che l’apocalisse è arrivata, ma questo ragionamento non vale per il gigante di ferro che si mostra per la prima volta in città nei panni di eroe che tenta di salvare un bambino, ma che viene tramutato dall’ignoranza di Mansley in una terribile macchina di morte.

Ovviamente il fascino di questo film è rappresentato anche dal suo protagonista extra large, un robot gigante che arriva dallo spazio, ma la genialità di questo personaggio sta nel fatto che a differenza degli altri film non è precipitato sulla Tour Eiffel, sull’Empire State Building o sul Big Ben, è caduto in mezzo al mare, vicino ad una cittadina sperduta nel nulla, una situazione realistica che si evolve in una storia fantastica, il giusto mix di emozioni necessarie a trasformare un film in capolavoro.

Senza dubbio questo è uno di quei cartoni animati che segnano un’epoca, un precursore dell’attuale moda del vintage, un ritorno agli anni ’60 che ci catapulta nella fantasia di un bambino che vede un amico anche nell’invasore alieno di turno. 
Credo che il mondo dovrebbe imparare molto da Hogarth, ma dovrebbe imparare ancora di più dal gigante di ferro, un robot giunto sulla terra per conquistarla che sacrifica se stesso per salvare le stesse persone che lo hanno rifiutato e attaccato senza pietà. Credo che sia proprio questa la definizione di “Eroe”.

Buona visione.

“Tu sei chi scegli e credi di essere.”

 

May the Force be with you!
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