Un libro per due: Cardinal – La stagione delle mosche di Giles Blunt

Instagram: @brivididicarta | @lastambergadinchiostro

Io e Sara di Bookspedia torniamo a parlare di lui, di John Cardinal, nel nostro “Un libro per due”. Oggi infatti il protagonista è il romanzo di Giles Blunt, “Cardinal – La stagione delle mosche”, pubblicato da Sperling & Kupfer, con la traduzione di Stefano Massaron.

Data di uscita: 5 Marzo

Acquistalo subito: La stagione delle mosche

Editore: Sperling & Kupfer
Collana: Pandora
Traduzione: Stefano Massaron
Genere: Thriller
Pagine: 355

Prezzo: € 17,90

Chiunque abbia trascorso del tempo ad Algonquin Bay vi dirà che ci sono moltissime buone ragioni per vivere altrove. C’è la distanza dalla civiltà, che per i canadesi significa Toronto. C’è la graduale decadenza del centro cittadino. Naturalmente ci sono gli inverni, lunghi e feroci. E poi, ci sono le mosche. La primavera ha fatto solo una fugace comparsa, ma è bastato quel breve accenno di disgelo perché ad Algonquin Bay arrivassero le mosche nere. Una sola di quelle bestiacce basterebbe a far impazzire una persona, e loro arrivano a sciami, ben attrezzate per pungere e succhiare il sangue a qualunque essere vivente. Soltanto un pazzo, o un ubriaco perso, uscirebbe senza protezione durante la stagione delle mosche ad Algonquin Bay. E invece, coperta di punture dalla testa ai piedi, piomba nella World Tavern una giovane donna, bellissima, con i capelli rossi fiammeggianti, e completamente priva di memoria. Soccorsa da Jerry Commanda, il poliziotto locale di origini indiane, la ragazza viene subito portata in ospedale. Dove presto i medici scoprono che i morsi delle mosche sono il minore dei suoi problemi. Qualcuno, infatti, le ha sparato alla testa, e il proiettile è rimasto nel cranio. Mentre i chirurghi tentano di salvarle la vita, John Cardinal e Lise Delorme indagano sulla sua identità. E ben presto si imbattono in un secondo raccapricciante crimine. Se c’è un legame tra i due fatti di sangue, John Cardinal è l’unico che può trovarlo. L’unico che può interrompere la catena.

In questo sabato un po’ grigio do il bentornato a due volti familiari, quelli di John Cardinal e Lise Delorme, che nella loro prima apparizione in “Quaranta modi per dire dolore” mi avevano affascinata, portandomi a scoprire il lato grottesco dell’Ontario, in particolare quello di Algonquin Bay, città canadese dove al contrario di quello che si pensa il crimine è all’ordine del giorno.

Il secondo romanzo si intitola “Tempesta di ghiaccio” ed è stato pubblicato nel 2003 da Net e non vedo l’ora di recuperarlo. Sì, perchè  “La stagione delle mosche” in realtà è il terzo romanzo della serie con Cardinal e Delorme protagonisti, pubblicato in Italia da Sperling & Kupfer all’inizio di marzo con la traduzione di Stefano Massaron,  dopo l’uscita della seconda stagione a gennaio che riprende le vicende narrate nel romanzo di cui vi parlo oggi e la terza andata in onda su La Effe a febbraio, che invece procede portandoci più avanti, al quarto libro, intitolato “Quando leggerai queste parole”, ancora inedito qui.

A differenza del primo romanzo in cui l’inverno dava filo da torcere ai protagonisti, questa volta ad Algonquin Bay è arrivata l’estate e se pensate che sia una cosa positiva vi sbagliate di grosso perchè appena si alzano le temperature compaiono insetti indesiderati, i simulidi, comunemente chiamati anche mosche nere, che non hanno nessuna pietà e colpiscono sia animali che uomini. Tutto ciò permette di portare alla luce anche qualcosa di inaspettato o meglio qualcuno, una ragazza pallida dai capelli rossi sgargianti che ha completamente rimosso la propria identità e non per colpa della stagione delle mosche.

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A trovare “Red” è Jerry Commanda, poliziotto di origini indiane, che durante una bevuta al bar del luogo si accorge che c’è qualcosa che non va con la ragazza e prima che dei malviventi possano approfittarsene decide di portarla in ospedale per controllare la situazione, scoprendo così un macabro particolare, un proiettile di una calibro 12 conficcato nel cervello che le impedisce di ricordare e di provare dolore.

L’indagine viene affidata a John Cardinal che insieme a Lise Delorme cercheranno di far luce sulla misteriosa Red e su ciò che le è successo, partendo proprio dal proiettile per risalire al proprietario e delineare un’ipotesi plausibile, perchè il suicidio sembra essere una pista debole, una teoria che non regge, non quando ci sono ancora molti tasselli  sparsi e non si riesce a capire quale sia l’immagine da comporre. Sulla pista traballante del proiettile Cardinal e Delorme si troveranno ancora una volta a fare i conti con la violenza e l’orrore, quella che pare provenire da un culto crudo come il Palo Mayombe, un rito che discende dall’Africa. Parliamo di una forma di santeria più aggressiva, qualcosa che si distacca dal vudù e comporta la mutilazione umana, ma è davvero così?

Dietro il velo si nasconde molto di più di un rito. Parliamo anche di droga, una grossa distribuzione che parte dal Canada, passando per le riserve dei nativi e spingendosi fino agli Stati Uniti e tutto questo si scorge grazie alla traiettoria di un proiettile, che un po’ come seguire le briciole di pane ci porta a vedere finalmente il quadro generale, una grottesca immagine che tassello dopo tassello si incastra alla perfezione, portando all’attenzione del lettore un’indagine ancora più complessa del primo romanzo e devo dire che questo è uno degli aspetti che ho fortemente apprezzato perchè sebbene mi manchi da leggere il secondo volume questo ha saputo stupirmi, riportarmi con la mente ad Algonquin Bay per scoprire ancora una volta il fascino di una città che sembra paradisiaca ma che nasconde le sue insidie.

Ovviamente sconsiglio il romanzo a chi non tollera le scene forti o a chi il thriller non piace perchè Giles Blunt non lascia nulla al caso, intinge la sua penna di sangue e costruisce attorno a Cardinal e Delorme un caso difficile, cruento, la punta dell’iceberg che terrà ancora una volta impegnato John, ma soprattutto ci permetterà di vederlo nella sua vulnerabilità, quella che cercava di non mostrare durante la sua prima apparizione e che ora è una certezza: la sua Catherine, il suo tallone di Achille, mostra le sue crepe e con lei anche John, togliendosi di dosso quell’aria da uomo di ghiaccio per mostrare il volto di un uomo fragile, preoccupato per la moglie e per il suo lavoro, che sta lentamente mostrando come quest’ultimo in qualche modo gli porti via qualcosa. Lisa Delorme non è da meno, sebbene sembrasse quasi sullo sfondo all’inizio, è stato bello vedere la sua tenacia, la grinta che la sprona a dare il meglio in un città ancora chiusa mentalmente che vede il ruolo della donna come madre-moglie e non in grado di compiere un lavoro da “uomo”.

Se “Quaranta modi per dire dolore” era soltanto un piccolo assaggio di un antipasto ricco di sapore “La stagione delle mosche” è una portata piena della quale è difficile scordarsi in particolar modo per quel finale che angoscia, dove per un momento ho pensato al peggio e che invece ha soltanto accentuato il dolore con il quale ancora Cardinal dovrà convivere, una situazione difficile dove però non è da solo, c’è sua figlia, Kelly e Lise, la sua collega, una spalla sulla quale potrà sempre contare.

“Chiunque abbia trascorso un periodo ad Algonquin Bay vi dirà che ci sono molte buone ragioni per vivere da qualche altra parte. […] Ci sono i simulidi, più comunemente chiamati mosche nere. Ogni anno, dopo una fase sempre troppo breve di temperature primaverili, le mosche nere escono dai letti degli innumerevoli fiumi e torrenti dell’Ontario settentrionale per banchettare con il sangue degli uccelli, del bestiame e dei cittadini di Algonquin Bay. E sono ben equipaggiate per farlo”.

 

 

 

 

 

May the Force be with you!
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