The whispering room: Cracker di Silvio Perego

 

Ricordati che qualsiasi momento è buono per cominciare. Apprendi dagli audaci, dai forti, da chi non accetta compromessi, da chi vivrà malgrado tutto. Alzati e guarda il sole nelle mattine e respira la luce dell’alba. Tu sei la parte della forza della tua vita. Adesso svegliati, combatti, cammina, deciditi e trionferai nella vita; Non pensare mai al destino, perché il destino è il pretesto dei falliti.
(Pablo Neruda)

 

Editore: Haiku Edizioni
Genere: Noir, thriller
Pagine: 217
Prezzo: 2.5 €
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Ambientata tra le contee di Georgesand e Burberry, che rappresentano verosimilmente la classica provincia americana, l’opera racconta una serie di omicidi commessi da un killer che, nel testo, mette a nudo la propria anima e i propri pensieri raccontando in prima persona e in maniera del tutto introspettiva ciò che ha intenzione di fare e spiegando i suoi motivi.

Le indagini sono svolte da competente sceriffo Milo Wallace (secondo personaggio principale del romanzo) che comunque non riuscirà a prendere il killer se non fino a quando non è il killer a deciderlo lasciandosi prendere senza opporre resistenza.

 

 

  • Come è nata l’idea di Cracker?

Il libro non è figlio di un’ispirazione letteraria. Quindi nessuna frase che ti gira in testa, nessun momento catartico, nessun incontro particolare che ti cambia la vita, insomma nessuna illuminazione. Il libro – purtroppo- trae spunto da un evento di cronaca realmente accaduto circa vent’anni fa negli Stati Uniti.  In quel periodo, successe che una bella mattina un tizio iniziò a sparare alla gente, a caso, senza nessun motivo particolare e andò avanti a farlo per i giorni successivi, fino a quando lui non decise di farsi catturare. La cosa che mi colpì non fu tanto la follia ripetuta del gesto quanto la morbosità che si venne a creare, e che fu costruita dai media per questa vicenda. Riuscirono a creare, in tutti credo, perché per me fu così, un’attesa, un interesse, una spettacolarizzazione dell’evento come se si stesse aspettando un servizio sui risultati delle partite.

I fatti si svolgono negli Stati Uniti, ti ho detto, e quindi con fuso orario di 6 ore dopo il nostro e in radio,  su internet si susseguivano speciali e continui aggiornamenti. Io arrivavo in ufficio e la prima cosa da fare era vedere se questo individuo aveva sparato a qualcuno o no, e dove. E come me penso lo facessero tutti. A ripensarci mi vengono ancora i brividi per quello che lui faceva direttamente e per quello che il mondo intorno faceva di riflesso.

Un altro aspetto che mi ha stimolato a narrare l’accaduto è stato quello di provare a pensare a quello che può pensare un uomo che decide di commettere certi atti (e qui si spiega l’uso della prima persona quando si tratta del killer). Da quello che ho letto negli articoli che ero riuscito a trovare, da quello che sono riuscito a ricostruire sembra che lui sparasse alla gente perché  guidato da Dio , da ordini superiori. Altre teorie parlavano una vita difficile trascorsa in prima linea in zone di guerra; un’altra dava la colpa ai problemi con la ex moglie. Milioni di forse che alla fine si possono spiegare anche con un atteggiamento folle.

La mia speranza è quella di essere riuscito, almeno un minimo, a raccontare, a sviscerare, a srotolare la storia senza averla sfruttata più di quello che già era stato fatto. Il mio interesse era semplicemente dettato dalla curiosità di provare a capire e magari trovare una giustificazione a quello di cui è capace l’uomo. Non so se ci sono riuscito ma questo lascerei che siano i lettori a valutarlo.

 

  • C’è un episodio che le si è delineato prima degli altri?

No. Nessun episodio ha la precedenza sugli altri. Gli eventi si evolvono rispettando un ordine cronologico. Non ci sono morti migliori degli altri. Le vittime vengono scelte a caso e questa casualità viene rispettata nel libro.

Il fatto, inoltre, viene trattato come un articolo di cronaca senza troppi abbellimenti. Non avevo l’interesse di cogliere in pieno la tragicità quanto piuttosto coglierne il senso e alla fine spero non ne sia venuto fuori soltanto un giro in macchina con l’assassino…

 

  • A quale dei suoi personaggi è più legato?

Forse rischio di essere ripetitivo ma i personaggi con cui posso dire di essere più legato sono le vittime. Ovvio che il personaggio del serial killer non può non affascinare o il poliziotto di provincia competente e tenace non possa non suscitare simpatia però non posso passare sopra a queste persone immerse nella loro quotidianità, indaffarati a svolgere piccole attività come potrebbe fare chiunque in qualsiasi momento o indifese, ferme a riposarsi su di una panchina; no, non posso usarle cinicamente e pensare a loro solo come a un contorno, non sarebbe umano. Diciamo che mi viene naturale andare a identificarmi con loro, con le vittime, con la casualità con cui sono state scelte, non trovo giusto morire in una tragedia senza senso; sventurata la terra che ha bisogno d’eroi.(Brecht). Sto con loro.

 

  • C’è qualche curiosità che non ha scritto nel romanzo e vuole condividere con i suoi lettori?

Legato al romanzo no, non c’è nessuna curiosità né nessun aneddoto particolare. Tenendo conto che il romanzo l’ho scritto in un tempo relativamente breve, quasi di getto, dopo essermi sorbito e aver assorbito l’aggressione mediatica che si era creata, e l’aver buttato fuori in un rigetto totale tutto il panico che si era venuto a creare no, e che – caso del tutto eccezionale – ho trovato l’editore disposto a pubblicarlo quasi subito… non mi viene in mente nessuna singolarità da raccontare… l’unica cosa è il fatto di averlo lasciato una decina d’anni in fondo a un cassetto prima di superare il senso di colpa per aver scritto di questa tragedia e convincermi a sottoporre il testo a qualcuno. E non sono convinto di esserci ancora del tutto riuscito.

 

  • Quale messaggio vorrebbe arrivasse a chi legge il suo libro?

Provare a pensare se una cosa del genere succedesse qui da noi, fuori dal supermercato dove andiamo di solito a fare la spesa, all’automatico, mentre accompagni il bambino a scuola o mentre aspetti l’autobus… senza arrivare a questi estremi, mi piacerebbe si riflettesse di più sul senso di precarietà e provvisorietà… magari aiuterebbe tutti a vivere un pochino meglio tutti i giorni.

 

  • Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Sorvolando sul fatto che per un autore emergente devi prendere un po’ quello che viene e quindi può essere complicato fare programmi a lunga scadenza…  non ho molti progetti in questo periodo. Certo, in cantiere c’è sempre qualcosa ma il tempo da dedicare alla scrittura, con il lavoro e la famiglia, è sempre meno e così, al momento, sto facendo davvero molto poco. Non nego che mi piacerebbe tornare a lavorare su un romanzo: costruire personaggi e imbastire storie è semplicemente favoloso ma occorre dedizione, pazienza. Approfondimento. Letture e riletture del testo. Tagli e lavori di lima. Non è semplice scrivere un romanzo che stia in piedi e regga fino alla fine: i romanzi non si scrivono da soli e richiedono molti sforzi. Probabilmente mi occuperò di poesia, non che sia più facile trovare sbocchi editoriali però è una forma di scrittura che mi viene più naturale e che prediligo per la maggiore spontaneità e immediatezza. Qualche idea c’è, vediamo cosa si riesce a fare.

Intanto ti ringrazio per lo spazio che mi hai messo a disposizione e per la bella chiacchierata e grazie anche e soprattutto per avermi ridato la possibilità di tornare a parlare di Cracker che, tra l’altro, sta iniziando una seconda vita dopo essere stato tradotto in spagnolo, un paio di mesi fa. Speriamo bene.

 

In bocca la lupo!

 

 

May the Force be with you!
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