The Whispering room: Formule mortali di François Morlupi

Ricordati che qualsiasi momento è buono per cominciare. Apprendi dagli audaci, dai forti, da chi non accetta compromessi, da chi vivrà malgrado tutto. Alzati e guarda il sole nelle mattine e respira la luce dell’alba. Tu sei la parte della forza della tua vita. Adesso svegliati, combatti, cammina, deciditi e trionferai nella vita; Non pensare mai al destino, perché il destino è il pretesto dei falliti.
(Pablo Neruda)

 

Nuova uscita per la nostra rubrica The Whispering Room, scopriamo insieme Formule mortali romanzo scritto da François Morlupi. Non perdetevi il botta e risposta con l’autore per approfondire questo interessante giallo/noir.

 

Editore: Croce Editore
Data di uscita: 23 aprile 2018
Pagine: 320
Prezzo: 15.00 € cartaceo

In una torrida estate romana un passante scopre un cadavere di un uomo atrocemente torturato e mutilato. Sul terreno insanguinato gli arti amputati disegnano una celebre formula fisica. È il primo di una serie di omicidi rituali che coinvolgono vittime senza alcun legame apparente. A tentare di risolvere il caso è chiamato il commissario Ansaldi, professionista integerrimo ma tormentato dall’ansia e dagli attacchi di panico. Ad accompagnarlo in questa avventura verso il Male, il vice ispettore Loy, una ragazza con un forte disturbo antisociale di personalità e altri tre membri del commissariato di Monteverde. Tenteranno insieme di venire a capo di quello che ormai i media hanno battezzato il caso delle formule mortali, un’indagine dopo la quale nessuno dei protagonisti sarà più lo stesso.

 

#Bottaerisposta

 

 

  • Come è nata l’idea di Formule mortali?

Fondamentalmente sono stati tre i motivi che mi hanno spinto a scrivere… Il primo, forse il più importante, era la volontà di evadere dalla quotidianità che mi stava attanagliando a lavoro dove le
cose non andavano benissimo. Ho tentato dunque di rifugiarmi in un mondo nuovo, dove io ero il
protagonista e nessuno mi schiacciava con il suo peso. Poi leggere una quantità industriale di libri l’anno ha fatto sì che nel mio cervello, qualcosa venisse seminato ogni giorno. Il tutto ha germogliato in un determinato periodo, ma probabilmente bolliva da parecchio. Lo stress da lavoro non ha fatto altro che accelerare un processo inevitabile. The last but not the least, è che spesso rimango deluso da alcuni romanzi. Mi sento quasi tradito quando compro un libro pubblicizzato che poi non mi soddisfa. Invece di criticare soltanto, ho voluto mettermi alla prova, agire. E ho partorito Formule Mortali.

 

 

  • C’è un episodio della storie che le si è delineato prima degli altri?

Ho scritto il libro in due mesi e la prima settimana mi sono accorto, con stupore, di aver scritto oltre
cinquanta pagine. Ho voluto dunque scrivere subito l’epilogo per poter darmi un indirizzo. Non avendo un’idea precisa della storia, la conclusione è probabilmente l’episodio che si è delinato prima degli altri.

 

 

  • Come è nata la sua passione per il genere giallo?

Fin da piccolo divoravo i libri della Christie e anche di Conan Doyle; da loro è iniziato questo grande amore che pare non affievolirsi mai. Ora leggo gialli più moderni, quelli nordici su tutti ma non disdegno i mediterranei.

 

 

  • Ci racconti qualcosa riguardo i protagonisti della storia

I protagonisti del libro sono i poliziotti del Commissariato di Pubblica Sicurezza
“Monteverde” di Roma. Monteverde è un quartiere della capitale, che si estende lungo le
propaggini occidentali del Gianicolo sulla riva destra del fiume Tevere. Rappresenta un luogo elegante e tranquillo con le sue strette vie alberate e le sue palazzine di inizio novecento dai colori pastello caldi e solari. Il Commissariato di P.S. è in sintonia con il quartiere: attività di normale amministrazione, niente reati eclatanti tali da richiamare l’attenzione dei media nazionali. Il dirigente della struttura è il commissario Biagio Maria Ansaldi, poliziotto di esperienza, ha superato la cinquantina, professionalmente assai preparato, integerrimo e per questo assai amato e rispettato dai suoi collaboratori. Fisicamente non è un granché…anzi è decisamente sovrappeso e soprattutto soffre di stati di ansia che, a volte, esondano in vere e proprie crisi di panico, che ne impongono l’ospedalizzazione. Proprio, dopo una di queste, in un letto di ospedale, facciamo la sua conoscenza in una torrida notte di agosto. In genere riesce a controllare le sue ansie con l’assunzione di dosi massicce di ansiolitici, dei quali è divenuto dipendente, ma soprattutto trova sollievo “perdendosi” nell’arte, la pittura, quella vera, quella che mira alla Bellezza nel senso più alto del termine. Malgrado il suo particolare stato mentale, compromesso anche dai suoi fallimenti sentimentali, il commissario Ansaldi guida con mano ferma, senza autoritarismo, la sua squadra investigativa, composta da quattro agenti, persone del tutto normali, non certo dei supereroi né tantomeno dei geni del processo mentale deduttivo alla Sherlok Holmes. Ve li presento. Il vice del commissario è l’ispettrice Eugenie Loy, una ragazza, italo francese, di 30 anni. Fisicamente è l’esatto contrario di Ansaldi, alta magra, quasi segalina, vestita sempre di nero, mai truccata, è pur tuttavia capace e professionalmente inappuntabile. Viene soprannominata “loyedì”, un evidente miscuglio tra Loy e la ragazza mai sorridente di nome “Mercoledì” della Famiglia Addams. Nonostante ciò è in grado di prevedere ed
estrapolare dati che altri non vedono. Dal punto di vita psicologico ha problemi simili a quelli del suo commissaro; è, difatti, incapace di mostrare qualsiasi empatia nei confronti del genere umano, non per mero egocentrismo, ma per incapacità ad esternare i propri sentimenti. Li ha ma li nasconde dentro lei, non riesce a farli uscire e di questo ne soffre molto. Tale sofferenza le si legge spesso sul viso tanto da farla definire dal personale del commissariato come “la portatrice sana di infelicità”. Amante della buona lettura, ha sempre con se il suo libro di riferimento: Maximes et Pensèes di Chamfort, del quale una citazione la descrive a perfezione .”les gens les moins sensibles sont les plus heureux”. Gli altri tre componenti della squadra sono, per fortuna, più “normali”. L’agente anziano Caldara è l’unico sposato con due figli, famiglia che adora. E’ un individuo calmo e metodico, forse non di notevole intelligenza, ma preziosissimo in quanto infatigabile nella ricerca dei dati di archivio, dei “precedenti”, che tanta importanza rivestono nelle indagini. Ha notevole confidenza anche con Internet, oggetto misterioso per il commissario. Suoi unici crucci sono i continui rimproveri della moglie e dei suoceri, che lo accusano di tenere più al suo lavoro di poliziotto che alla famiglia “allargata”. L’agente Leoncini è un ragazzo di colore di origini africane, adottato in tenera età da
genitori italiani ormai defunti, per i quali ha nutrito un grande affetto e della cui mancanza ancora ne soffre. E’ un gran bel ragazzo, dal fisico atletico, con due grandi passioni: una assai bizzarra, se si pensa al colore della sua pelle, lo studio del nazismo, l’altra assai più normale, le belle ragazze che non ha difficoltà a conquistare. L’agente Di Chiara è un giovane dal fisico tendente al grassotello, non certo all’altezza del suo collega, scapolo, alla ricerca, incessante ma ancora infruttuosa, di una compagna, nutre un interesse spropositato per i film coreani e per la squadra di calcio del cuore “la magica Roma”. I due sono legatissimi, tanto da essere appellati i Ringo boys, chiara allusione ai famosi biscotti con due cialde unite, una di vaniglia l’altra di cioccolato. Insieme svolgono la maggior parte del lavoro sul campo, lavoro spesso ingrato e soprattutto senza orari di sorta.

 

 

  • Chi è il suo personaggio preferito? Ha qualcosa in comune con lei/lui?

Un “padre” non dovrebbe mai indicare il figlio preferito, però sicuramente ho per il commissario un affetto particolare. Le sue ansie mi colpiscono molto e mi fanno stare male, quasi quanto lui! Non ho però in comune con lui, per fortuna, le sue paturnie ma soltanto l’amore per l’arte.

 

 

  • Come mai ha scelto di ambientare la sua storia a Roma?

Sono romano e ho con la città un rapporto di amore/odio come se fosse una donna! Roma infatti è
capace di portarti in paradiso e un paio di secondi dopo…all’inferno! Ho sempre vissuto nella
capitale italiana e l’indagine è anche una scusa per poter raccontare altro, come ad esempio le
problematiche della mia amata città. Mi è parso dunque naturale ambientare la storia nella città
che conosco più di tutte. Sarebbe stato ridicolo ambientare la storia in america o in altri posti
sconosciuti.

 

 

  • C’è qualche curiosità che non ha scritto nel romanzo e vuole condividere con i lettori?

No, le curiosità non dette arriveranno nei prossimi capitoli!

 

 

  • Cosa significa per lei la scrittura?

Libertà, passione, evasione e sentirsi bene. Soprattutto mi permette di “urlare” idee, giudizi o impressioni che magari, oralmente, avrei difficoltà a tirare fuori.

 

 

  •  Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Visto il successo del primo (Formule Mortali ha infatti vinto diversi premi nella categoria giallo/noir)
ho scritto il secondo e ora sto terminando il terzo…chi vivrà vedrà!

 

 

#Conosciamol’autore

François Morlupi (Roma, 1983), italo-francese, lavora in ambito informatico in una scuola francese di Roma. Grande appassionato di gialli in generale e in particolare di quelli scandinavi, di storia contemporanea e di film coreani. Formule Mortali rappresenta il suo esordio letterario; noir ambientato nei luoghi e fra la gente della Roma che frequenta quotidianamente. Un romanzo avvincente che apre una finestra sulla realtà capitolina contemporanea.

 

 

 

 

 

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