The Whispering room: L’eremo nel deserto di Francesco Grimandi

Oggi vi presento il nuovo romanzo di Francesco Grimandi, L’eremo nel deserto, disponibile su amazon già dal 14 novembre. Pronti a scoprirlo?

14 Novembre

Acquistalo subito: L’eremo nel deserto

Editore: Self Publishing
Genere: Romanzo Storico

Prezzo: € 2,99
Pagine: 175

Se la Storia non fosse come ci è stata tramandata?
Palestina, Anno Domini 1196.
L’incoronazione di Enrico VI di Svevia, secondogenito di Federico I Barbarossa, ha posto in essere la temuta unione di Impero e Regno di Sicilia, avversata dal Papa e dalla Chiesa, imponendo un nuovo modus vivendi carico di conseguenze sul piano politico. Anche la caduta di Gerusalemme (1187) ha costretto a nuove priorità e solo un’altra crociata potrebbe ristabilire le pretese di dominio della cristianità sull’Oriente. In questo scenario si svolge la vicenda del romanzo, ovvero dei manoscritti rinvenuti nelle grotte presso un eremo sperduto nel deserto. Una cronaca di misteriose morti e sparizioni perpetrate tra le mura monasteriali che Guigo, uno dei novizi, dovrà dipanare prima che sia troppo tardi, mentre qualcuno è disposto a tutto pur di scoprire il segreto degli antichi rotoli di pergamena dimenticati per secoli e protetti da un oscuro codice.

Questa è una delle parti che adoro di più, fare due chiacchiere con l’autore, un modo per conoscere meglio un’opera. È un piacere perciò condividere con voi la mia chiacchierata con Francesco Grimandi, dove mi ha raccontato qualcosa di più sul romanzo e che devo ringraziare per la pazienza e il tempo a me dedicato.  Buona lettura!

  • Come nasce l’idea de “L’eremo nel deserto”?

Da tempo mi mulinava in mente un progetto. Ero in cerca di un’ambientazione perfetta per una storia escatologica, misteriosa e medievale e non vi è luogo al mondo, incontro delle tre fedi del Libro, che abbia una rilevanza storica come la Palestina, culla e crocevia di molti dei più importanti accadimenti degli ultimi due-tre millenni. Soddisfatto il primo requisito, sono passato a predisporre la trama della vicenda che come una ricerca, sfruttando l’escamotage offerto dalle investigazioni di Guigo, uno dei novizi, porterà il lettore a nuove consapevolezze. Il meccanismo della scoperta di antichi scritti, della contesa per controllarli, delle morti e delle sparizioni è un ben oliato ingranaggio che conosciamo fin dai precursori di questo genere letterario. Ma qui tengo a sottolineare la differenza tra il mio scritto e altre opere, ovvero lo squarcio prodotto dalle rivelazioni contenute in queste pergamene, che daranno materia su cui riflettere anche al più disincantato dei lettori.  

  • Che altro aggiungere?

Posso solo dire che i fatti si svolgono nell’anno 1196, circa nove anni dopo che Gerusalemme è caduta per mano delle truppe del Saladino. Il monastero è stato lambito e poi dimenticato dai disastrosi eventi legati al crollo dei regni cristiani in Terrasanta, mantenendo una propria autonomia che tuttavia verrà violata al ritrovamento dei misteriosi rotoli delle grotte, innesco della vicenda. Qui mi fermo per non rovinare il piacere a chi vorrà cimentarsi, anche solo per curiosità, nella lettura del romanzo.  

  • Parlaci un po’ dei personaggi.

“L’eremo nel deserto” è frutto di accurate ricerche per cui non potevo travalicarne i precisi ambiti. Il cast, se così vogliamo chiamarlo, proviene direttamente dalle viscere del Medioevo in forma addolcita per renderlo più accessibile e vicino al lettore moderno. Vi trovano posto un abate, anzi due, più tutta una nutrita schiera di personaggi a contorno, oltre al menzionato Guigo. Protagonisti e testimoni, loro malgrado, di fatti molto importanti che tuttavia faticheranno a comprendere per difetto di conoscenza e prospettiva. Sullo sfondo di questo palcoscenico si muovono anche personalità di maggior spessore, come il Papa e l’Imperatore Enrico VI, figlio di Federico I Barbarossa, traino anche loro della vicenda. Senza svelare nulla di particolare posso dire di avere infuso a uno dei protagonisti un po’ di me stesso. Per quanto riguarda gli altri, lascio a voi scoprire di che pasta sono fatti e fino a che punto sanguinano, se li ferisci.

  • Chi è Guigo e qual è il suo ruolo all’interno del romanzo? Da dove nasce l’ispirazione per lui?

Guigo è un giovane uomo, novizio nello sperduto monastero ai confini del deserto. Ha fatto ingresso nell’ordine in tenera età, in base al destino di molti figli non primogeniti, esclusi da qualunque lascito. Crescendo ha maturato una visione delle cose più ampia rispetto al ristretto mondo da cui proviene e ora il suo animo è combattuto tra grandi dubbi e nuovi sogni. Incarna il lato luminoso, forse ingenuo, che c’è in noi, le costanti domande che ci poniamo, la ricerca delle risposte e il conseguente rinnovarsi che porta a crescere. La scomparsa del suo mentore, padre Theophilus, scuoterà aspetti sopiti del suo carattere, innescando una graduale trasformazione che lo porterà a una maggior consapevolezza di sé e a un riconoscimento implicito della sua funzione di guida per il gruppo dei monaci più giovani.

  • Sbirciamo tra le pagine. C’è un frammento del romanzo che ti piacerebbe condividere con noi?

Certamente, con piacere. Il brano scelto è tratto dal capitolo III e presenta la biblioteca, cuore pulsante del monastero:

Glorificemus — sussurrò la voce.

Un numero esiguo di monaci indugiava ancora negli stalli dello scriptorium. Il tramonto era calato da poco, facendo sprofondare nel buio l’ampia sala e già all’esterno apparivano le prime timide stelle.

La luce sottile delle candele rompeva a tratti le tenebre svelando nei suoi guizzi l’austera imponenza del luogo. Due file di colonne lo attraversavano, reggendo gli aguzzi costoloni che si innervavano nel soffitto e la teoria di finestre altissime che gli cingeva corona.

Un leggio troneggiava al centro, dominando i banchi posti sotto le finestre e gli scaffali addossati alle pareti colmi di preziosi codici; una fitta selva di coste in pelle brunita e di legature d’oro si levava a baluardo contro l’oblio degli uomini.

Metalli preziosi e avori si alternavano a stoffe e pelli, in file che correvano parallele nel vasto ambiente; lo sfarzo degli smalti e delle gemme non eclissava tuttavia la bellezza del cuoio sbalzato a secco, con fregi e figure o irrobustito da borchie, cantonali e fermagli.

L’odore delle antiche carte, mescolato a quello molto più sottile del silenzio, avvolgeva lo scriptorium. Un’invisibile moltiplicazione di spazi, secondo calcoli sapienti, aveva prodotto quella proporzione tra quanto stava in piano e quanto in alto, che lo distingueva in ogni sua parte senza mai cedere nell’aspetto per molti versi rigoroso.

  • Parliamo invece di te. Un romanzo che ti ha avvicinato alla lettura?

Dopo le prime collane d’intrattenimento che leggevo alla velocità della luce, i Gialli per ragazzi della Mondadori e i romanzi Urania, direi che il mio interesse è stato subito catturato da una folta pattuglia di autori inglesi e americani, con titoli da bestseller. Gli autori europei, tedeschi e francesi, li preferivo invece per i saggi storici (Jacques Le Goff, in primis). Non ho autori feticcio, ma se dovessi indicarne alcuni ai quali sono più legato direi Valerio Massimo Manfredi e Ken Follett. Tuttavia, qui l’omaggio è d’obbligo, “Il nome della rosa” resta per me un esempio di libro senza tempo. Me ne innamorai anni fa e da allora resiste saldamente nell’Olimpo dei miei romanzi preferiti. Al di là dei fiumi di inchiostro spesi per descriverlo, trovo che Eco abbia saputo fondere in modo incredibile l’opera colta e la lettura di svago, producendo un libro perfetto sotto ogni profilo che affascina ancora i lettori di ogni età.

  • Hai sempre sognato di diventare uno scrittore? Come nasce la tua passione per la scrittura?

Ricordo che da piccolo ero un lettore maniacale, divoravo libri di qualsiasi genere. Non ne faccio la lista, perché non finirebbe più. Dico solo che alcuni li ho letti e riletti, altri li ho dimenticati. Il fascino per le storie narrate mi ha sempre segnato e dopo anni e anni di letture si è affacciata in me una voglia potente di raccontare. Raccontare cose non banali, ma avventure coinvolgenti. Così sono partito dalle storie che più mi erano piaciute e su queste ho iniziato a creare i primi intrecci. Devo dire che è stata una lunga marcia di avvicinamento ma la soddisfazione che spesso si ricava ripaga tanti sacrifici. Ciò ha però un peso preponderante nell’esistenza. Le ricerche delle fonti storiche necessitano di parecchio tempo, non solo la stesura e le revisioni. Non è sempre una scelta facile, ma alla fine diventa una parte di te a cui non riesci a rinunciare.

  • Quali sono a tuo parere gli ingredienti che un thriller storico deve avere per riuscire a catturare l’attenzione dei lettori?  

Il romanzo storico deve essere una perfetta macchina del tempo. Quando lo apro mi deve coinvolgere, far annusare i profumi, gli odori, la vita ribollente di chi vive in quel periodo. Mi deve far piangere o ridere come ci si emozionava allora e far riflettere sulle differenze tra le epoche. Se non ho questo ma le mentalità e i modi di agire sono quelli di oggi, ho solo un romanzo contemporaneo travestito. Come dicevano i nostri padri: de gustibus non est disputandum, sui gusti non si discute. Ciascuno ha diritto ad avere la propria opinione, la mia è questa.

  • Qual è il tuo periodo storico preferito o in cui vorresti ambientare un tuo romanzo?

Be’, direi che sia piuttosto evidente. Il mio periodo storico di riferimento è il Medioevo. Con l’editore Delos Digital ho pubblicato due titoli: “La reliquia” e “Il soffio della morte”, disponibili su Amazon. “L’eremo nel deserto”, esplora situazioni e ambientazioni con le quali non mi ero ancora cimentato e morivo dalla voglia di affrontare. Anche il periodo della Serenissima mi ha ispirato un romanzo a cui tengo molto, “Affresco veneziano”, storia di amori e congiure all’ombra della basilica di San Marco, oltre a un breve noir storico “La riva di Biasio”, apparso nel numero 1323 de “Il Giallo Mondadori”.

  • Il personaggio storico che più ti affascina? Perché?

In realtà non esiste un personaggio in particolare. Sono più affascinato da un profilo psicologico che si estrinseca in un gesto o in un atteggiamento di rottura rispetto al proprio momento storico. In pratica amo conoscere in maniera più approfondita i protagonisti che per strade visibili o meno hanno saputo segnare un’epoca e hanno impresso la loro singolare impronta ai fatti di un determinato periodo. Non mi riferisco ai personaggi in vista, quelli di cui bene o male si conosce tutto o quasi, ma alle persone un po’ più sconosciute che tuttavia hanno scelto di andare controcorrente rispetto al pensiero comune e in certe occasioni si sono ribellati. Sì, i dissidenti, i sovversivi, i rivoluzionari, quelli che non temono di uscire dal branco, che scelgono in base alla loro coscienza e accettano i costi delle proprie decisioni, sapendo di essere animati da un’energia che li distingue dagli altri. Quelli a cui la Storia, prima o poi, darà ragione. Ecco i personaggi che più mi incuriosiscono. Quelli che posseggono un quid in più che può farti crescere e ti ricordano sempre che se vuoi conoscere la verità devi andare alla fonte.

Grazie per l’intervista e un saluto a tutti i lettori de La Stamberga d’Inchiostro!

Francesco Grimandi, nato a Modena, classe 1970, si occupa di tecnologia, ma le sue passioni sono la storia e i misteri. Ha partecipato a diverse antologie Delos Books, e un suo racconto è presente nella raccolta Science Fiction 70 di Writers Magazine Italia. Ha pubblicato sulle riviste WMI, ActionDelos Science Fiction, risultando tra i vincitori selezionati del contest per racconti storici Ira Domini. Il suo primo romanzo di genere avventuroso, Affresco Veneziano, è disponibile in formato ebook su Amazon assieme al racconto breve Europa, mentre Il soffio della morte, un intrigante thriller che ha come sfondo la Bologna del ’300, è pubblicato da Delos Digital. Non ultimo, un suo breve noir ambientato nella Venezia del XVI secolo è apparso nei Gialli Mondadori.

Non perdetevi “L’eremo nel deserto” su amazon! Alla prossima!

 

 

May the Force be with you!
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