La strada di casa di Kent Haruf | Recensione di Deborah

 

Era al volante di una Cadillac ross. Non era nuova; l’aveva comprata poco dopo essersene andato, quando ancora aveva soldi da spendere. Rimaneva sempre un’automobile pacchiana, di quelle su cui ci si aspetterebbe di vedere un pappone di Denver o un nuovo ricco di Casper – Wyoming, che ha fatto i soldi con il petrolio.

 

Editore: NN Editore
Data di uscita:  18 giugno 2020
Pagine: 194
Prezzo: 18.00 €

Jack Burdette è troppo grande per la città di Holt e per i suoi abitanti. Ex giocatore di football, cacciato dal college con un’accusa di furto, poi militare in missione all’estero, quando sembra aver messo la testa a posto lascia improvvisamente la sua fidanzata per sposare un’altra donna conosciuta dodici ore prima. A ogni ritorno, Holt gli sembra sempre più stretta e scomoda… finché Jack non scompare con la cassa dell’azienda per cui lavora, lasciando la moglie e due figli. Dieci anni dopo, la città non ha perdonato né dimenticato. Eppure Jack torna un’ultima volta, con una macchina vistosa e un passato ingombrante, per far saltare di nuovo ogni convenzione e ogni certezza, senza alcun rimpianto. Ancora una volta Kent Haruf, con la sua scrittura tenera e implacabile e il suo sguardo asciutto ed empatico sulla vita e il destino, ci racconta la storia di un’umanità fragile, ostinata e tenace.

 

Il 2020 è un anno decisamente strano che bene o male, soprattutto male, sarà difficile da dimenticare; sembra proprio che il fato si stia impegnando per concentrare in questo sfortunato arco di tempo dolore e difficoltà. Un avvenimento dolceamaro che mi ricorderà sempre questo periodo è l’uscita di La strada di casa di Kent Haruf, un romanzo che segna la fine di un ciclo di opere meravigliose che porterò sempre nel mio cuore. Grazie a Canto della pianura Haruf mi ha fatto innamorare perdutamente della letteratura americana, quella letteratura cruda, agreste e polverosa, che scava nelle vite di persone normali. Aspetto di percorrere La strada di casa verso Holt da quando alla fine del 2018 ho terminato la lettura di Vincoli, purtroppo però questa sarà l’ultima volta che percorreremo tutti insieme per mano le strade polverose del Colorado diretti verso la cittadina immaginaria che ci ha rubato il cuore.

 

Tutta quella vernice rossa – dello stesso colore di una ferita aperta, per dire, o del rossetto sulle labbra di una donna il sabato sera – splendeva, scintillava sotto il sole, come se avesse trascorso tutto il giorno a lucidarla prima di mostrarcela.

 

Essere tornata ad Holt per l’ultima volta è stato molto emozionante, ero entusiasta all’idea di tuffarmi ancora una volta in quelle atmosfere magiche e agresti dipinte dalla voce melodiosa di Kent Haruf, tutta questa gioia però mi ha lasciato inevitabilmente un retrogusto amaro. È difficile rassegnarsi all’idea di non poter più vivere l’emozionante attesa della pubblicazione di un nuovo libro del tuo scrittore preferito, conoscere nuovi personaggi, ritrovare i vecchi amici, tornare nella cittadina immaginaria che è molto più consistente di tante mete realmente esistenti. La strada di casa per gli appassionati di Kent Haruf è tutto questo, è gioia ed è dolore. Il sentimento però che prevale in tutto questo caos emozionale contrastante è la felicità, la gioia di ritornare a casa per vivere una nuova meravigliosa avventura, pazienza se poi è l’ultima volta, gli abitanti di Holt saranno sempre pronti per ritrovarci tutti insieme a camminare nuovamente lungo le strade aride e polverose già percorse in passato. Sono sicura che presto tonerò di nuovo sui miei passi e ritroverò i miei amati fratelli McPheron, la giovane Victoria Roubideaux, farò un saluto alla famiglia Lewis e mi fermerò a chiacchierare in veranda con Addie e Louis. Ora però è tempo di mettere per un attimo da parte i sentimenti malinconici che genera la fine di un ciclo, smettere di pensare al passato e a ciò che non potrà più essere in futuro, è tempo di concentrarci sul presente e goderci l’attimo, è il momento di affiancarci a Pat Arbuckle, il direttore dell’Holt Mercury, e scoprire la storia di Jack Burdette, nato e cresciuto a Holt.

 

 

Torniamo ufficialmente ad Holt, una cittadina immaginaria incastonata nelle High Plains, sconfinato altopiano arido e polveroso che dal Midwest si trasforma lentamente nelle Montagne Rocciose. Il mondo dipinto da Haruf è parte integrante delle sue storie, un personaggio silenzioso che sta sempre costantemente sullo sfondo per meravigliare e affascinare il lettore. Gli scorci suggestivi di un’America rurale, cruda, reale e poco conosciuta cozzano sonoramente contro ciò che siamo abituati ad immaginare pensando a questo paese fatto di metropoli, cemento, grattacieli, opportunità e riviste patinate. Holt è questo, una realtà comune, quasi banale, nascosta sotto strati e strati di densa polvere che si alza dalle strade sterrate della contea e ricopre tutto quanto, oscurando e proteggendo la propria essenza. Haruf è Holt e Holt è Haruf, la linea che divide lo scrittore dalla sua terra è labile, inconsistente; Holt racchiude e custodisce il suo autore, Haruf ha inciso il suo riflesso in questa cittadina immaginaria popolata da gente comune affetta da problemi comuni. Haruf riesce a rendere suggestivo ciò che a prima vista risulta comune, quasi banale, è necessario un talento e una maestria fuori dal comune per trasformare una zucca in una carrozza e Haruf ci riesce, ci riesce in tutti i suoi romanzi, ci riesce anche in La strada di casa. La vita ad Holt scorre lenta, placida, immobile, i giorni si susseguono uno dopo l’altro e i suoi abitanti sono immersi nella tranquillità delle proprie consuetudini, come noi, sempre uguali. Cosa succede però se la continuità si spezza? Ci si ritrova catapultati nel buio, un oscuro caos nel quale è difficile fermarsi, ragionare e uscire. Questo è un po’ ciò che è successo alla cittadina quando un giorno come gli altri, un sabato di inizio novembre, è ricomparso improvvisamente Jack Burdette. Sì, proprio quel Jack Burdette. Quale Jack Burdette vi starete chiedendo. Quel Jack Burdette che è nato e cresciuto ad Holt, conosciuto e rispettato da tutti fino a che otto anni prima era sparito in fretta e furia con centocinquantamila dollari sottratti alla sua comunità.

 

All’inizio gli abitandi di Holt non si allarmarono per la sua scomparsa. Al contrario, ne furono piuttosto divertiti. La presero come una specie di scherzo, come un altro dei suoi gesti repentini e bizzarri, che nel tempo sarebbe stato giustificato, o quantomeno compreso, come l’ennesima puntata della leggenda da cui era costantemente accompagnato in città.

 

Holt si era quasi dimenticata di quel Jack Burdette, quasi appunto, e unicamente perché qualcuno aveva già in qualche modo “saldato” il suo debito. Quel qualcuno è Jesse Burdette, la giovane moglie di Jack comparsa inaspettatamente al fianco dell’uomo di ritorno da un convegno di agricoltori anni prima. Jesse ha pagato un prezzo altissimo per ristabilire il proprio nome agli occhi della comunità e separarlo da quello del farabutto che si è trovata ad avere come marito, quando finalmente dopo anni è riuscita a ritrovare la felicità l’oscurità è di nuovo in agguato. Holt per tanto tempo ha desiderato ardentemente la testa di Burdette, il tornare a casa ha riaperto vecchie ferite che ancora non erano del tutto cicatrizzate, la rabbia era in suppurazione subito dietro la rosea superfice pronta a riversarsi copiosamente all’esterno. Così è stato. Holt è esplosa e Jack Burdette è stato travolto dall’esplosione, purtroppo ci troviamo di fronte ad un individuo furbo e scaltro che ha dimostrato di conoscere il significato di prescrizione e di essere ancora un maestro nell’arte della fuga a rotta di collo. Attraverso il racconto di Pat Arbuckle ricostruiamo la vita di Burdette, scavando nell’io di quell’egocentrica piccola celebrità che ha trovato il modo di fregare, di nuovo, la sua città. Arbuckle è una sorta di doppelganger di Burdette, una persona buona al quale il fato ha deciso d’intrecciare saldamente la vita con quella del farabutto; il destino è inesorabile e in questo romanzo lo sarà anche Haruf. Alle vicende di Burdette si intrecciano lateralmente altre vicende, esistenze che in un modo o nell’altro si sono incrociate a quelle della distruttiva supernova per poi essere eclissate. Conosciamo in questo modo altra gente di Holt, altri frammenti di un mondo immaginario che ci racconta un’America autentica e non abbagliata dalle finte luci della ribalta.

La strada di casa si è rivelato un romanzo crudo, avvolgente, spietato e allo stesso tempo dolce e melodioso come solo Haruf sa essere. Haruf mancherà terribilmente, in questo momento invidio tantissimo i lettori che devono ancora scoprire da capo tutti i romanzi di questo grande autore.

 

 

 

 

Desclaimer: si ringrazia l’ufficio stampa di NN Editore per la copia omaggio

 

May the Force be with you!
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