Showtime: Game Over – Kiss me first (Netflix)

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È passato un po’ di tempo dall’ultima volta che vi ho parlato di serie tv e non lo nascondo, un po’ mi è mancato, ci sono stati diversi telefilm che mi hanno colpita, ma per mancanza di tempo non sono riuscita a parlarvene. Quindi, ripartiamo da qui, da Kiss me first, serie targata Netflix.

Kiss Me First è una serie britannica di Channel 4, creata da Bryan Elsley e basata sull’omonimo romanzo di Lottie Moggach, pubblicato in Italia da Nord.

Il telefilm è stato in seguito distribuito su Netflix all’estero, ragione per cui oggi vi parlerò degli aspetti che mi hanno colpita, un po’ come feci con Vikings, articolo che aveva dato il via a questa rubrica. Che dite, cominciamo?

Composta da sei episodi, la serie esplora il lato oscuro della realtà virtuale, quello di cui abbiamo sentito parlare ai telegiornali e abbiamo avuto modo di toccare con mano grazie alla tecnologia VR e di immersione che sono state sviluppate negli ultimi anni. Un assaggio di ciò che si cela dietro ce lo hanno offerto anche “Black Mirror” e “Ready Player One” nei loro universi.

Benvenuti ad Azana, un intero pianeta immerso nella realtà virtuale, costruito da Ruth Palmer e i suoi collaboratori al solo scopo di intrattenere il mondo intero con un videogioco pronto ad ospitare i desideri di tutti i suoi visitatori. 

In questo mondo, inizialmente concepito come un immenso campo di battaglia sul quale i giocatori potevano divertirsi sparando ad ogni cosa che si muoveva, hanno trovato rifugio anche persone che avevano bisogno di un posto diverso dove poter evadere dalla realtà di tutti i giorni, che fosse bella o brutta. Fra tutti questi, però, ce ne sono alcuni in particolare che hanno trovato il loro piccolo Eden, lontano dalle battaglie e dalle missioni, dove poter trascorrere in pace la loro vita virtuale, senza dover rendere conto a nessuno della loro esistenza.

Leila Evans ha sempre usato Azana per divertirsi, spiccando il volo dalle nubi più alte per poter scrutare meglio ciò che aveva da offrire quel pianeta, battaglia dopo battaglia dimostrando la sua forza ai suoi colleghi virtuali. Tutto questo era la sua realtà fino alla morte di sua madre, da quel momento qualcosa su Azana cambia, entra in contatto con una ragazza, Mania, che si fa viva anche nella sua vita reale. Sarà proprio lei a farle da ambasciatrice verso il mondo di Adrian, il red pill, un posto isolato dal resto del pianeta e accessibile solo su invito.

All’inizio sembra tutto perfetto, un posto dove essere felici e liberi lasciandosi alle spalle i noiosi combattimenti del gioco, dove nessuno tenta di ucciderti per guadagnare punti, ma come spesso accade il paradiso più radioso in breve tempo può diventare il più terribile inferno. Infatti, sebbene i ragazzi di red pill non debbano combattere con le armi, lo devono fare ogni giorno nella loro vita reale perchè ognuno ha i suoi problemi e convive con le proprie cicatrici, che nella realtà virtuale vengono messe a nudo, rendendo tutti loro vulnerabili e di conseguenza facili bersagli di un avido predatore.

La vita di Leila improvvisamente cambia, in lei si apre uno spiraglio che le permette di assaggiare per la prima volta il sapore vero della vita, lontano da atrocità e problemi, un modo semplice per entrare a far parte di qualcosa più grande di lei e l’occasione di trovare qualcuno a cui volere bene oltre alla sua defunta madre. 

Ciò che colpisce dei membri di red pill è che ognuno di loro soffrono o vivono situazioni drastiche, le loro vite sembrano sprofondare negli abissi, ogni giorno vanno sempre più a fondo e questa è proprio una delle parti più interessanti del telefilm, ovvero la facilità con cui la vita reale di ognuno si intrecci a quella virtuale, in maniera cruda, senza filtri, senza nessun ancora pronta a salvarli in caso si spingessero troppo oltre. 

Fin da subito si capisce dove si sta andando a parare, red pill non è altro che una gigantesca trappola, ordita da qualcuno che pensa di aiutare gli altri spingendoli al limite, mandandoli in un “posto migliore” convincendoli che sono proprio loro a voler scegliere la via più facile per liberarsi dei loro problemi: il suicidio.

Adrian trasforma il dolore e il bisogno di attenzione dei suoi amici virtuali in vere e proprie armi, creando per sè stesso un nuovo Azana nel mondo reale, manipolando le persone e facendo fare loro esattamente ciò che vuole con l’unica differenza che non ci sono vite extra e che delle loro esistenze interessa a pochi. 

Questa serie ha dei punti di forza, i temi che tratta oltre ad essere attuali sono anche importanti, ma a mio parere non sono stati sfruttati appieno. Ci sono stati dei momenti di smarrimento totale in cui il telefilm sembrava andare alla deriva, un po’ come la vita di Leila, che per quanto realistica evidenzia in maniera abbastanza netta delle situazioni che non potrebbero (mai) verificarsi nella vita di tutti i giorni. Ovviamente posso sbagliare, ma credo che nessuno aprirebbe la porta a un tizio strano che chiede di entrare perchè vuole affittare una stanza, figuriamoci farlo entrare in casa quando si  è da soli e in lutto. Credo che realisticamente, invece, chi sta vivendo un lutto sarebbe capace di allontanare chiunque si presentasse davanti  alla sua porta.

Ciò nonostante, l’alternarsi di realtà virtuale e vita vera è stato curato nei minimi dettagli, lo si vede nel modo in cui Azana è stato concepito e nel suo utilizzo, a tratti agghiacciante quando Adrian comincia a mostrare gli artigli. Il collare che vedete nel banner in evidenza è uno degli strumenti utilizzati per far sì che l’esperienza con la realtà virtuale diventasse ancora più intensa, infatti è grazie a quello che è possibile sentire sul proprio corpo tutto in maniera vivida, un po’ come se si fosse realmente lì.

Tirando le somme, è una serie che vale la pena vedere e che apre gli occhi sui pericoli di un mondo che diventa sempre più presente nella vita di tutti i giorni, la stessa realtà virtuale su cui carichiamo i nostri selfie e tutto ciò fa parte delle nostre vite dalle password dei conti bancari ai video dei bambini che muovono i loro primi passi. 

May the Force be with you!
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