Let’s talk about: Non qui, non altrove di Tommy Orange (Frassinelli)

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Oggi parliamo del romanzo di Tommy Orange,“Non qui, non altrove”, pubblicato da Frassinelli e tradotto da Stefano Bortolussi.

Data di uscita: 12 Febbraio

Acquistalo subito: Non qui, non altrove

Editore: Frassinelli
Traduzione: Stefano Bortolussi

Pagine: 326
Prezzo: € 18,90

Ogni anno, a Oakland, in California, gli indiani d’America organizzano un raduno, una grande festa della nazione perduta e impossibile da dimenticare. Ogni anno, oltre le perline colorate, le penne fra i capelli e il folklore turistico delle riserve, migliaia di nativi del Nord America confluiscono lì da altre città, dove vivono senza sentirsi mai a casa. Si ritrovano per cercare l’uno nell’altro una patria, per riavere un luogo che, almeno per un giorno, sia di nuovo solo loro. E ognuno lo fa a modo suo. Il giovane Dene tiene viva la memoria dello zio raccogliendo testimonianze per un documentario. Edwin entra a far parte dell’organizzazione del powwow, come i nativi chiamano l’evento, per conciliare le sue origini miste. Jacquie cerca di riprendere le fila della sua vita disperata attraverso quella famiglia che non sa più di avere. E così, insieme agli altri formidabili personaggi che popolano il romanzo, con le loro storie maledette e potenti che si intrecciano l’una all’altra, quegli uomini e quelle donne si preparano a vivere una giornata speciale, che si rivelerà fatale per tutti. “Non qui, non altrove” è il ritratto di un’America che quasi nessuno di noi conosce. È memoria, spiritualità e bellezza. È identità, violenza e riscatto. È la storia di una nazione e del suo popolo. È la rabbia e la nostalgia per un qui che abbiamo considerato nostro e custodiamo nel cuore, ma che in qualche modo, portandocelo via, altri ci hanno costretto a chiamare altrove.

Ci sono romanzi di fronte ai quali non ci si può soffermare solo ed esclusivamente sulla copertina, non quando le trame si fanno largo con una forza prorompente e chiedono soltanto di essere letti, guardare all’interno dell’abisso e fare i conti con le immagini proiettate. Ecco in quel caso non c’è involucro che tenga, la cover passa in secondo piano e non resta altro che le parole che travolgono il lettore con la forza di una mandria inferocita.

Questo è il caso di “Non qui, non altrove” di Tommy Orange, uscito il mese scorso per Frassinelli. Quando l’ho preso in mano ho sentito la sua rabbia esplodere e le sue parole mostrare le zanne, la dimostrazione del fatto che quando si sfiora una rosa bisogna prestare attenzione alle spine. E lui, Cheyenne e Arapaho, debutta con un romanzo che affonda le radici nel passato, ripercorre la storia dei Nativi Americani con una nitida ferocia da arrivare al lettore come uno schiaffo inaspettato, andando però oltre, mostrando il vero volto degli Indiani d’America oggi.

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Ed è proprio questa la potenza narrativa di Orange, il fatto che guidando il lettore nel limbo iniziale, filtrato dai suoi occhi, mostra come il mondo vede da sempre i nativi americani e come loro stessi hanno imparato a vedersi attraverso il giudizio degli altri. Le tribù hanno smesso di “esistere” nel momento in cui c’è stata una distorsione dell’immagine dei nativi, la loro storia scritta col sangue e la morte è passata in eredità come qualcosa di vendibile, un souvenir da spedire a un amico, un acchiappasogni bello abbastanza da appendere alla porta. Ai moderni indiani invece è toccato il “fardello” di vivere con un peso troppo grande sulle spalle ed è questo il motivo che li porta a domandarsi cosa significhi essere un indiano d’America oggi, in un mondo evoluto abbastanza da uniformare ogni cosa, ma ancora troppo chiuso per accettare ciò che è diverso.

Ai suoi personaggi affida il compito di raccontare il mondo nativo odierno che a differenza di quello passato è frammentato, diviso dalla scarsa consapevolezza delle proprie origini o slegata come un filo strappato da quel poco che si conosce, che sperano di trovare la propria identità in un raduno enorme come il powwow, un evento per ricordare ciò che si è perduto, forse le radici che non si riescono più a intravedere. Parliamo di figure che non si muovono più all’interno di una riserva o raccontano leggende dinnanzi a un falò, ma che si scontrano con la cruda e nuda realtà, quella che vede problemi di violenza, alcool, droga e la ricerca della propria identità.

Uno a uno li vediamo mettersi di fronte a uno specchio e cercare di mettere a fuoco il proprio riflesso, trascinando il lettore attraverso una storia cupa, tormentata e difficile, qualcosa dinnanzi alla quale chi legge non può restare indifferente, il volto di un’America mai vista e che si cela ancora dietro all’illusione che il sogno americano esista ancora.

“Non qui, non altrove”, ma dove? Una domanda che balena in testa, la ricerca delle proprie origini in quello che sembra essere un deserto del quale non si riesce a vedere la fine.

“Essere indiano non ha mai significato il ritorno alla terra. La terra è ovunque o da nessuna parte.”

 

 

 

disclaimer: si ringrazia l’ufficio stampa di Frassinelli per la copia omaggio.

 

 

May the Force be with you!
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