Old But Gold: L’uccellino bianco di James Matthew Barrie

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Torniamo indietro nel tempo per scoprire la bellezza dei Giardini di Kensington con “L’uccellino bianco” di James Matthew Barrie, pubblicato da Leone Editore con la traduzione Andrea Cariello.

Pagine: 246

Acquistalo subito: L’uccellino bianco

Editore: Leone Editore
Collana: Gemme
Traduzione: Andrea Cariello

Prezzo: € 11,90
Data di uscita: Dicembre 2018

Il Capitano W., reduce di guerra, quarantenne e scapolo, vive con inglese regolarità le sue giornate, assieme a un cane San Bernardo, Porthos, unico suo motivo di affetto. I suoi passatempi preferiti sono la scrittura e frequentare il suo club. Da li osserva curioso ogni giorno Mary A., una giovane ragazza di classe meno abbiente, che fa la bambinaia, e il suo innamorato, postino e pittore. Quando scopre che i due hanno litigato mortalmente, riesce, a loro insaputa e con uno scaltro inganno, a farli riconciliare. Diventato amico della coppia, comincia presto a occuparsi anche del loro figlioletto David, portandolo spesso ai Giardini di Kensington, dove i due ambientano le loro storie. E sarà proprio in queste storie che comparirà per la prima volta Peter Pan. Il racconto include “Peter Pan nei giardini di Kensington”.

James Matthew Barrie è una delle mie lacune letterarie più grandi. Padre di Peter Pan, lo scrittore e drammaturgo scozzese per me non è mai stato nient’altro che un nome collegato a un personaggio famoso di cui Walt Disney ha realizzato un film nel 1924, il lungometraggio di animazione che tutti noi conosciamo e che abbiamo imparato ad apprezzare, ma com’è nato in realtà il bambino che si rifiuta di crescere?

La risposta non è tardata ad arrivare grazie a Leone Editore che mi ha permesso di leggere “L’uccellino bianco”, romanzo pubblicato per la prima volta nel 1902 in cui James Matthew Barrie attraverso il suo alter ego letterario, il capitano W., si focalizza sulle giornate trascorse ai Giardini di Kensington con il piccolo David, figlio di una bambinaia, Mary A., con il quale ha stretto un forte legame tanto da diventare un volto familiare, un amico sul quale contare e un figlio surrogato.

Tutto questo viene raccontato in prima persona con uno sguardo critico verso ciò che lo circonda, compreso il ruolo femminile in epoca vittoriana, inteso sia come donna che come madre, prendendo come esempio Mary A. e la sua vita prima che diventasse genitore, analizzandola come se fosse un campione sotto il microscopio. Molte delle sue osservazioni riflettono il periodo storico nel quale è ambientato il romanzo, appesantendo i momenti di spensieratezza con David, nei quali ho particolarmente apprezzato il rapporto fra i due, il modo in cui due generazioni differenti costruiscono un ponte con la fantasia e riescono ad andare oltre alla loro età.

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Quando Mary A. e la sua famiglia diventano i vicini di casa del capitano W. qualcosa dentro di lui scatta, lo costringe a mentire e crearsi un bambino immaginario e farlo morire poco dopo come pretesto per avvicinarsi a David, diventare in un certo senso il benefattore dietro le quinte della sua famiglia per avere soltanto un po’ di compagnia. Quella di Porthos, il cane, non gli basta più perchè i bambini con la loro innocenza e la loro energia sono una terapia per l’anima. Ed è proprio ai Giardini di Kensington che nasce Peter Pan, durante le loro passeggiate.

Filtrare tutto questo mi è risultato un po’ difficile all’inizio per il modo in cui James Matthew Barrie passa da presente e passato, alterna le sue riflessioni e si disperde tra i suoi pensieri, ma una volta superato il centinaio di pagine eccolo arrivare il bambino che si rifiuta di crescere, il racconto che mi ha fatto apprezzare in sè l’opera: la prima apparizione di Peter Pan e le sue incredibili avventure.

A sette giorni di vita Peter, metà uccello e metà bambino, prende il volo e si allontana da Londra, dimenticandosi di essere anche umano e finendo sull’isola nella Serpentina dove Solomon il Gracchio gli insegna a essere un uccello pur essendo lui a metà fra le due specie. Ciò nonostante impara moltissime cose dai volatili, sopratutto a come adattarsi, ma nulla che possa aiutarlo a raggiungere nuovamente Londra e seppure sembrava un’impresa impossibile alla fine ci riesce.

Sul lago Tondo spesso si diletta a giocare, a suonare il suo flauto, nascosto in bella vista, divenuto ormai parte dei Giardini di Kensington. Chiunque senta il suo del suo flauto pensa che sia il verso di un usignolo. In balia dell’avventura Peter Pan comincia a sentire la mancanza di sua madre, ma quando riesce a raggiungerla si rende conto che non c’è più spazio per lui e che ora tra le braccia di lei c’è un nuovo figlio da accudire e per Peter è una dura lezione imparare.

L’incontro tra Peter e Maimie è uno di quelli più toccanti e dolci che abbia mai potuto leggere, a tratti commovente, un’amicizia nata per caso che regala al ragazzino qualcosa di importante, in un certo senso lo arricchisce, anche se lui all’inizio non se ne rende conto ed è a volte grazie ad un addio che si impara qualcosa di nuovo. Poi la bolla magica scoppia e si ritorna a Londra con il capitano W. che si diletta a raccontarci qualche esilarante storia anche con Porthos protagonista, ma quello che mi ha colpita maggiormente è che dopo aver osservato a lungo Mary A. lui non ci abbia mai parlato di persona e decida di regalarci un frammento del loro incontro alla fine, una ciliegina sulla torta che ha permesso a me lettrice di capire com’è nato “L’uccellino bianco”.

Tirando le somme posso dire che il mio primo approccio con James Matthew Barrie non è andato male, anzi mi ha permesso di scoprire un’altra voce della letteratura che non avevo ancora ascoltato, il che mi ha spronata a non voler interrompere qui il discorso.

“L’uccellino bianco” si è rivelata una lettura che mi ha insegnato l’importanza delle occasioni perse dalle quali bisogna imparare a non chiudersi mentalmente, ma ad aprirsi verso le opportunità che ancora ci sono là fuori e allo stesso tempo mi ha mostrato il potere della fantasia che riesce a colorare persino la solitudine, trasformando un bambino in qualcosa di unico, l’appiglio al quale aggrapparsi per vivere nuove avventure, che una volta diventati adulti possono sembrare cose da bambini o da illusi, ma che se viste con un pizzico di magia possono ancora stupire e non sto parlando di grandi imprese, ma anche di piccole cose in grado di farci sorridere.

“In quel modo intendeva dire che sperava di non sparire del tutto. Fece scivolare nervosamente la sua mano nella mia e io la misi in tasca. Non potete immaginare quanto piccolo sembrasse David quando varcò il portone del circolo“.

 

 

 

disclaimer: si ringrazia l’ufficio stampa di Leone Editore per la copia omaggio.

 

 

May the Force be with you!
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