The Whispering room: Arrivò i primi di gennaio di Livin Derevel

Ricordati che qualsiasi momento è buono per cominciare. Apprendi dagli audaci, dai forti, da chi non accetta compromessi, da chi vivrà malgrado tutto. Alzati e guarda il sole nelle mattine e respira la luce dell’alba. Tu sei la parte della forza della tua vita. Adesso svegliati, combatti, cammina, deciditi e trionferai nella vita; Non pensare mai al destino, perché il destino è il pretesto dei falliti.
(Pablo Neruda)

 

La nostra rubrica The Whispering Romm ritorna in pieno fermento, protagonista di oggi è Livin Derevel con il suo nuovo romanzo, Arrivò i primi di gennaio, in uscita il prossimo ottobre. Una storia romantica dalle sfumature arcobaleno ci racconta quanto può essere movimentata l’adolescenza.

 

Editore: Self
Data di uscita: 2 ottobre 2019
Pagine: 588
Prezzo: 3.99 € ebook ; 17.00 € cartaceo

Tra i corridoi della Franklin Gooding Junior High School, Vermont, c’è sempre un gran daffare. Suze ha appena scoperto di essere incinta del fidanzato già bello che partito per New York, all’inseguimento di un sogno che sembra non gli lasci nemmeno il tempo di guardarsi indietro. Ash è il playboy della scuola, la borsa di studio in tasca e un futuro pieno di aspettative, nonché di un piccolo segreto che sa che non potrà tenere proprio per sempre. E un freddo giorno di gennaio ecco arrivare Lian, con l’abbronzatura di Los Angeles e gli occhi turchesi, eccentrico, brillante, linguacciuto e bellissimo, pronto a creare scompiglio e farsi perdonare scoccando incantevoli sorrisi. Senza dimenticare Gloria, Neil, Jamie, Cody, Chris, Lauren e una girandola di compagni vecchi e nuovi, deliziose infatuazioni arcobaleno, insegnanti fuori dagli schemi, suggestive escursioni sulle Green Mountains, baci rubati sotto fiocchi di neve e vere amicizie che sfidano il tempo e le distanze.
D’altronde, se non è movimentata, che adolescenza è?

 

#Bottaerisposta

 

 

  • Come è nata l’idea di Arrivò ai primi di gennaio?

Come tutte le mie idee: per caso. Diciamo che non sono un’autrice che scrive di getto. Prima di mettermi seriamente a lavorare su un testo devo aver pensato e ripassato nella mia mente i pilastri: i personaggi, il contesto, la trama, gli eventi. Lascio passare i giorni e sogno spesso a occhi aperti, raccolgo le ispirazioni istantanee e scarto opzioni, mi contraddico e cambio strada, arrivando a farmi veri e propri film, che sono poi collage di tante suggestioni. Forse, ciò che mi mise per prima la pulce nell’orecchio fu la canzone “Teenage dream” di Katy Perry – da cui poi anche la duologia ha preso il nome. Come artista mi lascia del tutto indifferente, ma quella canzone mi colpì per la soave leggerezza con cui raccontava un amore adolescenziale, pieno di sfumature pastello e dichiarazioni enfatiche, frasi a effetto e, seppur nel suo contenuto banale, passione. Oltre al fatto che, alla fin fine, è una canzone orecchiabile. Pensai che mi sarebbe piaciuto dedicarmi a una storia young adult – ambientata quindi in un liceo – e provare a raccontare la vita di uno o più adolescenti alle prese con le splendide, tremende, totalizzanti cotte giovanili, tra drammi insormontabili e piccole vittorie, tra baci e pianti, mixati con le vicissitudini quotidiane che, di solito, aiutano a non impazzire. Lo spunto di base si è modificato gradualmente, trasformandosi in un romanzo coming of age –focalizzato sulla crescita personale dei miei protagonisti, sui loro desideri e aspirazioni, su quelle decisioni da prendere quando si è a un passo dal diventare adulti.

Detta così sembra una noia devastante, ma giuro che c’è anche dello humor.

 

 

  • C’è un episodio che ti si è delineato prima degli altri?

Direi di no. Quando avverto la necessità di scrivere parto da un concetto, da una visione d’insieme della storia, per cui i singoli episodi che ne scandiscono l’andamento si sviluppano pian piano, a seconda della piega che prende la storia stessa man mano che si svolge.

Faccio molto affidamento sulle mie sensazioni.

 

 

  • Descrivici i protagonisti della storia.

Sono pessima in questo genere di cose… i miei personaggi hanno certi caratterini. Sapete cosa? Credo proprio che lascerò a loro l’onore di presentarsi da soli!

 

Ciao, io sono Suzanne, ma preferisco essere chiamata Suze.

Ho appena scoperto di essere incinta di Brixx, il mio fidanzato. Lo amo, ci amiamo, ma lui è partito per andare a New York e frequentare una prestigiosa scuola di musica perché diventare un famoso musicista è il suo sogno di sempre. E non so come dirgli che le nostre vite presto verranno travolte da questa novità. Frequento l’ultimo anno di liceo e anch’io coltivo il sogno di diventare una counselor, ma ora il mio futuro sembra un enorme salto nel vuoto, da cui non so se fuggire o se buttarmici a testa bassa, perché sono terrorizzata da quel che potrebbe succede a me, al bebè in arrivo, a noi. Ho ancora un po’ di tempo prima di capire cosa fare, e nel frattempo mi distraggo con le attività scolastiche, con lo studio, confezionando orecchini in fimo e chiedendo consigli alla nonna, sperando che non capisca la verità. Quando mi sento alla deriva penso al mio migliore amico, Ash, il quale è una roccia, e vorrei essere in grado di essere al di sopra di tutto come fa lui.Vorrei essere coraggiosa quanto lui.

 

Io sono Ashley. Ash.

La matematica è la mia vocazione, e ho già in tasca una borsa di studio per una delle università migliori degli States. Mi piace la mia vita, amo i miei genitori, ho degli amici stravaganti di cui non potrei fare a meno, mi sento a mio agio con me stesso e con la mia fama di essere un playboy – le ragazze non mi resistono e io non mi tiro indietro se c’è bisogno di divertirsi senza impegno. Oh, sono bravo a cucinare e sono poco modesto. Ma qualcuno dovrà pur esserlo. Stavo facendo un tranquillo conto alla rovescia per la mia vita a Cambridge finché a scuola non è arrivato un nuovo studente, che credo abbia infranto qualunque buon proposito avessi. Perché ho un segreto, e volevo che rimanesse tale almeno fino all’università. Ma ora tutto sembra aver cambiato prospettiva, e all’improvviso mi guardo allo specchio senza sapere chi dovrei essere.

 

Ciao, sono Lian! Il mio nome è Killian, ma me lo riservo per quando devo fare scena.

Sono nato e cresciuto a Los Angeles, mentre ora ci siamo trasferiti in Vermont. Un bel salto per uno che soffre il freddo, eh? Ma i cambiamenti non mi spaventano, anzi. I paesaggi qui sono da lasciare senza fiato, la nuova scuola è ordinata e retrò, gli studenti sono (quasi tutti) simpatici e io adoro guardarmi intorno, conoscere gente, attaccare bottone, esplorare posti nuovi, portare un po’ di scompiglio – ma lo faccio sempre in buona fede. Detesto le etichette. I miei genitori hanno sempre assecondato la mia libertà di espressione senza impormi paletti precostituiti, perciò non ho problemi a vestirmi e pettinarmi in maniera anticonvenzionale, dire quello che penso, indossare piercing e orecchini, scoccare un bacio a una ragazza e tenere per mano un ragazzo – e vorrei davvero che nessuno sentisse il bisogno di sembrare ciò che non è, dimenticandosi di essere felice. So di essere un bel ragazzo, ma giuro che non ne approfitto – di solito – ho un mucchio di pregi e di difetti e detesto la matematica. E lei detesta me. Purtroppo in questo nuovo liceo mi tocca ottenere dei buoni voti, per cui mi è stato assegnato un supporter per delle lezioni aggiuntive… Le lezioni sono terribili, il supporter è molto carino, così carino che quasi quasi rischio di farmi venire il batticuore per lui.E non credo sia una buona idea perdere la testa per Ash.

*Clap clap*

Questi sono i tre personaggi principali, ma la storia non sarebbe la stessa senza i coprotagonisti, le famiglie, gli amici, le comparse che vanno a costruire quel mosaico caotico e divertente che ognuno di noi ha vissuto – o vive – nell’adolescenza. Peccato che mi siano sfuggiti prima che riuscissi a portarli qui!

 

 

  • Quale dei tuoi personaggi è il tuo preferito? Hai qualcosa in comune con lui/lei?

Non ho un personaggio preferito. Confesso di avere un rapporto piuttosto anomalo con gli attori dei miei drammi ed è molto difficile che io scriva di qualcuno non cui non ho feeling. È un’affermazione al limite della psicopatia, ma tant’è. Tengo molto al fatto che i miei personaggi abbiano personalità ben delineate, che le loro azioni siano coerenti e non vengano mai snaturati da eventuali forzature. Voglio che il loro spessore sia reale, e che leggendo di loro chiunque possa pensare “Ehi, conosco una persona così”. Più volte mi è capitato di dover riscrivere interi capitoli perché le cose “non funzionavano”, e gli eventi o i dialoghi non corrispondevano al carattere di chi era sulla scena. Talvolta credo di essere solo uno strumento esterno, due mani su una tastiera mentre sono i protagonisti a darmi le giuste indicazioni perché la trama si svolga secondo una linea da me conosciuta soltanto a gra

ndi linee. Strana sensazione, eh?

 

 

  • Come mai hai scelto di scrivere un romanzo LGBT?

Scrivo LGBT da quando avevo, credo, 11 anni. Chiaro, all’epoca erano abbozzi arruffati di storielle senza direzione (e speriamo di essere migliorati), ma ero già consapevole di voler scrivere di relazioni che andassero oltre le banali storie d’amore che mi propinavano i romanzi, o la televisione. Anch’io, un po’ come Lian, sono stata cresciuta libera da molti tabù, perciò da giovane mi chiedevo spesso perché non esistessero storie più aperte, meno prevedibili e scontate, meno incastonate in schemi predefiniti che mi sembravano fatti con lo stampino. Solo crescendo mi sono accorta che, in effetti, lo stampino esisteva realmente e si chiamava “romanzo rosa”.

 

  • Quale è stata la tematica più difficile da sviluppare?

L’amore. Secondo me, il concetto di amore va molto oltre quello che ognuno di noi crede. Siamo abituati ad aspettarci qualcosa di preciso, definibile e ipotizzabile quando sentiamo o leggiamo la parola “amore”, ne incaselliamo la percezione e ci affidiamo alla nostra aspettativa, convinti che ne rispetti i limiti, le convenzioni, i fini, persino le reazioni. Penso che sia una leggerezza, da parte nostra. In questo romanzo – ma anche in tutte le mie opere – vorrei riuscire ad espandere il significato di “amore”, slegandolo dalla normale, rassicurante concezione che ne abbiamo per rendergli la sua connotazione di sentimento indomabile e insondabile, fortissimo e trascendente, così intimo e personale da cambiare forma, colore, odore, voce per ogni sguardo che gli lanciamo. In “Arrivò i primi di gennaio” ho cercato di essere quanto più delicata possibile nell’esaminare l’amore in alcuni dei suoi caleidoscopici aspetti, sforzandomi comunque di non scivolare su quello stampino “rosa” di cui ho il terrore. L’amore di Suze per il fidanzato distante, messo alla prova dal timore che un grande stravolgimento ne incrini la solidità. L’amore di Ash per la matematica, che non è solo una materia scolastica quanto una passione, una missione, un talento da coltivare come se fosse il seme di un fiore raro. L’amore di Lian per la libertà, per la sincerità, per il desiderio di permettere a chiunque di esprimersi senza paura di venire giudicato. Poi, l’amore indiscusso per gli amici che sono lì accanto da una vita, tra alti e bassi, tra gioie e dolori, sempre. Per i genitori che si ha paura di deludere, di ferire, di perdere. Per i figli che sono un mistero e una gioia, da cui ci si aspetta a volte nulla e a volte troppo, e che si vorrebbero proteggere da tutto, compresi da se stessi. Per le proprie radici e per i ricordi da cui è impossibile separarsi, che spingono a voltarsi indietro e provare nostalgia. E potrei continuare, perché credo che l’amore sia un grande velo cangiante che cambia tonalità per ogni angolazione da cui lo si guarda – e per ogni persona che lo prova.

 

 

  • C’è un episodio che non hai scritto nel romanzo e vuoi condividere con i lettori?

Direi di no. Nessun rimpianto verso le scene tagliate: quel che è nel romanzo è ciò che avrebbe dovuto esserci.

 

 

  • Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Conquistar il mond…Ah, progetti letterari? Beh, finire il secondo romanzo della duologia “Teenage Dream”! In realtà la stesura è già quasi completa e mancano solo gli step finali, quindi non sarà una grande impresa – e mi auguro che ci sarà qualche lettore curioso di sapere come proseguiranno le avventure dei nostri giovani eroi. Dopodiché, ho la mia cartella delle storie in incubazione. Ce ne sono così tante che, quando sarà il momento, avrò soltanto l’imbarazzo della scelta di quale portare avanti per prima. E poco tempo per farlo.

 

 

#Conosciamol’autrice

Livin Derevel è una pessima biografa di se stessa. Scribacchia fin da piccola sulla scia delle sue letture preferite, nella speranza di condividere con i lettori qualche momento d’evasione da questa realtà che – come diceva Baricco – non è un granché. Ama i dettagli, le ricerche, i paesaggi, il silenzio, la cultura. Ha iniziato a pubblicare con case editrici (mai EAP) dal 2011 e, dopo anche avervi lavorato, ha deciso di aver vissuto abbastanza brutte esperienze da preferire fare da sé. Scrive di letteratura Rainbow perché qualcuno deve pur farlo.

 

 

 

 

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