Una famiglia quasi perfetta di Jane Shemilt | Recensione di Sandy

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Una Famiglia Quasi Perfetta

LA DISPERATA LOTTA DI UNA MADRE ALLA RICERCA DELLA VERITA’

Dettagli:

  • Titolo in lingua originale: Daughter
  • Genere: Giallo, Thriller
  • Editore: New Compton
  • Collana: Gli insuperabili Gold
  • Pagine: 366
  • Prezzo: 4,90

Il Libro – Trama:

Jenny è un medico, sposata con un famoso neurochirurgo e madre di tre adolescenti. Ma quando la figlia quindicenne, Naomi, non fa ritorno a casa dopo scuola, la vita perfetta che Jenny credeva di essersi costruita va in pezzi. Le autorità lanciano l’allarme e parte una campagna nazionale per cercare la ragazza, ma senza successo: Naomi è scomparsa nel nulla e la famiglia è distrutta. I mesi passano e le ipotesi peggiori – rapimento, omicidio – diventano sempre più plausibili, ma in mancanza di indizi significativi l’attenzione sul caso si affievolisce. Jenny però non si arrende. A un anno dalla sparizione della figlia, sta ancora cercando la verità, anche se…

 

Recensione:

Esiste la famiglia perfetta? Una famiglia che comunica in continuazione senza aver paura di affrontare i più gravi conflitti, insieme? Jane Shemilt ha risposto a questi quesiti proponendo un nucleo familiare dove i segreti e le bugie sono all’ordine del giorno. La famiglia creata dalla sua penna veste infatti una maschera di pura apparenza.
La vita di Jenny ha tutto quello che si potrebbe desiderare. È un medico di base sposata con un neurochirurgo di successo di nome Ted, insieme vivono in una splendida casa con i loro tre figli: Naomi, Ed e Theo. È lei la voce narrante della magnifica vita nella quale non c’è spazio per l’imperfezione.

Pagina dopo pagina l’autrice disincanta il lettore catapultandolo con i piedi per terra. La scomparsa di sua figlia Naomi ha dell’insolito. Quando si crede di aver capito cosa è accaduto, puntualmente arriva un colpo di scena. Almeno, questo è quello che accadeva nelle prime duecento quaranta pagine che ho divorato. Il suo trucchetto per incollare il lettore al libro è perfettamente riuscito, ma pecca quando, a furia di viaggiare nel tempo, ci si ritrova appesantiti dalle nozioni apprese. La protagonista crede di conoscere la sua famiglia, il tempo passa e piano piano si rende conto di non averla mai conosciuta davvero. Cominciano ad essere svelati i primi altarini, partendo dal suo marito perfetto, che tanto diceva di amarla ma che invece si rivela non immune alla carne fresca. Le è infedele e quando lo viene a scoprire, non smuove mare e monti, come ci si aspetterebbe che facesse una persona ferita, tradita da colui che le sta accanto. E che dire dei suoi figli. La assenza dei entrambi i genitori ha reso vulnerabili i ragazzi tanto da doverli costringere ad indossare una maschera per non deludere la madre, che vive costantemente dentro a una bolla di sapone, la quale è destinata a scoppiare. Lo scoppio è assordante, via via scopre di aver vissuto un’illusione. La sua non è quella che ci si aspetterebbe essere una “famiglia perfetta”, gli oscuri segreti non hanno mai fine, nemmeno verso la conclusione del libro. La calma di Jenny è irritante, a volte, ho avuto l’impressione che il suo fosse menefreghismo. Lei aveva colto i segnali del cambiamento di sua figlia eppure, per paura di sorgere in una discussione, spesso e volentieri lasciava perdere. Stesso discorso con la dipendenza da ketamina del figlio. Era così calma da far invidia a un monaco tibetano. Come se non bastasse, il più “bello” arriva alla fine. Il detective Michael, incaricato delle indagini, verso la fine inizia a sistemare le tessere di un puzzle incompiuto. Aiutato da Ted e Jenny scoprono di tutto e di più. E così inizia la feroce corsa contro il tempo per tentare l’impossibile verso un finale straziante.

La copertina del libro è meravigliosa, l’ho adorata. Quella piccola casetta delle bambole appoggiata sul davanzale della finestra ha un che di ironico. Sul vetro sono ben visibili gocce d’acqua, come se descrivessero le continue tempeste che sono sorte all’interno del romanzo. Il titolo rende di più in italiano. “Una famiglia quasi perfetta”, infatti, è una descrizione che calza a pennello per aiutare ad intendere il libro.

I personaggi sono delineati nella loro imperfezione e debolezza, questo rende l’intento della Shemilt ben riuscito poiché, è grazie alle ricostruzioni, che ha tentato di dare un senso al tutto, giustificando ciò che è successo. Per quanta riguarda il suo stile è molto semplice e carico di bellissime metafore. Ci sono stati capitoli dove non accadeva niente, ma si risollevano per le meravigliose immagini che solo lei sa suscitare. Il suo è un prodotto dove emerge la più significativa delle domande: può l’assenza dei genitori frammentare la vita dei propri figli sino a distruggerla? In colpi di scena che hanno dell’incredibile la risposta che emerge è sì. È infatti il trascurarli che ha portato la famiglia di Jenny a sbriciolarsi. È il suo essere costantemente impegnata nel suo lavoro e tornare stanca a casa che ha allontanato il marito così come i suoi figli. Jenny è una madre che ama la sua famiglia ma è incapace di ascoltare. Non ha mai aperto un dialogo sincero con loro, pensa che siano essi infatti a dover venire da lei se hanno dei problemi ma intanto crede di conoscerli, facendosi la strana idea che tutto fili liscio come l’olio mentre ognuno di loro grida silenziosamente di aiutarli. Ed è questa la consapevolezza che la protagonista ha, quella di non essersi mai presa la briga di andare a fondo quando ne aveva avuto la possibilità.

Un’altra cosa che emerge è l’inefficienza investigativa. Sono infatti gli ultimi capitoli a dare al detective incaricato delle indagini un modo per portare avanti il caso, tredici mesi dopo la scomparsa di Naomi.
Il suo modo di scrivere tutto sommato mi ha colpita così come la sua idea originale di far vivere la vicenda straziante attraverso gli occhi della madre della ragazza scomparsa. Gli indizi erano sparpagliati qua e là come mangime per uccelli, dove non si sa mai chi coglierà quello significativo per risolvere il caso. La sua è una vera caccia al tesoro dove il vincitore non si porta via niente se non lo stupore per il finale.
Il mio voto per questo thriller è di due libricini aperti.

 

Stamberga - Voto 2

 

 

 

Note sull’autrice – Jane Shemilt:

È un medico, che ha conseguito una laurea in Scrittura creativa alla Bristol University e una specializzazione nella stessa materia all’università di Bath. Il suo romanzo d’esordio, Una famiglia quasi perfetta, è stato in lizza per il Janklow and Nesbit Award e il Lucy Cavendish Fiction Prize. Vive con il marito, professore di neurochirurgia, e i loro cinque figli a Bristol.

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