Le ombre corrodono ed infestano il mio venerdì con “I racconti di Johnny Ludlow”, l’interessante raccolta di ABEditore tradotta da Luigi D’Agnone.
Acquistalo subito: I Racconti di Johnny Ludlow
Editore: ABEditore
Collana: Piccoli Mondi
Traduzione: Luigi D’Agnone
Prezzo: € 6,90
Pagine: 108
A guardarlo si direbbe rovinato eppure come i luoghi abbandonati, decadenti, suscita un certo fascino. In qualche modo lotto con me stessa per non avvicinarmi e finisco per fare un passo avanti. Questa è la sensazione che mi da ABEditore quando prendo in mano un loro libro, il desiderio di scoprire qualcosa di nuovo o già conosciuto in una veste grafica che grida “a tuo rischio e pericolo”. Dietro la finestra si scorge una figura spettrale, anomala, quasi sovrannaturale che passa attraverso la delicata finestra semi trasparente, sembra quasi fissarci con le sue orbite vuote per invitarci a entrare dentro questi due racconti, un invito che difficilmente potevo rifiutare.
Le due storie scelte e tradotte da Luigi D’Agnone presenti ne “I racconti di Johnny Ludlow”, ovvero Realtà o allucinazione? del 1868 e Il fantasma di David Garth del 1871, mostrano la bravura di Ellen Wood nel saper catturare il lettore con una cronaca che sembra dare per scontati alcuni elementi della vita a North Crabb, facendoci sentire parte della comunità, quasi come a sentire un nome o un altro dovessimo immaginare immediatamente il volto a cui appartengono. È minuziosa nei dettagli e nei rapporti tra i personaggi che però vengono filtrati da Johnny Ludlow, il piccolo narratore che ci guida attraverso le pagine, descrivendoci ogni cosa come se le stesse appuntando nero su bianco per far sì che non possano essere dimenticate, quasi parte di un’indagine svolta da un curiosone.
Ellen Wood è un’autrice che stupisce, è capace di rendere interessante persino il pettegolezzo, la voce di corridoio facendola unire ad un fitto mistero che trapela tra le pagine e che si palesa poco alla volta mentre la vita a North Crabb va avanti quasi come se nulla fosse, lasciando ciò che è misterioso nella penombra del crepuscolo, senza farlo mai uscire alla luce del sole, persino quando tutto ciò che accade è così palese da non poter essere ignorato.
I due racconti risultano collegati tra loro, tenuti assieme da un sottile filo di mistero che un po’ mi ha ricordato la bellezza ma anche la macabra essenza de “I segreti di Twin Peaks”, dove non si direbbe che accadono eventi bizzarri fin quando non si comincia ad entrare nella sua logica, a esplorarla attraverso i dialoghi e le immagini, le citazioni dal significato oscuro e profondo o i gesti persi nel tempo. È un po’ quello che succede con Ellen Wood solo che lei amplifica questa sensazione raccontando un tipo di fantasma più emotivo, legato al mondo terreno non soltanto dalle sue azioni compiute in vita ma anche dall’angoscia che deriva da esse, il tormento di quel peccato mai confessato che lo ha portato a porre fine alla sua misera esistenza, facendolo tornare sotto forma di rabbia concentrata, una furia cieca che impedisce di comunicare con chiunque.
Queste figure spettrali sono sfuggenti, il prodotto di una prolungata sofferenza che si trascina fino al suo limite estremo, tormentate non solo dalla loro condizione transitoria ma anche dalla loro impossibilità nell’essere compresi, l’amaro destino che incombe su coloro che non possono essere aiutati e che al tempo stesso però finiscono per piombare nelle esistenze di chi rimane, che per un motivo o per un altro si ritrova a vivere situazioni surreali, a vedere anche ciò che non si potrebbe vedere e non sapere come gestire tutto questo.
Benvenuti quindi a North Crabb, un luogo in cui il mistero va a braccetto con la vita quotidiana, i fantasmi muovono i loro passi fra i vivi e ogni cosa, anche la più piccola, può diventare un pretesto per non passare a miglior vita, anzi, per infestare la vita di tutti coloro che sono rimasti.
«Quest’è una storia di fantasmi. Ogni sua parola è vera. E non mi pesa confessare che poi, per un bel po’, qualcuno di noi fu restio a passar da solo a sera per quel punto Qualcuno ci passa ancora restio».