#proiettilidicarta: I Know What I Saw di Imran Mahmood

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Oggi è un mercoledì decisamente oscuro perché parliamo del romanzo di Imran Mahmood, I know what I saw. So cosa ho visto, pubblicato da Fanucci Editore nella collana TimeCrime e tradotto da Tessa Bernardi. Siete pronti?

Data di uscita: 29 Settembre

Acquistalo subito: I know what I saw

Editore: Fanucci Editore
Collana: TimeCrime
Traduzione: Tessa Bernardi

Prezzo: € 16,00
Pagine: 320

Xander Shute, un tempo ricco banchiere e ora senzatetto per le strade di Londra, si ripara, per la notte, in un vuoto appartamento a Mayfair. Quando sente i proprietari rientrare, corre a nascondersi. Intrappolato nel suo nascondiglio, assiste alla discussione della coppia, diventando anche il testimone di un feroce omicidio. Ma chi è la donna che è stata assassinata? La stessa donna che secondo la polizia non poteva assolutamente trovarsi lì? E com’è possibile che l’uomo che ha visto insieme lei la stia facendo franca? Mentre Xander cerca delle risposte, la sua memoria viene messa alla prova, costringendolo ad affrontare un passato doloroso sepolto da tempo. Quanto è disposto a rischiare per scoprire la brutale verità?

Sulla scia di oscurità proseguo il mio viaggio con un nuovo compagno di avventure, questa volta si tratta di “I know what I saw. So cosa hai visto” di Imran Mahmood, autore che con il suo precedente lavoro “You Don’t Know Me. Voi non mi conoscete” ha visto il suo romanzo adattato da BBC One in una miniserie di quattro episodio disponibile anche su Netflix che non vedo l’ora di recuperare.

Il titolo è già di per sé suggestivo perché anticipa l’elemento centrale del racconto, o meglio, il senso coinvolto prevalentemente nella narrazione: la vista. Come ben sappiamo, gli occhi sono in grado di ricostruire le immagini basandosi anche sui ricordi, ma non sempre ciò che ricostruiscono è un’immagine perfetta e reale, talvolta -come nel caso di questo romanzo- presente e passato si rimescolano creando immagini così distorte da sembrare reali e di conseguenza anche il protagonista è fortemente convinto che passato e presente siano sullo stesso piano, i ricordi si fondono alla realtà creando uno strano paradosso, un dissestato filo logico che in qualche modo sembra funzionare per poi infrangersi in mille pezzi alla prima discrepanza.

Ci troviamo in Inghilterra e la nostra voce narrante è quella di Xander Shute, uomo che ha perso tutto, anche la sua lucidità mentale. Prima ricopriva una carica prestigiosa in una banca e dopo si è ritrovato a dover vivere sulle strade senza nemmeno ricordare quali furono le cause del suo crollo e il motivo per cui la sua vita attuale è così sofferente. Inesorabilmente si percepisce quello che Xander prova, la paura diventa quella del lettore e quella sensazione che ci sia anche qualcosa di terribilmente sbagliato rimane latente per tutta la durata della narrazione.

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Il nostro sipario si apre con una scena che pare l’episodio pilota di una serie cardiopalma, un uomo che corre e teme per la sua vita, si difende e sopravvive a stento. Una corsa continua, confusa e frettolosa dove i pensieri si arrovellano tra di loro e la paura è una sensazione martellante, come un corvo che ti becca la nuca, qualcosa che ti segue incessantemente senza lasciare alcun respiro. Xander è così spaventato da cercare un rifugio sicuro all’interno di una casa all’apparenza abbandonata, così familiare da stringergli le viscere il ricordo di qualcosa che sa di aver perso, ma che gli sfugge ed è lì, nella penombra che accadde l’impensabile: la casa non è abbandonata.

Succede tutto all’improvviso. Xander assiste ad un omicidio, ma non riesce a fare nulla, resta fermo ad osservare tutto ciò che succede senza essere notato, come un fantasma silenzioso in una casa infestata e da questo tragico evento, però, che la sua vita riprende delle sfumature, tutto comincia a muoversi ancora più veloce di prima, ogni suo meccanismo di difesa si allerta, capisce che c’è qualcosa che non va, qualcosa che lo mette in moto, che lo fa tornare a vivere o meglio a sopravvivere. 

Xander trova il coraggio di fare un passo avanti denunciando il terribile accaduto, pur trovandosi in una posizione di svantaggio, ma per la polizia quello che dice non ha alcun senso. Pur ricordando nitidamente particolari sul luogo del crimine e dinamiche, della vittima non sembra esserci alcuna traccia. Quasi come se fosse stato spettatore di uno sceneggiato itinerante sfumato allo scoccare della mezzanotte. Lui sa cosa ha visto, ma nessuno sembra volergli credere, è come se nessuno sapesse di cosa sta parlando, un fatto passato totalmente in sordina.

I ricordi sono mutevoli, talvolta ricostruendoli non si è in grado di capire se effettivamente sono del tutto reali o influenzati e alimentati dal vissuto e dalle emozioni provate in quel preciso istante, è come se a furia di rimettere insieme i pezzi si andasse a disfare un’altra parte del puzzle, per ogni parte nuova che viene recuperata un’altra immancabilmente finisce per essere distrutta. L’unico modo per fare ordine nella sua vita e nella sua testa è affrontare il suo passato e presente assieme, cercando di districare i fili intrecciati che ormai sembrano non solo accavallarsi ma addirittura unirsi fra loro.

La vista e la memoria hanno un peso ben specifico all’interno del romanzo di Imran Mahmood, che è stato capace di creare una sorta di spirale sia emotiva che cronologica distorta che precipita sia il lettore che il protagonista in un baratro senza fondo fatto di flashback del passato e lampi del presente che si mostrano in maniera casuale, andando delle volte a formare ricordi mai esistiti. Con la consapevolezza che il vero e il falso sono due concetti totalmente astratti come sarà possibile per Xander ricostruire la sua vita senza una bussola affidabile? È questo quello che scopriremo leggendo.

La copertina rappresenta un tetro panorama di una città inghiottita dalla nebbia, le sagome dei palazzi si scorgono appena e ciò che si ha davanti non si riesce a distinguere da ciò che c’è dietro, un po’ come la vita di Xander che risulta essere un’amalgama informe di ricordi e sensazioni che però non sono impilati in maniera corretta, ma raccontati con uno stile quasi cinematografico, volutamente visivo e azzeccato per questo tipo di narrazione.

I know what I saw . So cosa ho visto ma sarà davvero così? Un viaggio nell’incertezza di ciò che si cela all’interno della mente di una persona la cui vita è stata distrutta da un tragico evento, un uomo che rincorre il passato senza sapere di vivere nel presente.

«E io, io che avrei potuto cambiare il corso della storia, me ne sto di nuovo qui impalato. Me lo sono fatto sfuggire per la seconda volta, gli ho permesso di andarsene indisturbato, e mio odio per quanto sono diventato passivo.»

 

 

 

 

 

 

disclaimer: si ringrazia l’ufficio stampa di Fanucci per la copia omaggio.

 

 

May the Force be with you!
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