“Il suo nome era Agnese, nata di notte, mentre in cielo governava Marte. Aveva […] un cuore pieno di chimere.
Acquistalo subito: Agnese, una Visconti
Editore: Scrittura & Scritture
Collana: Voci
Genere: Romanzo Storico
Data di uscita: 29 Marzo
Prezzo: € 16,00
“Lasciamo sempre qualcosa di noi nei luoghi in cui abbiamo vissuto. Frammenti che soltanto noi potremmo rinvenire.”
Ma sarà davvero così? Quanto di noi resta in un luogo dopo la nostra morte? Ripensando ad Agnese sembra quasi che la sua fine fosse un atto estremo volto a cancellare la sua esistenza, come se all’improvviso tutto ciò che una persona ha fatto o è stata svanisse nel nulla lasciando a malapena un vuoto al fianco di chi l’ha conosciuta.
Di solito trattamenti simili venivano fatti a persone più crudeli o che si erano macchiate di crimini efferati, che chiunque aveva bisogno di dimenticare e per i signori delle varie città, punire questi individui doveva essere da esempio affinchè nessun altro commettesse gli stessi errori. Fra l’altro quella di Agnese non è stata nemmeno una pubblica esecuzione in quanto è avvenuta all’insaputa di tutti, proprio per evitare lo scandalo e far scivolare via una persona importante dalle pieghe della storia.
Agnese invece un’impronta l’ha lasciata, anche se seppellita come un cane e in una fossa giusto per riempire uno spazio vuoto, un po’ per livellare il terreno, un po’ per disfarsi facilmente di una spina nel fianco. Per suo marito, Francesco Gonzaga, l’epilogo della sua vita è stata una liberazione sotto ogni aspetto. Una donna con materia grigia, armata di cultura e temperamento era pericolosa, soprattutto quando neanche uno schiaffo riusciva a soffocare la sua anima guerriera.
“Non abbassate le vele prima ancora di cominciare a navigare, ché la sorte è imprevedibile.”
Adriana Assini è abile nel saper costruire una storia, dandole spessore e soprattutto anima, non a caso le sue donne non restano sullo sfondo, piatte, ma prendono vita e sbucano dalle righe sembrando quasi moderne per la loro epoca.
Il modo di pensare di Agnese era molto moderno, quasi paragonabile a quello di una donna della nostra epoca, ma come tutti coloro che avevano lo sguardo puntato verso il futuro, i suoi discorsi venivano presi per vaneggiamenti, come se non ci fosse follia più grande sulla faccia della Terra. In realtà chi ha gli occhi foderati di ignoranza e le orecchie tappate con l’idiozia è proprio colui che non riuscirà mai a vedere oltre il suo naso, annaspando per sempre nei concetti obsoleti che gli sono stati tramandati.
Quando Agnese viveva a Milano, i suoi genitori l’hanno istruita, non solo nelle materie umanistiche, ma anche nell’arte della scherma, cosa che per una donna, soprattutto una nobile normalmente non era contemplato. E anche se l’istruzione era per Bernabò, il padre, un’arma a doppio taglio, non ha mai smesso di amare sua figlia, anzi, nonostante avesse dovuto consegnarla fra le mani di Francesco Gonzaga per questioni politiche, il signore di Milano ha sofferto fino alla fine per la sua scelta e con lui sua moglie.
Per lei cresciuta in un’ambiente completamente diverso da quello dei Gonzaga, vivere a Mantova era come orientarsi in un labirinto senza vie d’uscita, si sentiva fuori posto, come se quella non fosse e non sarebbe mai stata casa sua.
La sua vita si è tramutata in una lunga scalata verso una meta sempre più irraggiungibile. In quanto donna le responsabilità alle quali far fronte cominciavano a pesare sulle sue spalle, imponendole obblighi difficile da portare a termine in un luogo dove non c’era serenità. Il dover dare alla luce un erede esclusivamente maschio che portasse avanti il nome della famiglia Gonzaga era diventato un fardello insopportabile per Agnese che si ritrovava intrappolata in una gabbia dorata. E anche quando rimase incinta appena diede alla luce una femmina, Alda, la sua vita ha continuato a sprofondare sempre di più.
“La mia felicità dura un lampo, subito scalzata da una paura profonda che mi trafigge e mi rifaccia nelle forre dell’averno. D’un tratto, mi vedo cinta da astri morenti, sepolcri vuoti, crepuscolo e commiati. Forse non so più distinguere il bene dal male?”
Dicono che la quiete arrivi prima della tempesta. La vita di Agnese Visconti è sempre stata una burrasca in cui lei stessa faticava ad aggrapparsi a un’ ancora che le permettesse di salvarsi.
Il suo orgoglio era tutto ciò che le restava per sopravvivere in un mondo di scorpioni sempre pronti ad avvelenarla appena si distraeva. In questo clima irrequieto arriva la quiete, Antonio da Scandiano, cavaliere e desiderio proibito di Agnese, ma proprio come accadde ad Eva appena morsa la mela, l’avvicinarsi a quest’uomo genera una spirale di dolore che culmina con la morte di entrambi.
Questo romanzo ritrae una donna forte, che per quanto fossero dure e violente le lezioni della vita non si è mai spezzata e non è mai scesa a compromessi. Da sola è riuscita a smuovere la propria esistenza, senza amicizie che la favorissero o padroni che la governassero.
Donna dal temperamento forte da cui bisogna prendere spunto, anche quando attorno a noi è buio, la forza interiore può accendere una luce capace di guidarci attraverso l’oscurità.
“Agnese, una Visconti” non è una donna facile da domare, è un cavallo imbizzarrito che sa scegliere bene il momento in cui disarcionare il suo fantino.