The Whispering Room: L’aquila d’oro. Sulle tracce del quarto Reich di Elisa Averna

 

Ricordati che qualsiasi momento è buono per cominciare. Apprendi dagli audaci, dai forti, da chi non accetta compromessi, da chi vivrà malgrado tutto. Alzati e guarda il sole nelle mattine e respira la luce dell’alba. Tu sei la parte della forza della tua vita. Adesso svegliati, combatti, cammina, deciditi e trionferai nella vita; Non pensare mai al destino, perché il destino è il pretesto dei falliti.
(Pablo Neruda)

 

Torna ospite della nostra rubrica The Whispering Room Elisa Averna, oggi scopriremo il quinto romanzo dell’autrice un’appassionante vicenda a sfondo storico che ci riporterà a contatto con il terzo Reich. Non perdetevi l’intervista con l’autrice per approfondire insieme L’aquila d’oro. Sulle tracce del quarto Reich

 

Editore: Capponi Editore 
Data di uscita: 8 aprile 2021
Pagine: 192
Prezzo: 15.00 €

Blanche, ventisettenne italo-tedesca, grazie a un’agenda trovata in una baita di famiglia, scopre che il suo bisnonno era un chimico nucleare del Terzo Reich. La ragazza vuole scoprire tutta la verità sul conto dell’uomo legata all’Area K, area citata nell’agenda, dove sono anche elencati sette nomi, determinanti nella sua indagine. Con il fratello Mark e un ex agente CIA si mette sulle tracce del Quarto Reich. Tra situazioni e incontri pericolosi, i tre trovano in un rifugio a Bariloche un documento decriptato dalla macchina Enigma in cui si parla di un’Aquila d’Oro contenente un timer regolato al 20 aprile 2023 per il lancio di un ordigno all’antimateria puntato sugli Stati Uniti. L’indagine di Blanche si trasformerà presto in qualcosa di proporzioni inimmaginabili.

 

#Bottaerisposta

 

 

  • Come è nata l’idea de L’aquila d’oro?

Ogni mio romanzo nasce sempre dal “Gioco del se”. In questo caso, dopo aver visto alcune immagini di repertorio su Hitler dell’Istituto Luce particolarmente d’impatto, mi sono chiesta “e se davvero Hitler non si fosse suicidato nel suo bunker? Che cosa sarebbe potuto succedere?”. Un’ucronia bella e buona. Ricordo di essere uscita di casa con ancora questa domanda in testa. Davanti a una trattoria, una ragazza mi ha allungato un volantino. L’ho preso quasi in trance e, come fosse un invito a scrivere, mi sono seduta su una panchina. Sul retro del volantino ho fatto uno schema di base della storia. Quando ho finito lo spazio, ho preso dalla borsa una scatolina di un prodotto che avevo appena comprato, l’ho rotta e ho scritto  parte dell’incipit del romanzo. Ancora la conservo!

In generale, la mia passione, oserei dire morbosa, per la storia mi spinge a scavare anche nel torbido del passato. Nella mia tesi di laurea spiai nei monasteri e nei conventi dell’XI e XII secolo. Anche se è un testo tecnico per addetti ai lavori, all’epoca decisi comunque di farne una pubblicazione. Da ragazzina seguivo un programma radiofonico intitolato “Interviste impossibili”, dove si facevano dialogare scrittori viventi e celebri personaggi del passato. Fin da piccola ho sempre sognato una macchina del tempo per poter parlare con illustri personaggi storici e giocavo, se così si può dire, alle ucronie, anche se non sapevo che si definissero tali: “e se Cesare non fosse stato ucciso dalla congiura guidata da Cassio e Bruto, che cosa sarebbe successo?”. Insomma, mi ponevo domande di questo tipo e fantasticavo sulle possibili risposte. C’è stato un momento in cui mi fissai su Nefertari, forse sulla suggestione di una mostra a lei dedicata. Pregavo che mi venisse in sogno e che, prima ancora di mostrarmi il suo guardaroba, mi svelasse i segreti dell’Antico Egitto! Sogni infantili che, a essere sincera, perdurano nella mia età adulta.

 

 

  • C’è un episodio che ti si è delineato prima degli altri?

Quando scrivo (fenomeno comune a molti scrittori) non faccio altro che tradurre in parole il film che ho in testa. Vedo un film, sì, e frame dopo frame, lo descrivo. Una delle immagini che mi si è delineata prima è la figura di Irène Ulitskaya,  la spia russa al servizio dell’intelligence militare tedesca, aggirarsi, in tutta la sua avvenenza, per la hall dell’albergo (il Reina Cristina) vestita di verde, come segnale che “tutto era pronto” per i nazisti in fuga.

 

 

  • Raccontaci i tuoi personaggi.

Blanche Weizman è una giovane donna ipersensibile, studiosa e determinata. Fin dalla più tenera età, è stata turbata da sogni ripetitivi e angoscianti di cui non capiva il senso. All’età di tredici anni, a seguito della visione di un documentario sul Terzo Reich, riconosce immagini, simboli e scene di ciò che era solita vedere nei suoi sogni. Via via con gli anni, viene a conoscenza dei lati più oscuri della realtà nazista. Man mano emergono dalla sua mente “ricordi” che non le appartengono, ma che stranamente le sono familiari. A quattordici anni, grazie a un’agenda trovata nella soffitta di una baita di famiglia, scopre che il suo bisnonno da parte materna era un chimico nucleare del Terzo Reich. Scopre altresì che il fratello del suo bisnonno non era uno dei tanti nazisti dell’epoca, ma un personaggio di rilievo nelle SS noto come “Il Torturatore”. Ecco che Blanche così potrà finalmente dare un senso agli incubi che hanno tormentato, e continuano a tormentare, la sua vita. La ragazza vuole rendersi pienamente consapevole del ruolo dei suoi ascendenti nel regime nazista per prenderne ufficialmente le distanze e riscattare la sua famiglia. Alla morte del padre, decide di spendere la sua cospicua eredità nella missione alla quale si sente chiamata: scoprire tutta la verità sul conto del bisnonno legata all’“Area K”, area citata nell’agenda dell’uomo.

Mark è il fratello minore di Blanche, a lei legatissimo, nonché suo compagno d’avventura. Affiancherà Blanche nella ricerca dell’ Area K con coraggio e con sacrificio pari a quello della sorella.

John Banner è un ex agente della CIA, al quale non tornano molti conti sul passato del  nazismo, in riferimento anche a un suo parente omosessuale, vittima di quel regime.

 

 

  • Cosa ti ha spinto a scrivere un romanzo collegato al terzo Reich?

Mi piaceva l’idea di una storia ambientata nei tempi odierni che investigasse sull’inquietante figura di un dittatore. Ho scelto Hitler perché è quello sul quale potevo “lavorare” di più anche in termini di documentazione. Ci sono periodi della storia che non dovranno mai essere dimenticati e il periodo della Germania nazista è certamente uno di quelli. Ho sempre trovato la teoria della sopravvivenza di Hitler più che plausibile. Insomma, scapparono tanti suoi sottoposti ed è davvero paradossale che proprio lui non fosse riuscito a fuggire. Così ho costruito una trama sull’assunto, che nel romanzo diviene certezza, della sua sopravvivenza.

 

 

  • C’è qualche riferimento storico veritiero all’interno della tua vicenda?

Tutta la parte storica, di là dall’ucronia, è veritiera. La bibliografia che ho utilizzato per documentarmi spazia dal saggio di Uki Goñi “Operazione Odessa – La fuga dei gerarchi nazisti verso l’Argentina di  Perón” a quello di Abel Basti “Sulle tracce di Hitler”, passando per varie monografie sul nazionalsocialismo.

 

 

  • Quale canzone assoceresti a questo tuo nuovo romanzo?

“Gracias a la vida” di Violeta Parra. Mark, la voce narrante della storia, ricorda la sorella Blanche con questo pezzo da lei molto amato, perché, nonostante le brutture che coinvolsero la sua famiglia, era consapevole di essere diversa dalla sua ascendenza e di dover anche per questo essere riconoscente alla vita.

 

 

  • Hai incontrato qualche difficoltà nella stesura del libro?

Sinceramente no, il momento della stesura è filato liscio. Le difficoltà, se così si possono definire, sono arrivate dopo, quando ho dovuto prendere atto che, alcuni lettori ideologicamente impostati, tendono a vedere ciò che non c’è, dando adito a inutili polemiche o, peggio, a male interpretazioni. L’errore di base è confondere l’autore con il personaggio. Se un personaggio afferma cosa scomode o che non piacciono, ciò non significa che l’autore la pensi come il suo personaggio. Questo concetto lapalissiano purtroppo può sfuggire a un lettore confuso. Non ci si può identificare in tutti i personaggi, anche perché la trama si muove e va avanti grazie agli antagonismi. Detto ciò, l’incipit è stato da qualcuno gravemente equivocato, forse per una lettura superficiale. Nel romanzo Hitler non è equiparato a Stalin, anche perché i due dittatori sono figure ideologicamente agli antipodi, ma a essere semmai equiparato è il male da loro prodotto dal punto di vista delle vittime: i morti delle due dittature sono tutti degni di rispetto. Non esistono vittime, come qualcun altro ha ben compreso, di serie A e di serie B, solo perché un dittatore è più “cattivo” dell’altro. Il nostro cuore si stringe allo stesso modo per un omosessuale, uno zingaro e un ebreo morti per la politica di Hitler, quanto per una vittima dell’olocausto rosso di Stalin. In questo senso il male non conosce gerarchie. Non dovrei essere così banalmente didascalica e fare l’esegesi di concetti tanto semplici, ma vorrei evitare ulteriori fraintendimenti.

 

 

  • Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Per quanto riguarda “L’Aquila d’Oro – Sulle tracce del Quarto Reich” ho concepito questo romanzo  fin da subito come il primo di una trilogia. Ciò si evince anche dalla fine del romanzo che lascia intendere un prosieguo “a sorpresa” della storia. In effetti, alcuni fatti restano volutamente insoluti. Mark, dichiara “spero un giorno di potervi raccontare come…”. Ebbene, quella speranza, potrebbe realizzarsi con un secondo romanzo che lascerà in sospeso altri quesiti, per poi trovare risposta in un terzo. Pensando più in grande, il mio desidero sarebbe di pubblicare questo romanzo anche all’estero, dove questo genere è molto apprezzato. Non disdegnarei neanche una trasposizione cinematrografica… sognare non  è peccato!

Per quanto riguarda progetti editoriali in altri ambiti, il mio obiettivo è dedicarmi alla narrativa d’ambientazione storica. L’Ottocento è l’epoca che prediligo per ambientare “drammoni”. Da piccola, leggendo Jane Austen, le sorelle Bronte e Giovanni Verga, ho promesso a me stessa che un giorno avrei scritto storie ambientate in quell’epoca. Credo che un autore emergente, almeno all’inizio, debba dimostrare una certa versatilità, al pari di qualunque artista, per poi concentrarsi nello stile che gli è più congeniale. Per ora non posso farlo, perché essendo piuttosto prolifica in fatto di figli rettangolari di carta, pubblico con più case editrici specializzate in generi diversi. Devo diversificare i generi narrativi per rivolgermi a diversi target di lettori.

Saluto i lettori de La Stamberga d’inchiostro e te, Deborah, per il tempo che mi hai dedicato.

 

#Conosciamol’autrice

Elisa Averna nasce a Genova nel 1974. Laureata con lode in Lettere e filosofia e specializzata in Conservazione dei Beni Culturali, si occupa di progettazione museologica. Ha da sempre avuto una grande passione per la letteratura e la scrittura creativa. Ha pubblicato opere di saggistica e le seguenti opere di narrativa: Prisma, suo esordio letterario, per Edikit (2019); Chiodi di ghiaccio per Bertoni(2020); Pizzi neri e merletti grigi (2020) per Nulla Die. Sono in corso di pubblicazione L’Aquila d’Oro – Sulle tracce del Quarto Reich per Capponi Editore (2021); H.H Figlia della strada per Il Ciliegio (2021). 

 

 

 

 

 

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