Mia madre aveva una cinquecento gialla di Enrica Ferrara

Enrica Ferrara è nata a Napoli ma vive a Dublino da oltre vent’anni. Ha pubblicato numerosi saggi su letteratura e cinema, in particolare su Italo Calvino, Elena Ferrante, Natalia Ginzburg, Pier Paolo Pasolini e Domenico Starnone. Lavora al Trinity College e collabora con l’Istituto Italiano di Cultura a Dublino. Mia madre aveva una Cinquecento gialla è il suo primo romanzo.

 

Fu allora che capii che le cinque marce non servivano più. E che ce l’avremmo fatta sempre, noi tre donne. Anche se eravamo piccole, gialle e con una marcia in meno.

 

Editore: Fazi Editore
Data di uscita: 20 febbraio 2024
Pagine: 300
Prezzo: 18.00 €

Gina ha dieci anni ed è figlia di un politico democristiano, Mario Carafa, che nell’estate del 1980 è costretto a scappare da Napoli e a lasciare la sua famiglia. Con la madre Sofia e la sorella Betta, Gina parte sotto falso nome per raggiungere il padre in Sardegna. Grazie alla passione sfrenata per le storie e le parole nuove, Gina prova con tutte le sue forze a comprendere cosa stia succedendo, cercando di decifrare il significato di termini per lei esotici come “capro espiatorio”, “latitante”, “brigatista” e “camorrista”. Le sembra di capirne il senso, eppure più passa il tempo e più rimane confusa: suo padre è innocente o colpevole? È un politico o un camorrista? Chi sono i suoi amici e chi invece gli è diventato nemico?
Tra incomprensioni familiari, ribellioni adolescenziali, nuove amicizie e nuove avventure a bordo della sgangherata Cinquecento gialla di sua madre, Gina supera questo periodo difficile e si mette a investigare per conto suo per scoprire le vere ragioni che stanno dietro la latitanza di suo padre e soprattutto per cercare di riportarlo a casa una volta per tutte.
Un esordio dolceamaro su una famiglia che di colpo si ritroverà catapultata in mezzo agli intrighi politici che hanno diviso l’Italia nel periodo a cavallo degli anni Ottanta, a ridosso degli anni di piombo e del rapimento Moro.

 

Prima ancora di avere la possibilità di prendere la patente sognavo di guidare una Cinquecento, è vero, una Cinquecento moderna e non gialla e sgangherata ma da subito questo romanzo mi ha ricordato questo fatto della mia gioventù che ricordo con un sorriso.

La trama del romanzo di Enrica Ferrara mi ha subito incuriosita, mi piace viaggiare nel passato e toccare con mano un pezzo di storia che non ho avuto la possibilità di vivere grazie ad un romanzo. Mia madre aveva una cinquecento gialla è un viaggio, un viaggio alla (ri) scoperta di uno spaccato oscuro della storia del nostro paese. Gli Anni Ottanta, da una parte vivaci, spensierati e super colorati, dall’altra anni di paura e terrore, sono stati gli anni dei rapimenti politici e degli attentati, gli anni dei democristiani e dei brigatisti. Personalmente non ho vissuto in prima persona questi anni né lì ho approfonditi nel mio percorso di studi, nemmeno per diletto; il modo in cui mi ci sono avvicinata grazie a Mia madre aveva una cinquecento gialla è stato molto interessante e coinvolgente, anche se verso la fine del romanzo confesso che mi sono persa un pochino in questo mare di politica.

Il romanzo di Enrica Ferrara si ispira a una vicenda realmente accaduta a suo padre, l’autrice ci racconta attraverso gli occhi di Gina, i suoi occhi, i sogni, le speranze, le incertezze, la rabbia e la paura di una famiglia coinvolta in giochi di potere quasi indistricabili.
Lo stile di scrittura di Enrica Ferrara mi è piaciuto molto, in modo delicato ed emozionante ci racconta eventi e tematiche ancora molto delicate.

 

 

Estate del 1980, il democristiano Mario Carafa è costretto a scappare da Napoli e a lasciare la sua famiglia. Da quel momento iniziano le indagini di Gina, dieci anni, determinata a comprendere perché il suo Papaone ha abbandonato lei, la sorella maggiore e la madre improvvisamente. Gina inizia a domandare, chiedere alla madre spiegazioni riguardo il comportamento del padre, la piccola si scontra con un comprensibile muro di rabbia e solitudine che diventa sempre più spesso. Nel frattempo prova a carpire notizie da ogni fonte possibile, venendo a contatto con termini come “capro espiatorio”, “latitante”, “brigatista” e “camorrista” che non riesce a comprendere fino in fondo. Gina crede fermamente nell’innocenza del padre, anche se con il passare del tempo e tutta la confusione e il cercare di tenerla all’oscuro inizia a dubitare, a interrogarsi se sia invece colpevole.

Crescendo Gina inizia piano piano a mettere in ordine i vari tasselli che compongono la vicenda, i rari incontri con il padre sono fondamentali per mettere tutto, o quasi, al suo posto. Alla fine la protagonista farà luce sulle ombre che hanno caratterizzato la sua infanzia, perdonare il padre che le ha lasciate sempre sole non né facile né scontato. A proposito, ecco la mia scena preferita del romanzo: Gina è a bordo della Cinquecento gialla con la madre e la sorella, stanno tornando a casa dal campeggio e hanno appena fatto ripartire l’auto che le aveva abbandonate, in quel momento d’euforia si rende conto che le cinque marce del padre non servivano più, ce l’avrebbero fatta sempre, loro tre insieme. Anche se eravamo piccole, gialle e con una marcia in meno.

 

 

 

 

 

Desclaimer: si ringrazia l’ufficio stampa di Fazi Editore per la copia omaggio

 

 

 

 

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