The Whispering Room: Il profilo del tempo di Rosa Elenia Stravato

 

Ricordati che qualsiasi momento è buono per cominciare. Apprendi dagli audaci, dai forti, da chi non accetta compromessi, da chi vivrà malgrado tutto. Alzati e guarda il sole nelle mattine e respira la luce dell’alba. Tu sei la parte della forza della tua vita. Adesso svegliati, combatti, cammina, deciditi e trionferai nella vita; Non pensare mai al destino, perché il destino è il pretesto dei falliti.
(Pablo Neruda)

 

Cari lettori torna una nuova uscita della nostra rubrica The Whispering Room, oggi scopriamo insieme a Rosa Elenia Stravato il suo romanzo Il profilo del tempo. Non perdetevi l’intervista con l’autrice per saperne di più!

Nel frattempo un’anticipazione: Rosa Elenia Stravato ha appena pubblicato con Les Flaneurs Edizioni un romanzo che spettina. Un romanzo pieno di voglie, di frame, di attimi che rassomigliano a una tela impressionistica. Un romanzo che racconta un sentimento totalizzate che si compiace dell’eccesso, dell’imprevedibilità. Un romanzo che spiega il tempo senza poterlo, in realtà, definire. Una storia che abbraccia il lettore attraverso una parola che evolve a seconda dei suoi contesti, che vive il soffice candore della poesia ma si specchia nell’amara ironia per giungere diretta e sferrare il colpo quando è giusto far riflettere.

 

Editore: Les Flâneurs Edizioni
Data di uscita: 7 febbraio 2022
Pagine: 107
Prezzo: 12.00 € 

Sara abita a Roma, è una studentessa universitaria e coltiva il sogno di un amore con la A maiuscola. Immersa nello studio e nei suoi film preferiti, cammina fra le vie della Capitale perdendosi ogni giorno in nuove storie e nuove emozioni. Meta sicura delle sue passeggiate è il grande orologio ad acqua di Villa Borghese a cui affida i suoi pensieri, come a un porto sicuro, un luogo a cui tornare perché gli si appartiene. Condivide la casa con Vale, che diventerà per lei come una sorella, e ha un’amica un po’ troppo fuori dagli schemi. E sarà proprio grazie a lei, Maria Chiara, che Sara farà la conoscenza di Edo in una notte qualunque nella Roma della vita notturna. Un incontro, il loro, destinato a segnare le esistenze di entrambi nel bene e nel male.

 

#Bottaerisposta

 

 

  • Come è nata l’idea di Il profilo del tempo?

Non esiste un momento specifico, è una storia che è nata lentamente da appunti sparsi e varie
osservazioni. Ho osservato molto attorno a me: il modo di muoversi di alcuni passanti, la gente nei
treni, i leoni da tastiera e la storia ha preso forma in maniera scomposta, tramite frame. È nata
perché, evidentemente, da qualche parte ne sentivo l’esigenza. Il romanzo si è adagiato sull’idea di
immortalare un tempo sospeso nel quale far danzare due personaggi che imparano ad amarsi,
amare e anche a lasciare andare. È stato un modo per fotografare una Roma capace di donarsi ai
lettori, una sorta di omaggio appassionato ad una delle città, a mio avviso, più incantevoli del
mondo. Il titolo, poi, voleva raccontare un’ipotesi in grado di innestare il dubbio nel lettore e ho
trovato in un’opera di Dalì, il soprabito perfetto per il racconto. Credo di poter dire che questa storia
sia un atto d’amore sincero e per questo mi auguro sia autentica e diretta e che possa invogliare a
prendere la vita con quella leggerezza di cui parlava Italo Calvino, “non avere macigni sul cuore”.

 

 

  • C’è un episodio che le si è delineato prima degli altri?

Avete mai visto il sole tramontare nel Tevere? È qualcosa di accecante, dotato di una superba
bellezza e io al tramonto ero nel cuore del Pincio da sola e sono rimasta estasiata dal silenzio
mistico che mi si è creato attorno. L’orologio ad acqua era lì e sentivo il suo flebile fruscio ovattato
da una strana sensazione. Quindi, piuttosto che un episodio si tratta proprio dell’orologio ad acqua
di Villa Borghese. Io ci sono tornata parecchie volte lì perché ne sentivo l’esigenza e ho potuto
ammirare come cambia faccia a seconda della stagione. Come la protagonista, me lo sono trovata
davanti senza conoscerne l’esistenza e da quel preciso momento ha scelto di abitarmi dentro.
Proprio lì si sono materializzati Sara e Edo perché ho creduto fosse un posto romantico per donarsi. Dal principio però mi è sempre stata chiaro il finale, volevo che andasse così la vicenda. Sono partita dalla fine, seguendo uno dei preziosi consigli tramandati da Eduardo De Filippo nelle sue lezioni di drammaturgia che ahimè ho vissuto attraverso le parole e i racconti dei suoi allievi.

 

 

  • Ci descriva i suoi personaggi

Per la creazione dei personaggi ho ragionato in maniera teatrale, cercando di trasportare nel
romanzo sia le loro psicologie che le loro fattezze, gestualità. È stato, sin dal principio, un mio
pallino fisso: volevo che i miei personaggi avessero una propria vita, potessero maturare su una
scena in corso d’opera. Mi sono ispirata ai “tipi” e agli “individui” costruiti da Moliére, sempre
ossessionati da qualcosa e proiettati verso di essa. I suoi “monomaniac” raccontano la commedia
umana attraverso le loro ossessioni, ideologie e divengono quasi dei concetti fisici: c’è l’avaro,
l’innamorato, l’ipocondriaco, etc… Mi ha divertito molto lavorare su ogni singolo personaggio, l’ho
visto, l’ho vestito ne ho immaginato la voce, il pensiero, il modo di apparire e quello che
intimamene era.
Sara è una ragazza come tante che ha le idee chiare ma che cerca il propri posto nel mondo: è
fragile, tenace e sognatrice. Lei viene la more in maniera totalizzante e quando si disintegra, impara ad alzarsi e a gustare la propria nuova stagione. Edo è un ragazzo complesso, diretto e possiede quel fascino tipico dei bohémien, lui riesce a spaziare tra cinema e fumetti connotando la realtà in maniera musicale. I due protagonisti vivono una passione fiammeggiante e ci si brucia, avvampa, con loro. Vale è una ragazza dai sani principi animata da scelte importanti e stella fissa della protagonista con la quale condivide l’appartamento e non solo. Totta, Etta, Ramona e Giorgy sono delle ragazze meravigliosamente autentiche che raccontano il profumo dell’amicizia vera, quella capace di resistere ai dettami nel tempo. Ramona è quella più cinematografica a mio avviso,
imprevedibilmente uscita da un film di Woody Allen e animata da una parlata vorticosa e da una
diffusa ipocondria ai minimi della sopportazione. Totta è irrefrenabilmente autentica, veloce nel
delineare le situazioni. Una scheggia rapidissima nel dare, immediatamente, forma a quello che la
realtà sta per palesare. Una persona brillante e con cui non ci si stanca mai. Giorgy è la persona
ponderata che si racconta attraverso una misurata caparbietà e riservatezza mentre Etta è il giullare, il tempo comico ad hoc, capace di rendere il mondo una mega allegoria. Negli eccessi di Maria Chiara ho inquadrato un perfetto tipo umano che è disposto a perdere l’autenticità del proprio io per ottenere la fama, un posto sotto ai lucenti riflettori dei palcoscenici. È un personaggio amaro che poggia sulla disincantata osservazione di un certo tipo di ragazze che scelgono di mostrarsi, vendersi al miglior offerente per diventare qualcuno. Il che è un paradosso poiché per ottenere quel posto hanno perso il sé autentico.
Sono, in ogni caso, personaggi nei quali ci si può imbattere in qualunque momento della vita.
Persone a cui si può facilmente dare del “tu”, nelle quali ci si può riconoscere o scegliere di
appartenere. In fondo, poi, ogni personaggio ci lascia qualcosa e rappresenta per noi quello che,
intimamente, ci ha sussurrato. I personaggi sono dei doni che un autore sceglie di fare e che
prendono strade variegate e sfuggono al loro demiurgo. Sono esseri liberi e trasmettono quel
qualcosa che la vita comune, spesso, non c’insegna a riconoscere.

 

 

  • Come mai ha scelto di ambientare il suo romanzo nella capitale?

Roma, a mio avviso, è una tra le città più belle del mondo. Per me, in assoluto, il luogo più catartico
della terra. Roma mette assieme gli eccessi, smaschera i difetti, è avida di informazioni, avvolge per la sua sfacciata beltà. È capace di vestirsi di arroganza e disprezzo per far comprendere la miseria e la rovina ma poi riesce a donarti quel gusto di perfezione. Roma è la parlata di borgata, le signore in fila per comprare la mortadella dal salumiere, i tassisti che diventano tuoi confidenti, la mano tesa e quella negata. È la vita ricca dei suoi imprevisti: sacra e profana. Non potevo scegliere un’ambientazione differente perché, per me, l’amore è Roma; patria di sogni, di gesta eroiche, sporca di storia e corrosa dai giochi del potere ma devastante per la sua maestosità. In fondo è il mio posto nel mondo, infatti, quando posso torno sempre da lei. Ricordo che, una delle prime volte in cui l’ho visitata ne sono rimasta stregata tanto da chiamare una zona del mio Paese in Puglia :“Roma”. Un colpo di fulmine che mi ha portato a viverla per cinque anni a pieni polmoni.
Staccarmici è stato come elaborare un lutto ma, come disse Califano, “non escludo il ritorno”.

 

 

  • Se dovesse associare una canzone al suo romanzo quale sceglierebbe?

Il romanzo è pieno di musica. Non penso mai alla scrittura senza associarle un suono. Anche la
penna sul foglio, la battitura al pc ha la bellezza del suono e quindi credo che parole e musica siano strettamente connesse. La casa editrice Les Flaneurs Edizioni mi ha fatto editare una playlist su Spotify con cui accompagnare la lettura del romanzo. È stata una bellissima esperienza e v’invito ad ascoltare i vari brani che ho selezionato. Ci sono pezzi di Lucio Dalla, Renzo Rubino,
Blumosso, Diodato, Janis Joplin, etc. I cantautori hanno reso speciale questo romanzo, hanno
accolto le mie fantasticherie. Assocerei, però, tra tutte le canzoni due brani che rappresentano la
sintesi della poesia in musica capace di accordare le note emozionali di Sara e Edo: “Sete” di Renzo Rubino e “Fino a farci scomparire” di Diodato. Stupefacenti, avvolgenti, catalizzanti. Perfette per spogliare e accomodare tutte le fantasie e le voglie dei miei personaggi.

 

 

  • Ha incontrato difficoltà nella stesura del suo romanzo?

Questa storia è nata lentamente ma non è stato, assolutamente, un parto difficile. Scrivere è il mio
modo d’essere al mondo, scrivo ancora lettere perché credo nel valore autentico della carta
stampata. Amo investire il mio tempo nella scrittura. Per questo romanzo, poi, ho avuto la grande
fortuna di lavorare sul testo con la compagnia di un’ottima squadra che ha saputo far crescere e
maturare determinati vezzi stilistici e tensioni. È stato un cammino stimolante. Il maggior ostacolo,
a esser sincera, è stato scegliere d’inviare il manoscritto. Erano anni che gustavo i libri Les Flaneurs ma avevo timore di mandare la mail. Poi ho agito di botto. Mi sono spaventata enormemente e con un pessimismo macabro ho immaginato l’editore cestinare la storia. Per mesi sono stata ossessionata dall’idea che avesse bruciato il manoscritto. Un incubo. Ci tenevo davvero tanto ad essere pubblicata da Alessio Rega e, perciò, non ho invitato a nessun altro questo manoscritto. Ho sempre avuto un’altissima considerazione del modo di lavorare della squadra Flaneurs. Quando poi è arrivato il responso positivo, bhè! Mi sono sentita graziata e fortunata ma, al contempo, responsabile di questa occasione. Mi sono detta d’essere entrata in una famiglia nella quale sarei potuta maturare e potenziare le attitudini e devo dire che avevo perfettamente ragione.

 

 

  • Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Questa è una domanda ambiziosa. Avere progetti per il futuro, per me, significa darmi mille modi
per non appiattirmi, per vivere al meglio. Perciò il primo passo da fare è non fermarsi, proseguire la
salita sperando di godere di panorama che mozzano il fiato e solleticano le corde della bellezza.
Continuare a raccontare storie, sperimentare linguaggi nuovi e investigare generi differenti.
Proseguire con lo studio, la ricerca, la visione della bellezza della vita nelle sue tinte eccentriche.
Mi piacerebbe portare qualche mia storia al cinema, vedere come un regista interpreta le parole e
come si specchiano nella cinepresa. Si! Sarebbe una bella esperienza! Oppure affiancare qualche
cantautore nella stesura di un brano, penso sarebbe stimolante. Ovviamente mi auguro che Edo e Sara possano avere un futuro dipinto e sperato dai miei lettori. Mi piacerebbe che i lettori mi raccontassero i loro punti di vista per farne tesoro e dare occasioni differenti a ciascuno dei personaggi che incontrano nella lettura. Penso che la letteratura serva a questo: creare dei legami e aprire al possibile. È questo che mi auguro e che auguro ai lettori.

 

#Conosciamol’autrice

Rosa Elenia Stravato (Martina Franca, 1991)

Docente e operatrice culturale collabora con molte realtà culturali tra cui Agis Scuola e Anec Lazio e con  i Laboratori di Equo e Non Solo di Fasano (Luoghi comuni di Puglia). Blogger per “Ho il sole a portata di cuore’, rubrica letteraria. Nel 2020 ha pubblicato per Giulio Perrone editore ” Quaderni di cinema” e ha preso parte con il racconto “Torneremo a raccontarci le favole” al progetto “L’unico vaccino è l’amore” della Giacovelli editore. Nello stesso anno ha preso parte al podcast  “Parlo come un tarlo” a cura di Giovanni Dilonardo con un monologo teatrale. Sempre nel 2020 a collaborato come valutatrice  testi per “I libri di Icaro”. Nel 2019 riceve il premio menzione speciale “Il Tiburtino” a cura della casa editrice Aletti editore con la poesia “29 ottobre”. Nel 2017 ha pubblicato con Giacovelli Editore la sua opera prima in prosa: “Tutti gli amori nella mia testa “. Trasferitasi a Roma nel 2010, nel 2016 si laurea con 110 e lode alla Magistrale in Spettacolo teatrale, cinematografico, digitale: teorie e tecniche presso l’Università La Sapienza di Roma con una tesi su “La Tempesta e i maestri del 900”. Nel 2016 frequenta la Scuola di scrittura creativa RaiEri presso la sede Rai di Via Teulada in Roma. Dal 2010 al 2017 frequenta i prestigiosi seminari di scrittura scenica a cura di M. L. Compatangelo. La passione per la scrittura, lo spirito critico la vedono come articolista per EinsteinJournal(2016-2017) per la sezione spettacolo: cinema, teatro, letteratura e musica. Collabora dal lontano 2010 con la Fondazione Paolo Grassi di Martina Franca e con il Festival della Valle d’Itria. Dal 2017 inizia l’avventura come formatore esterno della Fondazione Paolo Grassi di Martina Franca per i Progetti di alternanza scuola- lavoro del Liceo Classico “Tito Livio” di Martina Franca collaborando con Cristina Portolano (fumettista), Paolo Palazzo(compositore), Francesca Cosanti (illustratrice), Marco Bellocchio (attore). Nel 2014 debutta sul palcoscenico del prestigioso Teatro Argentina di Roma come attrice e co- autrice per “Il Ratto d’Europa” per la regia di Carlo Longhi. Docente di scrittura scenica e propedeutica teatrale presso il Laboratorio Urbano “Bollenti Spiriti” di Fasano e presso l’Udel di Martina Franca. Referente del progetto nazionale per la sezione di Martina Franca di Condivisione Italia. Collaboratrice e fervida sostenitrice delle attività culturali collabora con Carlo Dilonardo ed Eugenio Caliandro per la Prima e la Seconda Edizone del Valle d’Itria Corto Festival ove cura un laboratorio di storyboard per bambini e una retrospettiva su Antonio De Curtis focalizzandosi sull’opera “Miseria e Nobiltà” ed ha curato l’organizzazione e la gestione della seconda edizione del Valle d’Itria Corto Festival. Ha partecipato a numerosi concorsi letterari distinguendosi per originalità e ricercatezza, tra cui Il Premio Nazionale Valeria (2011), A Ottobre piovono Libri,(2010), Concorso Acli (2005), Concorso Unicef (2003).

 

 

 

 

 

 

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