Il piccolo campo di Erskine Caldwell | Recensione di Deborah

 

Dio ci ha messi in un corpo di animali e ha cercato di farci comportare da esseri umani. È da qui che nascono tutti i problemi. Se ci avesse fatti a questo modo senza chiamarci uomini, sapremmo tutti alla perfezione come vivere.

 

Editore: Fazi Editore
Data di uscita: 17 gennaio 2013
Pagine: 247
Prezzo: 17.50 €

Nel 1933, al suo primo apparire in America, “Il piccolo campo” suscitò scandalo tra i puritani e fu portato in tribunale. I giudici trovarono offensive le esplicite scene di sesso e le crude rappresentazioni della miseria umana, vietarono la diffusione del romanzo e fecero arrestare Erskine Caldwell. La comunità degli scrittori e editori americani protestò e l’autore fu rilasciato per essere poi scagionato completamente. Da un tale esordio nessuno si aspettava quei dieci milioni di copie che “Il piccolo campo” si è conquistato, diventando uno dei romanzi più venduti di sempre e capace di consacrare il suo autore tra i più significativi del XX secolo americano. Quello dei Walden è il ritratto feroce, cui non mancano pennellate d’ironia, di una famiglia scossa da passioni elementari e irrefrenabili, di un’esistenza schiacciata dal peso di una depressione economica insopportabile che trasforma il lavoro in una disperata lotta per la sopravvivenza e approda a una cieca corsa all’oro che tutto distrugge. “Il piccolo campo” riesce a trasmetterci tutt’oggi l’attualità dell’affresco che Caldwell fa della crisi, con l’urgenza di una scrittura travolgente che la rende una storia senza tempo.

 

In questo momento in cui l’unico modo possibile di viaggiare è con la fantasia sono volata in Georgia, nella Georgia del 1930, un territorio polveroso, agreste e arso da un sole torrido e soffocante; come è soffocante e cruda la miseria della condizione umana all’epoca della febbre dell’oro, della segregazione e dei campi di cotone. Finalmente, dopo anni che attendeva placido nella mia libreria sono riuscita a leggere Il piccolo campo di Erskine Caldwell, un romanzo forte, crudo e a tratti dissacrante che mi ha molto entusiasmata.

 

Non ho mai visto un uomo o una donna che non si rimboccassero le maniche quando gli prendeva la febbre dell’oro. Quando ti prende la febbre, pensi solo che potresti tirar fuori un pugno di pepite da un momento all’altro, magari con la prossima palata di terra, ed ecco che scavi senza fermarti un secondo!

 

Ricordo di aver acquistato Il piccolo campo anni fa spinta dall’amore per Canto della pianura e per il suo autore Kent Haruf, speravo di ritrovare in Caldwell la stessa magia che mi ha fatto innamorare di Holt e della sua arida campagna. Ci sono riuscita? No. Non fraintendetemi, Il piccolo campo è un romanzo che mi è piaciuto davvero molto ma ovviamente non ha fatto scaturire in me quel particolare sentimento che mi avvolge mentre sono immersa tra le pagine di Haruf. Nonostante la mia reazione alla nuova lettura non sia stata la stessa, ho trovato a pieno le atmosfere agresti, crude e a tratti violente che cercavo. Mi piace essere immersa nel passato, l’America contadina degli inizi del Novecento con la sua semplicità e crudeltà suscita su di me un fascino particolare, un desiderio di poter fare un viaggio nel tempo per toccare con mano le atmosfere, gli usi, i costumi e le persone dell’epoca. Purtroppo questo è ovviamente e momentaneamente impossibile, i libri però in questo senso sanno fare piccoli miracoli. Caldwell è riuscito nel suo intento, senza particolari filtri ci regala un tuffo nel passato autentico tra la polvere, il cotone e la costante ricerca dell’oro. Caldwell è un autore molto importante del XX secolo americano, a suo tempo però è stato una personalità scomoda proprio per il suo stile di scrittura crudo, violento e senza censure; Il piccolo campo ha sconvolto talmente nel profondo la comunità puritana da essere messo al bando ed è costato un arresto al suo autore.

 

Non era ancora buio, ma le stelle cominciavano già a spuntare e le luci delle case lungo la strada brillavano nel crepuscolo. Quando furono a meno di un chilometro da casa, videro luci che si muovevano sui campi, come se degli uomini girassero qua e là con una lanterna in mano.

 

Il piccolo campo è la storia di una comune famiglia contadina guidata dal patriarca Ty Ty verso l’inesorabilità della vita. Ty Ty vive con due dei suoi figli maschi, Buck e Shaw, la giovane figlia Darling Jill e la bellissima sposa di Buck, Griselda. Ty Ty da anni conduce con tenacia la sua famiglia in un irreale caccia all’oro, convinto che i suoi terreni nascondano un prezioso filone che di lì a poco lì avrebbe fatti diventare ricchi e ripagati delle condizioni di miseria nelle quali erano sempre vissuti. Purtroppo però il destino non volgerà a loro favore, per loro il sogno americano si trasformerà presto in una tragedia rosso sangue che impregnerà i terreni di famiglia resi sterili dalle buche. La rabbia, la frustrazione, la gelosia e tutte le emozioni amplificate dalla condizione di miseria concorreranno a formare un miscuglio letale per i poveri protagonisti di Il piccolo campo, incapaci di prendere in mano la situazione e le loro vite sono dunque destinati a soccombere agli eventi in balia di un fato funesto e implacabile. La febbre dell’oro ha colpito Ty Ty come una malattia incurabile, accendendo nell’uomo la smania della ricchezza che giorno dopo giorno consuma lui e i suoi figli, costretti a scavare sotto il sole dall’alba al tramonto per un tozzo di pane. Buck e Shaw sono uomini vuoti, non hanno obbiettivi e non hanno aspettative, si corrodono tra rabbia, polvere e sudore insieme al padre nella speranza di trovare qualche pepita. Darling Jill è giovane, esuberante, ribelle e sessualmente libera, la giovane fugge dallo spettro di un matrimonio indesiderato che le tarperà le ali e si tuffa a capofitto in tutte le passioni che le capitano a tiro e che si esauriscono sempre in un fuoco di paglia. Griselda, la bellissima Griselda, appare per quasi tutto il romanzo come una candida e pura sposina risoluta a mantenere gli impegni coniugali presi davanti al Signore, infondo però la labilità della natura umana trionferà anche nel suo caso.

 

Un uomo non può seguire i propri istinti e insieme prestare ascolto al primo predicatore che gli capita di sentire. Non può fare tutte e due le cose: deve scegliere tra l’una e l’altra. Può vivere secondo natura e assecondare il suo istinto, oppure seguire gli insegnamenti della Chiesa, e morire dentro.

 

Il piccolo campo è un romanzo crudo che ci mostra la reale essenza della natura umana, quello spirito difficile da imbrigliare che spesso prende il sopravvento sulla ragione e ci fa assomigliare ad animali, poi infondo è quello che siamo. A questo proposito ho trovato davvero meravigliosa la riflessione finale di Ty Ty, un frammento di testo che ci spinge a ragionare su quanto siamo in balia degli eventi e quanto poco i nostri desideri e la nostra volontà alla fine riescano a plasmare le nostre vite come vogliamo. Nonostante i continui sforzi per migliorare le loro esistenze, i personaggi di Il piccolo campo vanno incontro al loro destino con rassegnazione, accettano ed esprimono la propria natura senza essere toccati dal bisogno di cambiare. Infondo, se non riescono a impartire miglioria a loro stessi come possono pretendere di farlo con le loro vite?

Il piccolo campo è una lettura straordinaria, una piccola perla della lettura americana che contiene un fondo di verità sulla natura umana, considerazioni che nonostante sia trascorso quasi un secolo sono sempre valide e applicabili. Infondo evoluzione e progresso tecnologico non riusciranno mai a privarci completamente dell’istinto che ci caratterizza, alcuni più di altri riusciranno a controllarlo e imbrigliarlo ma resterà sempre presente dentro ognuno di noi.

 

 

 

 

 

May the Force be with you!
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